Università, incognita borse di studio: le regioni che pagano di più non sempre sono le più virtuose

Università, incognita borse di studio: le regioni che pagano di più non sempre sono le più virtuose
Lunedì 24 Settembre 2018, 22:54
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Il diritto allo studio universitario? In teoria, al pari dell’istruzione obbligatoria, è un diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione (art.34, comma IV: “La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze […]”). In pratica, molto dipende da alcune variabili; su tutte la regione in cui si decide di studiare. L’Italia, infatti, è l’unico paese dell’area OCSE che ha la figura degli studenti ‘idonei ma non beneficiari’ di borse di studio. Significa che una parte di ragazzi che avrebbero diritto al sostegno economico, per carenza di fondi regionali, non riescono ad accedervi. Secondo il Rapporto sulla Condizione studentesca 2018 elaborato dal Consiglio Nazionale degli studenti universitari (CNSU), nell’anno accademico 2016/2017 (ultimi dati ufficiali disponibili) sono stati circa 7500 studenti universitari, il 5% degli aventi diritto. Concentrati, però, in appena sei regioni: Calabria, Campania, Lombardia, Sicilia, Molise, Veneto.

Importo e copertura: i due parametri per valutare il diritto allo studio

Ma non tutto ruota attorno all’effettiva assegnazione della borsa. Anche l’ammontare fa la sua parte. Come riporta il sito Skuola.net, il ministero dell’Istruzione stabilisce con decreto l’importo minimo delle borse per tre categorie di studenti: fuori sede (in base al DM 294/2016, vigente nell’anno accademico 2016/2017, gli sarebbero spettati almeno 5.118,36€), in sede (1.929,22€), pendolari (2.821,67€). E se alcune regioni si sono attenute, altre hanno addirittura aumentato le somme, altre ancora hanno invece tagliato di netto le cifre indicate dal Miur. Ed è proprio unendo questi due parametri – copertura e importo - che il CNSU riesce a disegnare la mappa delle regioni più virtuose. Quelle dove, se nel frattempo le cose non sono cambiate, gli studenti in difficoltà economiche possono laurearsi con minori ansie di far quadrare il bilancio. Perché non sempre una cifra adeguata si traduce in un reale diritto allo studio. Meglio, a volte, avere di meno. Ma averlo.

L’Emilia-Romagna ha i borsisti più ‘ricchi’

Un’isola felice per gli studenti universitari è, senza dubbio, l’Emilia-Romagna. Non solo perché gli importi sono generalmente superiori di 300-400 euro rispetto alla media nazionale (un ragazzo iscritto in un ateneo emiliano-romagnolo e residente in un’altra regione nel 2016/2017 è arrivato a prendere quasi 5.500€, un pendolare 3.284€, circa 2.500€ per uno studente residente nel comune sede dell’ateneo che rientra nei parametri per l’accesso alla borsa). Somme effettivamente erogate, visto che l’Emilia-Romagna è una delle 14 regioni in cui la quota dei borsisti in quell’anno è stata pari al 100%. Anche se, va detto, gran parte del merito è da attribuire al sistema universitario, che contribuisce con i fondi necessari a coprire il fabbisogno. A conti fatti, è questa la regione che ha speso di più per le borse di studio: quasi 71milioni di euro.

Alcune regioni sembrano virtuose, ma spesso sono solo ‘distratte’

Ci sono, poi, dei casi in cui si riesce a raggiungere la copertura totale pur aumentando significativamente gli importi di alcune borse di studio. È il caso dell’Abruzzo, delle Marche e della Puglia dove, sempre nell’a.a.2016/2017, agli studenti residenti nella stessa città dell’università è stata riconosciuta una somma simile a quella prevista per i pendolari (attorno ai 700 euro in più rispetto ai minimi ministeriali) e, parallelamente, tutti gli iscritti idonei hanno ricevuto l’assegno. Singolare quanto accaduto in Lombardia: anche qui gli importi per i ragazzi ‘in sede’ sono stati innalzati fino ai livelli di quelli per i pendolari, ma la copertura delle borse è stata pari ‘solo’ al 99,7% degli idonei. Ancora peggio la situazione in Sicilia: residenti quasi equiparati ai pendolari ma erogazione delle borse ferma all’81,3%. Sarebbe forse bastato fare meglio i conti per raggiungere l’ottimo.

In Calabria somme adeguate ma scarsa copertura, in Sardegna l’esatto contrario

Ma, come detto, il rispetto dei parametri del Miur non è garanzia di effettivo sostegno. Emblematico quello che è successo in Calabria, la regione all’epoca con la quota più elevata di ‘idonei non beneficiari’: quasi 1 su 3 (32,9%) non ha ricevuto l’assegno pur avendone diritto. Eppure, qui, apparentemente tutto sembra in ordine: gli importi delle borse di studio, infatti, sono stati perfettamente in linea con le linee guida del Miur (5.118€ per i fuori sede, 2.822€ per i pendolari, 1.929€ per i residenti). Una situazione simile la troviamo in Campania: cifre più o meno nella media nazionale ma beneficiari fermi all’86,7%. A questo punto, dimostra maggiore sensibilità una regione come la Sardegna che taglia nettamente l’importo delle borse (solo 3.778€ ai fuori sede: -1.300€ rispetto al minimo) ma, almeno, si impegna ad assegnarle a tutti gli studenti che ne hanno diritto. Somme, tutte quelle elencate, che per l’a.a.2017/2018 probabilmente dovranno essere riviste: il Miur, con un decreto del marzo 2018 (n.218), ha infatti adeguato i minimi all’indice ISTAT, aumentando dell’1,1% la quota per tutte le categorie. Ciò cambierà gli equilibri tra le regioni o tutto rimarrà invariato?
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