Partorisce il figlio per farlo adottare, 3 giorni dopo ci ripensa e lo riprende

La donna non voleva riconoscere il figlio, ma tre giorni dopo ci ha ripensato
La donna non voleva riconoscere il figlio, ma tre giorni dopo ci ha ripensato
di Mauro Favaro
Venerdì 11 Gennaio 2019, 06:00 - Ultimo agg. 14:48
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Era decisa a non tenere quel figlio. Non aveva mai preso in considerazione l’aborto. Ma aveva scelto di metterlo al mondo senza riconoscerlo. Cioè di lasciarlo in ospedale subito dopo il parto, affidandolo alle cure del personale del Ca’ Foncello, dove il piccolo sarebbe rimasto fino alla conclusione del percorso di adozione. Al momento del parto è andata proprio così. La giovane mamma trevigiana di fatto non ha nemmeno visto il figlio. Dopo tre giorni di riflessioni e pensieri, però, c’ha ripensato. È tornata in ospedale e ha detto che aveva cambiato idea: era pronta a crescere il piccolo. E il bambino stavolta è tornato a casa assieme a lei. 
 
LA RICHIESTA
L’unità di Ostetricia dell’ospedale di Treviso è attraversata da vicende di straordinaria e a volte sofferta umanità. Tra queste ci sono i cosiddetti “parti segreti”. Vengono chiamati così quelli delle mamme che chiedono di mettere al mondo i propri piccoli nel più assoluto anonimato, senza riconoscerli. Nell’ultimo anno al Ca’ Foncello ci sono stati tre casi. In due di questi la famiglia ci ha ripensato all’interno dei 10 giorni concessi dalla legge dopo la nascita. Oltre al caso più recente, ce n’è stato un altro nella prima parte del 2018. E un altro parto in anonimato è stato registrato nel distretto di Conegliano e Vittorio Veneto. Quest’ultimo senza tentennamenti. «In tali situazioni viene garantito l’anonimato della mamma. E il neonato resta in ospedale fino a quando non si arriva all’adozione da parte di un’altra famiglia – fa il punto Enrico Busato, primario dell’unità di Ostetricia e ginecologia di Treviso – in alcuni casi i genitori ci hanno ripensato dopo il parto e hanno deciso di tenere il bambino. Può capitare che si riveda le proprie posizioni dopo aver vissuto un momento così intenso come quello della nascita». Mai come in questi casi serve la prova dei fatti. Una decisione presa quando ancora lievita il ventre è comunque più semplice del bivio a cui ci si trova davanti nel momento in cui si sente il pianto del piccolo appena venuto alla luce. E quindi ognuno reagisce in modo diverso. 

LE NORME
La legge sul parto in anonimato serve proprio a garantire la massima tutela, senza giudizi. La madre che non intende riconoscere il figlio può lasciarlo nell’ospedale dove è nato, all’interno di una struttura protetta in grado di garantirgli tutta l’assistenza necessaria. Il nome di chi l’ha messo al mondo resta segreto. Nell’atto di nascita, fatto dal medico o da un’ostetrica entro il termine di 10 giorni dal parto, viene scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”. A quel punto scatta la segnalazione alla Procura della Repubblica e di seguito viene aperto il procedimento per l’adozione. «Il neonato vede così garantito il diritto a crescere e a essere educato in famiglia e assume lo status di figlio legittimo dei genitori che lo hanno adottato – specificano dal ministero della Salute – nella segnalazione, e in ogni successiva comunicazione all’autorità giudiziaria, devono essere omessi elementi identificativi della madre». 

LE DEROGHE
E' anche possibile chiedere al tribunale un po’ di tempo per il riconoscimento. La sospensione della procedura per l’adozione può essere concessa al massimo per due mesi. «Quella del parto in anonimato è una possibilità che viene data alle donne che non vogliono abortire – conclude Busato – non ci sono scelte facili. Portare a termine una gravidanza per poi lasciare il bambino in ospedale non è comunque semplice. Però è bene che si sappia che esiste anche questa possibilità». 
 
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