Savona smentisce le dimissioni ma resta ipotesi rimpato. Salvini: «Lui è asse portante del governo»

Paolo Savona
Paolo Savona
Venerdì 23 Novembre 2018, 15:34 - Ultimo agg. 21:15
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Nessuna dimissione, nessun passo indietro dal governo che lo ha fortemente voluto nella squadra in cui era originariamente destinato ad assumere le redini del Tesoro. Dopo aver criticato pubblicamente gli effetti negativi della diffusione dei sovranismi sull'economia globale, dopo aver - secondo indiscrezioni di stampa - riservatamente espresso ai suoi colleghi di governo i suoi dubbi sulla manovra e sui rischi di uno scontro permanente con Bruxelles, il responsabile degli Affari europei finisce di nuovo nell'occhio del ciclone. E ci cade in un momento delicatissimo per il governo, alla vigilia dell'attesissimo incontro di Bruxelles tra Conte e Juncker.

Il ministro più schivo dell'intera compagine governativa, quello di cui i giudizi sono i più «temuti» sin dall'insediamento del governo, smentisce di essere pronto a dimettersi come aveva pronosticato il Corriere della sera che lo ha accreditato anche come fautore di un più complessivo rimpasto. «Dimissioni? È il sogno del Corriere che me le chiedeva fin dal mio insediamento» chiarisce alla Reuters. Anche Matteo Salvini taglia corto: «è uno degli assi portanti di questo Governo» ricorda relegando le ricostruzioni sulla sua disillusione come puro «gossip» giornalistico. «Non credo a ministri dimissionari, è un Governo che in cinque mesi ha fatto tanto, e io dico a chi ci guarda che il mio obiettivo è di fare altrettanto nei prossimi 5 anni e sono convinto che a Bruxelles torneranno a portare rispetto che devono non al Governo e a Salvini, ma all'Italia». Un attestato di stima e vicinanza per l'economista che il leader della Lega aveva fortemente voluto nel governo.

Ma se al momento un rimpasto di governo sembra molto difficile che possa realizzarsi, la prospettiva potrebbe iniziare ad essere valutata con l'inizio del nuovo anno. Le fibrillazioni covano sotto la cenere. Il ruolo di Tria continua a essere sotto la lente del M5s: e non solo per quanto riguarda l'atteggiamento, più morbido rispetto ai colleghi di governo, da tenere con Bruxelles sulla manovra. Il titolare del Tesoro viene guardato a vista anche per i tecnici suoi collaboratori al Mef, uno su tutti il capo di gabinetto Roberto Garofoli. Di rimpasto si è parlato spesso in numerosi passaggi cruciali in questi primi mesi governo (con i ministri Toninelli e Grillo indicati in uscita) ma ora l'emergenza è tutt'altra ed opposta. Dopo l'incidente sull'anticorruzione a Montecitorio e con i due provvedimenti clou della maggioranza da approvare in Parlamento i leader M5s e Lega lavorano alla ricomposizione dei rapporti tra le due forze, come evidenzia anche il plateale gesto di complicità fatto dal ministro Fraccaro che ieri ha invitato il sottosegretario Giancarlo Giorgetti a tornare a sedersi tra i banchi di governo, dopo che se era andato tra gli scranni dei leghisti. Una cortesia per smontare i sospetti piovuti sul braccio destro di Salvini, indicato come il
possibile artefice dello sgambetto della Lega al M5s sull'anticorruzione.

Ora regna la concordia anche in vista dell'appuntamento cruciale del premier Conte con Juncker.
E in attesa di vedere l'andamento dello spread, anche nel medio periodo quando cesserà con il nuovo anno il sostegno del quantitative easing. Un cambio di passo che potrebbe avere conseguenze temute dal governo e, forse, dal ministro Savona più di tutti.


 
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