Falò anti-pentiti nel Napoletano,
nel mirino parenti di ex killer del clan

Falò anti-pentiti nel Napoletano, nel mirino parenti di ex killer del clan
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 12 Dicembre 2018, 00:00 - Ultimo agg. 17 Dicembre, 16:07
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Vogliono smontare sul nascere ogni altra possibile collaborazione con la giustizia. Vogliono impedire che sul territorio si abbatta il racconto di nuovi pentiti, mandando un messaggio forte e chiaro a tutti. A quelli che stanno parlando e a quelli che potrebbero decidere di farlo nei prossimi tempi. Quanto basta a tenere alta l’attenzione sull’intera area stabiese, soprattutto alla luce della presenza di interi nuclei familiari legati da rapporti di parentela con ex camorristi che da anni hanno un ruolo decisivo come pentiti. Un allarme, una situazione di pericolo da sempre viva, ora più che mai presente alla luce di quanto accaduto sabato scorso tra le palazzine popolari del rione Savorito. 

IL MESSAGGIO
Otto dicembre, il «fuocarazzo», quello abusivo, quello lontano dalla festa ufficiale sul lungomare di Castellammare di Stabia. La catasta di legno che cresce a dismisura, il rogo, quei manichini e la scritta «pentiti abbruciat». Brutta scena, che potrebbe non essere frutto di una soluzione estemporanea, che viene calata dagli inquirenti nell’atmosfera stabiese all’indomani dell’ultima retata. Sette giorni fa, blitz di polizia e carabinieri sotto il coordinamento del pm anticamorra Giuseppe Cimmarotta, una quindicina di arresti, tra cui l’imprenditore Adolfo Greco. Colpita la zona grigia, colpita l’ala imprenditoriale di una camorra che si regge da anni sotto il dominio di un gruppo di famiglie più o meno consorziate. Un colpo al cuore del sistema criminale, non tanto per i numeri, ma per il contraccolpo psicologico. C’è chi teme nuove spallate, c’è chi ipotizza l’arrivo di nuovi provvedimenti cautelari, magari di fronte all’avvento di altri collaboratori di giustizia. Messi alle strette, ecco la risposta ad alto impatto mediatico. Ed ecco gli applausi della gente del posto, come in una forma di adesione incondizionata al sentimento comune, all’odio per chi si «butta» dalla parte dello Stato. Un «abbruciat» che fa paura soprattutto a quel gruppo di persone che non hanno accettato il programma di protezione offerto dallo Stato. Allarme, massima vigilanza da parte delle forze dell’ordine, mentre vanno avanti le indagini sull’incendio dello scandalo. Quattro o cinque nomi nel mirino della Procura, c’è anche un minore. Sono i protagonisti dell’arrampicata e delle fiamme a quella catasta di legno.  Gente proveniente dalle retrovie dei D’Alessandro, soggetti legati alla famiglia Imparato (solo omonimi con quelli che anni fa ingaggiarono una guerra con la cosca di Scanzano), un gruppo specializzato nel traffico di sostanze stupefacenti. Inchiesta su appalti e grandi commesse (come l’ex area Cirio e come la ferrovia), ma anche indagini che puntano a strozzare il motore economico più immediato, quello dello spaccio e del controllo delle piazze per la vendita degli stupefacenti. 

 

I PROCESSI
Ce n’è abbastanza per tenere alta l’attenzione. Messaggi sinistri diramati attraverso la liturgia (non sempre civile) delle cataste di legno bruciate al di fuori di qualsiasi forma di controllo. Sabato scorso, il comune di Castellammare aveva allestito fuochi e spettacoli «legali» sul Lungomare, ma qualcuno ha avuto il tempo per attrezzare le proprie cataste in una zona destinata a diventare il teatro del falò di camorra. Un incendio che non vale solo come sfida scomposta ed estemporanea, ma anche come un preciso messaggio rivolto a chi vive sul territorio e sta meditando di parlare con gli inquirenti. 
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