Manovra, braccio di ferro Di Maio-Salvini sui nuovi tagli da 5 miliardi

Manovra, braccio di ferro Di Maio-Salvini sui nuovi tagli da 5 miliardi
Manovra, braccio di ferro Di Maio-Salvini sui nuovi tagli da 5 miliardi
Venerdì 14 Dicembre 2018, 21:27 - Ultimo agg. 15 Dicembre, 08:31
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La corda, nei rapporti tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, è tesa al massimo. Perché al tavolo di Bruxelles vanno sacrificati ancora oltre 5 miliardi: lo 0,3% di Pil. E fino all'ultimo minuto utile, scommettono i pontieri nel governo, nessuno dei due mollerà sulle rispettive misure di bandiera. È qui che si è incagliato il negoziato di Giuseppe Conte e Giovanni Tria a Bruxelles: i due tornano a Roma per incassare il mandato a tagliare fino al 2,04% che nel dettaglio delle misure ancora non hanno.

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Il pressing è soprattutto - come emerge anche nel colloquio di Conte con Angela Merkel - su «quota 100» per le pensioni, che preoccupa l'Ue. Ma il leader della Lega fa muro e per dimostrare la sua determinazione avrebbe usato un'iperbole: piuttosto che ridurre la misura tanto vale far scattare l'esercizio provvisorio di bilancio, così i risparmi ci sarebbero di default. Non si segnalano contatti, in giornata, tra Conte e i suoi vicepremier. Il presidente del Consiglio è con i ministri Tria e Enzo Moavero nel cuore dell'Ue, allo Justus Lipsius, mentre Di Maio è in Abruzzo per le Regionali e Salvini, poco loquace, al ministero: la trattativa è affidata al «partito» più moderato, l'ala governativa sganciata da legami elettorali, nelle ore cruciali della legge di bilancio. Ma evitare la procedura d'infrazione, è innanzitutto interesse di M5s e Lega, perché le sanzioni minerebbero alle fondamenta il governo: è questo il messaggio che Conte invia a Roma al termine della due giorni a Bruxelles.

Che il problema sia ora sopratutto politico, lo dimostra la dura uscita pubblica di un moderato come Giancarlo Giorgetti, che difende a spada tratta 'quota 100', torna a ripudiare il reddito di cittadinanza come misura tutta pentastellata e si spinge fino a evocare le elezioni anticipate. La Lega, che ha il vento in poppa dei sondaggi, fa la voce grossa per convincere il M5s a tagliare di più sul reddito. «Non è possibile - è il ragionamento che si fa nella Lega, tagliare 70 sulle pensioni e 30 sul reddito: il taglio deve essere alla pari». Ma Di Maio fa orecchie da mercante: lui oltre, fa sapere, non si può spingere. E nel M5s c'è chi scommette che alla fine Salvini cederà: l'uscita di Giorgetti, secondo costoro, preluderebbe alla resa. Al momento dalle pensioni sarebbero stati ricavati poco più di 2 miliardi di risparmi e 1,2 dal reddito di cittadinanza.

Ma da Bruxelles sarebbe emersa la necessità di trovare ancora oltre cinque miliardi, a partire proprio da quelle misure. Conte e Tria vorrebbero scontare, come spese fuori patto di stabilità, gli interventi contro il dissesto e per la riforma del processo civile. Ma non basta alla Commissione, che vuole interventi strutturali sul deficit. Chi a Roma media, sta proponendo ai leader di M5s e Lega di sobbarcarsi in parte uguale ulteriori tagli sulle misure. Ma ad ora, è stallo. E tensione. Salvini non vuol sentire parlare né di una clausola per bloccare eventuali uscite in eccesso con quota 100, né di una riforma in più fasi, con la partenza con quota 105, come propone l'economista Alberto Brambilla: che la misura sia triennale è il massimo che il leader della Lega concede. Di Maio non vuole far slittare i primi assegni per il reddito a dopo le europee. Sul fronte Ue, intanto, Conte con i leader Ue e Tria con i commissari e con gli staff tecnici, portano avanti una duplice trattativa. Al premier tocca sottolineare come andare sotto il 2,04 sia impossibile.

A Tria e i tecnici tocca la traduzione in numeri della proposta italiana, man mano che si andrà definendo. Mentre Conte guarda - in direzione politica diversa rispetto a M5S e Lega - alla Germania, alla Francia, alla Spagna come tasselli chiave per piegare le resistenze della «Lega Anseatica» pro-rigore. Obiettivo minimo, per il premier, è il rinvio della procedura d'infrazione prevista il 19 dicembre. Un rinvio che, una volta approvata la manovra in via definitiva, conta di trasformare in cancellazione. Ma la trattativa è tutta ancora aperta. Lunedì al massimo, il primo responso. Nel weekend, a Palazzo Chigi, potrebbe esserci un nuovo vertice.(

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