De Giovanni e i Bastardi di Pizzofalcone: «Napoli e il dolore del Vuoto»

De Giovanni e i Bastardi di Pizzofalcone: «Napoli e il dolore del Vuoto»
di Generoso Picone
Martedì 27 Novembre 2018, 12:00
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«Il problema del vuoto, sapete, è nelle cose che ci sono dentro», scrive Maurizio de Giovanni. «Sì, perché il vuoto non è mai completamente vuoto, altrimenti non ci sarebbe niente da guardare da lontano, altrimenti sarebbe solo deserto e perciò tranquillo, altrimenti non ci sarebbe dolore, nel vuoto. E invece il dolore c'è, eccome se c'è. Il dolore del vuoto è il peggiore, e quello del silenzio». Allora, bisogna farci i conti, occorre misurarsi con questa specie di bestia che viene fuori sempre nella notte. Vuoto. Per i Bastardi di Pizzofalcone è il titolo del nuovo e nono capitolo che de Giovanni dedica alle vicende del distretto dei poliziotti reietti alla Ed Mc Bain, diventati piccoli grandi eroi tanto da costruire un'epica dell'umanità prima ancora che dell'investigazione (Einaudi, pagine 352, euro 19: da oggi in libreria e giovedì alle 17.30 sulla scena del teatro Diana a Napoli per un vero e proprio spettacolo con Marianita Carfora, Rosalba Di Girolamo, Isabella Martino, Filippo Scotti, musiche di Leonardo De Lorenzo e Giacinta Piracci, partecipazione straordinaria di Marco Zurzolo, scritture e regia di Annamaria Russo).
 

De Giovanni, lei qui racconta la storia di una scomparsa: di una donna, Chiara Fimiani, professoressa di Lettere nell'istituto tecnico Giancarlo Siani e moglie dell'industriale di successo Marcello Baffi. Quindi l'indagine dei Bastardi, sempre al confine con l'istituzionale, con la presenza di una nuova poliziotta, la piemontese Elsa Marini, brava e bella e con un passato dolente alle spalle. Non diremo di più perché di un giallo si tratta, e però di un giallo particolare, no?
«Sì, è così. Protagonista è questa figura del vuoto, dei tanti fantasmi che lo riempiono e dei conti che si fanno con chi lo lascia. La scomparsa di Chiara disegna un vuoto e l'unica cosa da fare è scavare per capire e arrivare a una verità».

La pagina iniziale è di rara intensità lirica, che si ripete poi in un'altra parte del libro, dedicata al rumore della carezza. Che cosa significa?
«Dice della dolcezza del distacco che comincia prima, quando si sta insieme, tipica degli amanti, che in sé conserva il rumore di tutto quanto accadrà».

E accade che il gruppo dei Bastardi il vicequestore Luigi Palma, il sostituto commissario Luigi Pisanelli, l'ispettore Luigi Lojacono, l'assistente capo Francesco Romano, la vicesoprintendente Ottavia Calabrese, l'agente assistente Alessandra Di Nardo e l'agente scelto Marco Aragona, ai quali si può pure aggiungere il pubblico ministero Laura Piras si mettono alla ricerca di Chiara Fimiani, scoprono un altro pezzo dell'inferno napoletano ma poi arrivano a identificare buona parte del vuoto che si portano dentro. Più che hard boiled sembra introspezione psicologica pura.
«Il fatto è che i Bastardi hanno tutti un vuoto alle spalle che emerge attraverso il lavoro di Polizia e che loro provano a riempire consolidando lo spirito di squadra, diventando una sorta di collettivo di solitudini. Il loro è un vuoto di potere o di forza, di passato o di futuro, di decisioni o di certezze, di coraggio o a perdere, ma insieme ne assumono progressivamente consapevolezza. Fronteggiano il male specie nelle sue forme ignote e danno un nome all'inferno che hanno in sé».

Insomma, sono dei personaggi simbolo della solitudine del cittadino. Anche lei cita Zygmunt Bauman?
«Ma io non sono un sociologo. Io racconto la strada, sono uno scrittore che ambienta le sue storie a Napoli e constato come la varietà delle classi sociali, soltanto in questa città tanto vicine, consegni uno scenario impagabile dal punto di vista umano. La rappresentazione dell'Inferno, del mare di fuoco che ribolle sotto terra, corre in parallelo all'incantesimo dei paesaggi, delle albe, dei tramonti e del mare che danno un'idea del Paradiso».

Questo è Napoli. Ora al nucleo storico dei Bastardi si aggiunge la piemontese Elsa?
«Cercavo un personaggio diametralmente opposto a Pisanelli, non per sostituirlo ma per rendere un altro aspetto dei Bastardi: in realtà lei è la più Bastarda di tutti, ha un passato drammatico e a Napoli riempie il suo vuoto tanto da decidere di rimanerci con la figlia. Un personaggio che si aggiunge a quelli della serie tv diretta da Alessandro di D'Alatri».

Elsa ha con sé la figlia Vittoria, una ragazzina di straordinaria saggezza. E assolutamente sensati appaiono i comportamenti pure di Marinella, la figlia di Lojacono, e di Gerardo Caporosso, dall'infanzia problematica e criminale. Quasi che siano essi a costituire un ambito di umanità razionale?
«Vittoria rappresenta un simbolo positivo importante assieme a Marinella e Gerardo. Sono giovani, giovanissimi e volevo contrapporli alla città del male».

La Napoli che, come diceva Fabrizia Ramondino, dice di amare i piccoli e poi se li mangia?
«Sì, la città di Curzio Malaparte che in fondo non è mai cambiata. E scrivere gialli mi dà la possibilità di ribadirlo, di avere un veicolo per percorrere territori di Napoli difficilissimi da raggiungere».

Ricciardi sta per andare in pensione, i Bastardi proseguiranno?
«Di Ricciardi sarà il femminiello Bambinella a narrarne i percorsi. Poi c'è Sara, la tv. Tanto da lavorare».

A proposito della serie tv: l'auto esplosa mentre i Bastardi festeggiavano al ristorante che vittime ha provocato?
«Lo vedremo nella terza serie dei Bastardi. Qualcuno, comunque, sarà rimasto sul campo».
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