Cassazione: «Sì ai licenziamenti di lavoratori vicini alla pensione»

Cassazione: «Sì ai licenziamenti di lavoratori vicini alla pensione»
di ​Michele Di Branco
Mercoledì 10 Ottobre 2018, 07:30 - Ultimo agg. 13:57
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A un passo dalla pensione, ma licenziati lo stesso. Lavoratori maturi a rischio esubero anche se manca poco tempo al raggiungimento dei requisiti di legge necessari per andare a riposo. È quanto ha stabilito la Cassazione, smontando con una sentenza una prassi che appariva scolpita sulla pietra da molti anni. I giudici di Piazza Cavour hanno infatti sancito che i lavoratori anziani non godono di alcun ombrello protettivo e che possono essere inseriti, al pari di tutti i loro colleghi, nella lista degli esuberi negoziati tra l'azienda e i sindacati in base agli accordi collettivi. Un elemento, quest'ultimo, che non rappresenta una forma di discriminazione anche se l'impresa non è in crisi. Anzi, secondo la Cassazione questa scelta è addirittura preferibile rispetto all'allontanamento di un dipendente più giovane, in quanto «il criterio della prossimità al trattamento pensionistico consente di ridurre al minimo l'impatto sociale della riorganizzazione, salvaguardando i lavoratori che non potrebbero beneficiare, a seguito del licenziamento per riduzione di personale, della protezione sociale garantita dal prepensionamento».
 
La sentenza ha dunque ribaltato la decisione della Corte d'appello di Firenze, che aveva dichiarato la nullità del licenziamento (definendolo «strumentale e discriminatorio») e disposto la reintegrazione di un lavoratore, liquidato proprio in ragione della maggiore prossimità alla pensione. La scelta della Cassazione potrebbe avere impatti significativi sulle procedure di riduzione collettiva del personale che si applicano in base ad una legge del 1991. «L'applicazione del criterio di scelta della maggiore vicinanza alla pensione si legge tra l'altro nel dispositivo della sentenza corrisponde ai principi a base della procedura dei licenziamenti collettivi, in quanto è astrattamente oggettivo e verificabile sul piano della effettività, risultando altresì coerente con l'obiettivo di circoscrivere al minimo l'impatto sociale della riduzione di organico». La svolta sancita dalla Cassazione è un notevole salto in avanti rispetto alle recenti interpretazioni offerte in materia dalla Corte. A fine maggio, infatti, i togati avevano stabilito che è possibile licenziare un lavoratore che ha maturato i requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia solo se la prestazione gli viene erogata subito, «posto che il diritto dell'impresa di recedere ad nutum sorge non al raggiungimento dell'età ma al conseguimento effettivo del trattamento previdenziale da parte dell'interessato». In quella circostanza, la sentenza aveva stabilito che l'allontanamento era conforme alla Costituzione «poiché in una società come quella attuale, in cui si hanno disoccupazione e sottoccupazione, l'assenza di una piena tutela del diritto al lavoro per i dipendenti che abbiano già conseguito la pensione di vecchiaia trova ragionevole giustificazione nel godimento, da parte loro, di tale trattamento previdenziale». Dunque i Giudici di legittimità avevano espresso il convincimento che il recesso senza giusta causa sia ammissibile soltanto in quanto si goda effettivamente del trattamento pensionistico di vecchiaia, non essendo sufficiente che si sia in attesa anche solo di 12 mesi.
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