CR7 e quel no alla festa a Torino:
impossibile per Diego a Napoli

CR7 e quel no alla festa a Torino: impossibile per Diego a Napoli
di Marco Ciriello
Giovedì 12 Luglio 2018, 22:34 - Ultimo agg. 13 Luglio, 10:30
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Ci vuole poco a scorgere nella rinuncia alla festa per Cristiano Ronaldo una differenza antropologica tra Napoli e Torino. Dopo la grande operazione economica, per ragioni organizzative, non è riuscita la festa di accoglienza. L’Allianz, il tempio juventino, resterà chiuso, non ci sarà una presentazione straordinaria, ma una semplice conferenza stampa. Ovvio, il rimando a Diego Maradona e al San Paolo occupato in modo sudamericano è inevitabile, come è inevitabile pensare alle diversità tra Napoli e Torino, tra il bisogno tutto napoletano di un rito collettivo, e la normale rinuncia a questo da parte dei torinesi. C’è una discrepanza tra il saper aspettare il domani e il dover santificare l’oggi. Tra il bisogno di vedere con i propri occhi senza mediazioni e l’accontentarsi del rimando social e televisivo. 

È una differenza di pensiero e vita, che passa per la filosofia e il credo, a Napoli un arrivo del genere avrebbe necessariamente richiesto una presentazione collettiva dove poter prendere coscienza di quello che appariva impossibile e invece si era reso possibile; a Torino è un dettaglio, un evento rimandabile. 

A Napoli Diego fu ingoiato, acquisito, assorbito, adottato con foga, e lui lasciò fare, portandosi per sempre quell’assunzione di responsabilità, il suo ingresso al San Paolo, il 5 luglio del 1984, divenne una cerimonia di incoronazione: allegria, delirio, stupore.

A Torino si sono creati diversi problemi, mancando principalmente la spinta sociale spalmata su tutto il Paese e non concentrata in città, e anche – pare – per il “No, grazie” di Cristiano Ronaldo, che non avendo salutato al Santiago Bernabéu i tifosi del Real Madrid ha preferito evitare l’ingresso in solitario all’Allianz Stadium, per essere abbracciato dai suoi nuovi tifosi; e la Juventus ha colto l’occasione per presentarlo diversamente, visto che sarebbe stata una festa della spesa mentre a Melfi gli operai Fiat scioperavano proprio in virtù di quella spesa esagerata ai loro occhi. Hanno acquistato un eroe della Marvel che però non copre o copre male le istanze sociali di cui la Juventus pure è portatrice e su scala nazionale, insomma hanno avuto paura di rivendicare la spesa e l’impegno, anche perché loro guardano al domani e l’oggi può anche essere normale. 

A Napoli no, l’oggi deve essere straordinario, in una fagocitazione immaginativa che porta a compiere imprese impensabili che nascono proprio dalla mancanza del calcolo. Un atteggiamento che Maradona applicava e applica, nella sua sincerità distruttiva, ancora meglio dopo l’esperienza napoletana. E che, per fortuna, Aurelio De Laurentiis gestisce diversamente, in una sorta di acquisizione a metà dell’atteggiamento. 

A Torino no, il calcolo domina, anche la sobrietà, che, però, mal si addice agli stadi e soprattutto al calcio. La Juventus dopo uno slancio enorme, un impegno economico impensabile per tutte le altre squadre italiane, ha pensato bene di non insistere sull’esplicitazione dell’impresa, sull’esibizione del calciatore. Puntando sulle reliquie, le magliette di CR7, per arginare. Festeggiano col marketing, una festa in rivoli, per conto terzi, un pezzo per volta, aspettando il campionato per avere il corpo del santo. È anche vero che la vera presentazione di Ronaldo – visti i tempi e vista l’operazione – è stata in borsa, e, che, le emozioni dei bambini, il loro voler vedere e fermare il giorno dell’arrivo del campione, sono secondarie, perché non si festeggia quello che ancora non c’è. Come è vero che i calciatori passano e le congiunture restano. 
 
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