Mimmo Paladino ha 70 anni: «Il mio cinema è come la pittura narra emozioni»

Mimmo Paladino ha 70 anni: «Il mio cinema è come la pittura narra emozioni»
di Alessandra Pacelli
Lunedì 17 Dicembre 2018, 16:14 - Ultimo agg. 17:41
3 Minuti di Lettura
«I 70 anni? Sono solo una convenzione. Se si contasse lo scorrere dell'età ogni 24 mesi, io ora avrei 35 anni».

Si ma intanto i 70 anni ci sono...
«E per fortuna noi artisti abbiamo la capa fresca».

In che senso? Perché l'arte non fa invecchiare?
«Chi fa il pittore non deve invecchiare, nel senso che le sue opere devono sempre rinnovarsi, non essere ferme nel tempo ma evolversi, mutare con il mutare degli eventi».

Però questi 70 anni li festeggia pubblicamente, con una mostra che inaugura proprio il giorno del suo compleanno.
«Ma è una mostra un po' speciale, in cui espongo uno storyboard. Cioè gli appunti del film a cui sto lavorando formalizzati in tavole».

Un film su chi?
«Su tre personaggi principali che sono una specie di re magi ma che non recano con loro i doni tradizionali bensì portano musica, teatro e pittura».

Dunque un compleanno che non vuol essere un compleanno, una mostra che non è una mostra e tre re magi che non sono loro. Benvenuti nel fantastico mondo di Mimmo Paladino, che domani a Napoli, nella galleria Casamadre di Eduardo Cicelyn (piazza dei Martiri 59, ore 19), presenta appunto «Storyboard», la prova provata che un grande artista può muoversi nei territori della creatività violando confini e barriere, senza porsi limiti formali o stilistici, mescolando i segni con i suoni, la materia con la luce, i colori con il movimento. E se già con «Quijote» del 2006 Paladino aveva incrociato i linguaggi della pittura con quelli del cinema (e della musica, portando sullo schermo l'amico Lucio Dalla), adesso il suo incuneare un'arte nell'altra sembra sia ancora più magico, più suggestivo, forse ancora più partecipe di quello sguardo visionario che anima da sempre il suo universo.
E così la mostra propone una serie di dipinti messi in fila su una sola parete, che danno volto ad alcuni dei personaggi del film che, provvisoriamente, si intitola «Ho perso il cunto»: c'è una contessa dei conti, che quasi sicuramente sarà Patti Smith, poi c'è un tale che ha perso il suo conto bancario, impersonato da Elio delle Storie, poi un venditore di numeri (Tonino Taiuti), monacielli, figure di animali. Al centro della galleria una magnifica scultura in bronzo - «una divinità arcaica, un po' cariatide un po' colonna», dice Paladino - che è fontana e allo stesso tempo portatore d'acqua, con un grande catino in testa bucato da cui cadono le gocce che bagnano e fanno suono. L'illuminazione del tutto è bassa, laterale, e contribuisce a creare un'atmosfera onirica, quasi un prologo per il film, le cui prime immagini scorrono nell'ultima sala, in un collage di frammenti di tutti i suoi lavori realizzati usando il cinema.

Paladino, ma che film sarà?
«Il cinema che io immagino è quello che narra senza avere una vera storia. Un po' come succede con la pittura: mica si dipinge per spiegare il quadro? Noi narriamo sensazioni!».

E i re magi?
«In realtà sono tre viandanti un po' cialtroni che seguono un segno luminoso. Non ho niente da portare in dono, se non me stesso dice a un certo punto uno dei tre, Alessandro Haber, che impersona il teatro ed è un po' enfatico, alla sua maniera».

Gli altri re?
«Francesco De Gregori, che rappresenta la musica, e parla con un asino, che con le sue orecchie lunghe è l'animale ideale per l'ascolto. E poi ha una tradizione di sacralità».

E il terzo?
«Sergio Rubini che racconta la pittura, perché nel suo viaggio incontra dei monaci bizantini che dipingono icone».

Insomma una serie di storie che s'inanellano una sull'altra?
«Sì, con vari personaggi ognuno affaccendato nella sua vita. Un po' come il presepe, dove scorre la quotidianità e tutti più o meno incrociano le loro vicende mentre sta per compiersi un evento epocale».

E qual è questo evento speciale?
«Per me che sono pittore è il fare cinema, che racchiude in sé il senso del mistero: si va in una sala buia dove si proiettano storie sconosciute. Che poi coincide con il fare arte: costruire qualcosa partendo solo da un'intuizione, un'emozione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA