Napoli, via il centro anti-violenza: è allarme per 130 donne

Napoli, via il centro anti-violenza: è allarme per 130 donne
di Giuliana Covella
Sabato 12 Gennaio 2019, 23:00 - Ultimo agg. 13 Gennaio, 14:41
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«Ho rischiato di morire, insieme a mia figlia, che mi ha salvata dalla furia del padre. Ora chi si prenderà cura di noi?». La donna, 40enne di nazionalità moldava, era stata minacciata di morte con un coltello da cucina dall’ex marito a dicembre 2017 a Volla. A salvarla era stata la figlioletta di 11 anni. Da allora lei e la bimba sono state seguite dal Centro antiviolenza di via Concezione a Montecalvario, che tutti conoscono come Aurora (dal nome del progetto). Ma da lunedì scorso quel centro è stato sfrattato per far posto ai nuovi vincitori del bando del Comune di Napoli. «La violenza è stata assimilata ad un criterio commerciale - tuona Rosa Di Matteo, responsabile del centro - perché nel bando il metro di valutazione principale sta nell’offerta economica. La conseguenza è che le 130 donne che seguivamo ora saranno senza assistenza, perché la presa in carico dura almeno un anno e non 22 settimane, come prevede il nuovo bando».
 
Ma vediamo cosa è accaduto. Il 16 novembre scorso il Comune pubblica il bando per i cinque Centri antiviolenza. Il 28 dicembre vengono resi noti i nomi dei vincitori: una compagine composta da Consorzio Terzo Settore Società di Servizi Sociali, Co.Re. Cooperazione e Reciprocità Consorzio di Cooperative Sociali e associazioni Le Kassandre e Telefono Rosa. «Per la prima volta sono stati messi a bando tutti e cinque Cav e a vincere è stata un’unica cordata - spiega Di Matteo - Dov’è l’anomalia? Il bando prevede un tot da spendere per il personale, ma in questo caso per legge non si può applicare il ribasso. Cosa che invece si può fare per la comunicazione, a cui noi abbiamo applicato un ribasso del 2% a fronte del 10% dei vincitori». Ma la vera emergenza ora riguarda le donne che il Cav Aurora seguiva: 130, molte delle quali con figli vittime di violenza assistita. «Molte ci chiedono di sapere che fine faranno. Una mi ha chiamato terrorizzata perché il marito l’ha minacciata di sfigurarla con l’acido. Un’altra - che una decina di giorni fa è stata aggredita dal marito, il quale ha avuto solo il divieto di avvicinamento - non sa dove andare e ha paura per lei e i suoi tre figli. Ora c’è un bando che copre l’assistenza per 22 settimane. Ma in quest’arco di tempo non possiamo procedere alla presa in carico della vittima, per la quale serve almeno un anno». 

Intanto le operatrici di Aurora sfrattate dalla sede di Montecalvario, sono state accolte in via temporanea presso la Casa delle donne alle Rampe di San Giovanni Maggiore Pignatelli. Interpellata sul caso Simona Marino, delegata del Comune per le pari opportunità, precisa: «Vista l’anomalia sono state condotte indagini e controlli dal R.u.p. (responsabile unico del procedimento), a cui ho chiesto conto e ragione della questione ed è risultato che tutto è stato svolto in maniera corretta». «La nuova cordata - aggiunge la Marino - ha risposto perfettamente a una precisa richiesta del bando, quella dell’informazione sul territorio, voce per cui sono previsti 14mila euro». 

E, sull’allarme lanciato dalla Di Matteo sul rischio che le donne restino senza assistenza con la chiusura del Centro ai Quartieri, la delegata comunale dice: «Premesso che ci saranno quattro nuovi sportelli di ascolto nelle Municipalità dove non c’era il Cav, le vittime devono essere indirizzate verso i nuovi centri. Il mio impegno sarà di chiedere fondi a Governo e Regione per alimentare i Cav per almeno due anni per far sì che diventino un servizio essenziale e non a progetto, in continuità con le attività precedenti». «Ma - incalzano in una nota Udi Napoli, Arcidonna, l’associazione Salute Donna e le coop Xenia, Bee Free e Quadrifoglio - il bando ha escluso a priori la prevalenza dei criteri essenziali e peculiari del contrasto alla violenza maschile, cui sono indirizzati i fondi europei assegnati dalla Regione Campania ai Comuni, allargando l’impiego degli stessi fondi ad altre forme di violenza che vanno e sono altrimenti affrontate, confermando inopportunamente ancora una volta un principio di convenienza commerciale del tutto estranea all’ambito dei protocolli indicati».
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