Napoli, ecco il rione Luzzatti di Starnone-Ferrante

Napoli, ecco il rione Luzzatti di Starnone-Ferrante
di Vittorio Del Tufo
Mercoledì 12 Dicembre 2018, 07:30
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La zona dei giardinetti, al Rione Luzzatti, si trova a poca distanza dalla chiesa del rione e dal vecchio istituto scolastico, distrutto dai bombardamenti. La vecchia scuola si chiamava XXVIII Ottobre, per onorare l'anniversario della marcia su Roma. Ma nel quartiere la chiamavano tutti «La piccola università», perché aveva un'architettura simile a quella della Federico II, al corso Umberto. La scuola frequentata dalle vere Lila e Lenuccia, le due amiche «geniali», si chiama invece Quattro Giornate e tra gli insegnanti, negli anni 50, c'era anche il mitico prof Agostino Collina, amatissimo da più generazioni di ragazze e ragazzi del rione e fondatore, alla fine degli anni 40, della Biblioteca Circolante, un punto di riferimento soprattutto per chi non poteva permettersi di andare a scuola. Sono questi i luoghi frequentati da un giovanissimo Domenico Starnone, che - ragazzetto - si muoveva tra le quinte dei palazzi ancora sventrati dalle bombe della seconda guerra mondiale e lungo i viali polverosi che fendevano allora, come oggi, enormi macchie di erba incolta.
 
Ma quanta vita, e quanta umanità dietro i «cancelli» che componevano (e compongono) il rione di edilizia popolare costruito, tra il 1914 e il 1925, su progetto dell'ingegner Primicerio, nella zona dove si trovavano le antiche conche del Pasconcello, affondate nella zona delle paludi napoletane. Starnone, che oggi ha 75 anni, negli anni 50 frequentava assiduamente il rione dove abitavano (e abitano tuttora) i suoi cugini, componenti di una famiglia piuttosto numerosa: la famiglia Mattiacci. Tra i viali del quartiere, e in particolare nella zona dei giardinetti di piazza Coppola, il futuro scrittore si aggirava quasi sempre con un grosso quaderno, sul quale, ricordano i cugini Mattiacci, prendeva appunti e realizzava le «scenette» con le quali i bambini del rione disegnavano il loro mondo parallelo, lontano dagli orrori della guerra e aperto su un futuro pieno di speranze. Starnone non avrebbe mai dimenticato quegli anni d'infanzia; non avrebbe mai dimenticato, soprattutto, i nomi dei componenti della sua famiglia - Rino, Nunzia, Lenuccia - che, parecchi anni dopo, avrebbero dato vita allo strepitoso mosaico narrativo dell'Amica geniale, storia fondata proprio sull'intreccio e sui legami tra diversi nuclei familiari del «rione delle paludi». E proprio accanto alla pasticceria dei Mattiacci, che affacciava su via Gianturco, abitava, nel cancello 140, una Ferrante. Più di un residente - tra gli anziani del rione - ne ricorda ancora il nome di battesimo: Elena.
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Anche i veri Rino, Nunzia, Lenuccia Mattiacci ricordano bene quegli anni. Duri, difficili. Affollati di sogni, ma anche di rinunce. Chi aveva voglia di studiare spesso non poteva permetterselo perché la mesata, i soldi portati a casa dai genitori - salumieri, fruttaioli, o scarpari come il padre di Lila nell'Amica geniale - bastavano a malapena per sbarcare il lunario. Tra i luoghi frequentati dai ragazzini del rione, in quel periodo, vi era anche la chiesa della Sacra Famiglia, la stessa dove si svolgono, nella serie tv tratta dall'Amica geniale, i funerali di don Achille Carracci, l'orco delle favole. Tutte le associazioni di quartiere, spiega Maurizio Pagano, autore con Francesco Russo del libro «I luoghi dell'amica geniale», frequentavano la parrocchia, che era dunque un luogo di aggregazione anche per gli scout e le coccinelle del rione. E tra le coccinelle vi era una signora che oggi ha 77 anni: si chiama Nunzia Gatta ed è nata e cresciuta nel rione di Lila e Lenuccia.

Quella di Nunzia, che frequentava lo stesso «giro» dei parenti di Domenico Starnone, è una delle storie (vere) che potrebbero aver ispirato il racconto della scrittrice misteriosa. Una storia di sacrifici, di rinunce, ma anche di slanci, di riscatto, di ribellione. Oggi Nunzia lavora con il Gma, un organismo non governativo che organizza aiuti per i bambini africani. E sostiene di aver riconosciuto, nella tetralogia della Ferrante diventata serie tv, ogni singolo capitolo della sua vita, dall'infanzia alla giovinezza. «Dietro Lila e Lenuccia c'è la mia storia. I due personaggi sono in realtà un'unica persona: io. Solo che l'autrice (o l'autore) li ha sdoppiati rimarcando i due lati della mia personalità. Io ero l'incubo dei ragazzini del rione, li mettevo in fuga e difendevo le mie compagne graffiandoli e tirando loro i capelli». La storia di Nunzia Gatta è certamente comune a quella di tanti altri ragazzini (e ragazzine) del quartiere. Però - come lei stessa dichiarò tempo fa alla giornalista Giuliana Covella - chi ha scritto L'amica geniale ha riversato nel racconto numerosi particolari di cui solo lei poteva essere a conoscenza. Come l'episodio ambientato nella biblioteca del professor Collina, che nel libro (e nella fiction) diventa Ferraro. «Per leggere i libri avevo intestato più tessere a persone diverse, grazie al professor Collina». E ancora: la maestra di Lila e Lenuccia - la Oliviero - è proprio colei che mi spinse a proseguire gli studi contro il volere di mio padre». E la scena delle due bambine che si arrampicano fino all'ultimo piano della palazzina dove abita don Achille, l'usuraio del quartiere? «Anche io da piccola assieme alle mie amiche salivo lassù come prova di coraggio. Vinceva chi, sfidando la paura, riusciva ad arrivare in cima contando fino a 100. Ma l'orco era solo immaginario, noi bambini eravamo terrorizzati dai racconti degli adulti».
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Sono dunque le memorie autentiche del quartiere a comporre il tessuto narrativo del lungo racconto della Ferrante.

Memorie di cui gli anziani abitanti del rione restano gelosamente custodi: poteva conoscere tali e tanti particolari, tali e tanti intrecci reali, soprattutto di carattere familiare, chi non avesse frequentato dall'interno la vita del rione negli anni 50? Dall'Amore molesto all'Amica geniale, è il Rione Luzzatti, con i suoi segreti e le sue memorie, con la sua carne viva, il filo rosso che accompagna (e lega) i racconti di Elena Ferrante. O - come nel quartiere pensano in tantissimi - di Domenico Starnone: il vero demiurgo di una saga da milioni di lettori in tutto il mondo, nel cui ventre sono confluiti nomi, volti, voci, odori, colori, sapori, storie e ricordi personali. I ricordi di un'infanzia trascorsa tra i muri scrostati e i giardinetti in disarmo di un rione di periferia.

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