Medjugorje tra affari e misteri:
«Prete sparito vittima del racket»

Medjugorje tra affari e misteri: «Prete sparito vittima del racket»
di Mary Liguori
Martedì 10 Luglio 2018, 23:00 - Ultimo agg. 11 Luglio, 12:46
4 Minuti di Lettura
Una serie di mail ricostruisce gli ultimi giorni di padre Luciano Ciciarelli prima della sua misteriosa scomparsa. Quel carteggio fotografa, involontariamente, l’intrigato scenario sul quale si muovono «le forze del male» attive a Medjugorje, come le ha definite l’arcivescovo Hoser, di cui fanno parte anche «le mafie napoletane».

Quel dossier i parenti di Ciciarelli vogliono consegnarlo alla Procura di Santa Maria Capua Vetere perché, a loro dire, «gli altri inquirenti hanno considerato la scomparsa un allontanamento volontario, ma alla luce di quello che sta emergendo è possibile che invece sia rimasto vittima di ben altro, come avevamo sospettato quando ci recammo in Bosnia e dopo due giorni un albanese ci disse che per noi stava diventando pericoloso fare domande in giro». Di tutte le persone scomparse a Medjugorje è stato ritrovato il corpo. Solo in un caso, confermano dall’Interpol, questo non è avvenuto. È il giallo di padre Ciciarelli, sparito il 2 agosto del 2015. L’allarme, dicono i familiari del sacerdote missionario, fu dato con quattro giorni di ritardo. «Mio zio - spiega il nipote - fu fotografato da due peruviani la mattina del 2 agosto.

Da quel momento di lui non si è saputo più nulla». Ma mentre si perdevano le tracce del missionario, affiorava una storia che, oggi, sembra collegarsi ai business illeciti della camorra a Medjugorje, denunciati la settimana scorsa dall’arcivescovo inviato del papa, Henrisk Hoser, e confermati dalle autorità giudiziarie italiane. Sul pc del missionario, dissequestrato nei mesi successivi la scomparsa, furono ritrovate una serie di mail e «capimmo cosa aveva spinto mio zio ad andare a Medjugorje». Un suolo dal valore di 800mila euro, l’ultimo edificabile prima del sentiero che porta alla collina delle apparizioni. «Accanto c’è un parcheggio ed è in una posizione molto ambita. Mio zio voleva dar seguito al testamento del suo confratello, padre Luca Cirimotic, farci un ospizio, ma non ci riuscì».

Si imbatté in una situazione intricata assai, Ciciarelli. Che sembra legata al «racket dei suoli sacri». I nipoti del prete hanno ricostruito i passaggi del terreno dopo la morte del proprietario. «Fu ereditato da suo fratello, all’epoca vescovo di Scopje, in Macedonia, e dai nipoti, residenti a Medjugorje e con incarichi importanti. Mio zio attivò le sue fonti. Una bosniaca residente a Parigi, in particolare, che doveva metterlo in contatto con avvocati e consulenti. Quella donna aveva un appuntamento con lui il pomeriggio in cui sparì, ma sebbene lui non si presentò all’appuntamento, lei non diede l’allarme».

 

L’accertamento che il prete intendeva portare avanti, si fermò - stando alle mail - di fronte al garbuglio catastale frutto del passaggio tra la ex Jugoslavia e la Bosnia Erzegovina. Ed è in questo caos legislativo che si sarebbero, nel tempo, inseriti personaggi di varia estrazione. Affaristi, imprenditori spregiudicati e criminali. La malavita serba, quella albanese e la camorra, muoverebbero fili e premerebbero «tasti» per evitare che i suoli e le strutture più appetibili vadano a investitori scollegati dalla criminalità organizzata e quindi che i ricavi escano dal loro controllo. Molti hotel, non a caso, sono abusivi, come numerosi b&b e ristoranti. Meno della metà dei lavoratori delle strutture ricettive avrebbe un regolare contratto. Ed è in questa zona grigia che sguazzano i clan, è qui che la camorra investe perché è meno rischioso. Usando i prestanome i camorristi si mettono al sicuro, ma hanno una garanzia: se anche li scoprissero, non rischierebbero di perdere i loro tesoretti. Il sequestro antimafia non può essere eseguito nei Paesi dell’Est. 

Il nipote del religioso ricorda quei giorni in Bosnia, due, poi il precipitoso ritorno in Italia. «No, non fummo minacciati, ma un mio contatto albanese ci fece capire che la malavita italiana era lì molto potente, ci fu subito la percezione che dall’Italia qualcuno sapesse cose che noi, sul posto, non riuscivano a sapere». «Solo dopo aver letto quelle mail comprendemmo che mio zio era andato a ficcarsi inconsapevolmente in qualcosa di molto più grande di lui. Ciò che è stato detto in questi giorni ci ha fatto correre un brivido lungo la schiena. Zio era un ottimista, per lui non esistevano problemi, solo soluzioni. Forse non si rese conto del pericolo che correva. E, quando sparì, non fu fatto abbastanza. La triangolazione che captò il segnale del cellulare a 700 metri dal punto della foto con i peruviani fu l’ultima traccia. Le ricerche ci furono, ma fu tutto inutile. E poi ci sembrò che la nostra presenza lì indispettisse la polizia bosniaca». Una storia inquietante che il nipote del sacerdote della quale il nipote del sacerdote intende parlare con i pm che stanno alzando il velo sui presunti affari illeciti di napoletani a Medjugorie.
© RIPRODUZIONE RISERVATA