Pomigliano, casa Di Maio sotto assedio: gli operai si incatenano

Pomigliano, casa Di Maio sotto assedio: gli operai si incatenano
di Gigi Di Fiore
Giovedì 13 Dicembre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 10:33
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Il benzinaio della Totalerg di via Abate Felice Toscano ci ha fatto l'abitudine. La palazzina di tre piani della famiglia Di Maio è proprio a pochi metri e, tra giornalisti, curiosi, manifestanti che protestano, ormai è diventata una meta, uno dei luoghi più famosi di Pomigliano.

Di colore chiaro, in alto lo studio panoramico, poi appartamenti divisi con balconi e terrazzi, quella dei Di Maio fu la casa costruita dal nonno del vice premier 52 anni fa. Negli anni, è stata ampliata senza concessione edilizia e Antonio Di Maio, il padre di Luigi, chiese il condono degli abusi, utilizzando l'opportunità delle leggi del 1985 e del 1994. Così, gli abusi sono stati sanati nel 2006, dopo il pagamento previste dalle norme.

Quella stessa palazzina è diventata un luogo simbolo, è il centro dell'attenzione per chi vuole dare visibilità alle proprie proteste a difesa dell'occupazione. Con quella di ieri sera, sono ormai tre le manifestazioni inscenate in via Abate Felice Toscano. L'obiettivo, naturalmente, è dare più risonanza alle istanze, magari ottenendo foto e riprese video.
 
Una quindicina di operai della cooperativa napoletana Santa Brigida, che si occupa di servizi di pulizia, guardiania e trasporti, si presentano sotto la palazzina bianca poco prima della mezzanotte di ieri. Qualcuno si incatena alle inferriate d'ingresso, altri hanno lattine di plastica con della benzina e minacciano di darsi fuoco. Chiedono di parlare con Luigi Di Maio, per spiegargli il rischio di perdere il lavoro. Naturalmente, arrivano i carabinieri e bloccano la strada, nessuno può passare. Gli operai vengono convinti ad allontanarsi. La protesta rientra nella notte, ma è la conferma che quella palazzina bianca è ormai diventata un obiettivo per chi lavora in provincia di Napoli e si trova alle prese con problemi e difficoltà aziendali. Quei tre piani in via Abate Felice Toscano si sono di fatto trasformati in un simbolo del governo, identificati con il ministro del Lavoro, figlio di questa terra.

Il primo ad inaugurare la serie delle manifestazioni sotto casa Di Maio è uno dei cinque operai licenziati dalla Fca di Pomigliano, dopo un lungo contenzioso on l'Azienda. È Mimmo Mignano, operaio protagonista da anni con la Usb (Unione sindacale di base) di proteste sindacali all'interno dello storico stabilimento, che Sergio Marchionne volle ribattezzare «Gianbattista Vico». Il licenziamento arriva per un gesto eclatante: un manichino con la maschera di Marchionne impiccato dai 5 operai fuori il polo logistico di Nola dove si presentano con tute macchiate di sangue distribuendo un finto testamento dell'allora amministratore delegato della Fca. Il sei giugno scorso, Mimmo Mignano si presenta sotto la casa di Luigi Di Maio e si cosparge di benzina minacciando di darsi fuoco. Lo bloccano, ha forti bruciori agli occhi e viene portato in ospedale. «Le modalità espressive della critica hanno travalicato i limiti di rispetto della democratica convivenza civile» aveva scritto la Cassazione, confermando i licenziamenti. La reazione del vice premier, allora in carica da appena una settimana, è la visita in ospedale all'operaio, con tanto di foto postata su Facebook, per dimostrare «vicinanza personale e del governo» scrive. Naturalmente, nulla è stato potuto fare rispetto ad una sentenza diventata ormai definitiva.

Passano sei giorni dalla protesta di Mignano che la casa del vice premier diventa bersaglio di un nuovo atto dimostrativo. Questa volta, protagonisti sono gli operai del Consorzio unico di bacino di Acerra. Molti dipendenti del consorzio sono senza stipendio, sotto la palazzina vengono sistemati due striscioni. Nel primo, la scritta «La Cassazione non condanna lo Stato e la politica per aver rubato stipendi e contributi». Il secondo è più diretto: «Uè, uè, Di Maio, allora?». C'è anche un richiamo alla precedente protesta di Mignano, che riceve frasi di solidarietà.

Due manifestazioni sotto casa a Pomigliano, in due settimane da ministro: un record per Di Maio. La terza protesta, l'altra notte. E ci sono anche annunci di iniziative, che non hanno avuto seguito. Pochi giorni fa, Sergio Scarpa della Fiom-Cgil dichiara, in sostegno alla vertenza della ex Irisbus nella Valle Ufita che rischia la chiusura: «Non ci fermiamo, andremo sotto casa di Luigi Di Maio a Pomigliano». Un'iniziativa che riceve il sì all'unanimità dell'assemblea degli operai. Stavolta, però, l'iniziativa annunciata viene impedita: la Questura di Napoli la blocca, offrendo in alternativa la possibilità di un incontro sindacale a Roma con il vice premier Di Maio. Nulla di fatto, un gesto non improvviso ma programmato viene bloccato sul nascere. Resta però una certezza, dopo le tre proteste e la quarta annunciata: la palazzina di via Abate Felice Toscano si è fatta simbolo del ministero guidato da Luigi Di Maio. Un obiettivo di protesta che, ormai, le forze dell'ordine sono costrette a tenere d'occhio con particolare attenzione.
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