Lega, Cassazione: «Per Bossi i soldi ci sono, dica dove». Di Maio: «Nessun imbarazzo»

Lega, Cassazione: «Per Bossi i soldi ci sono, dica dove». Di Maio: «Nessun imbarazzo»
Venerdì 6 Luglio 2018, 15:35 - Ultimo agg. 8 Luglio, 11:37
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È «onere dell'imputato» Umberto Bossi «indicare al pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo Stato non rinvenuti in disponibilità della Lega ma», secondo il Senatur, «esistenti». Lo dice la Cassazione nelle motivazioni di conferma del sequestro di beni personali di Bossi fino a 40 milioni, e lo esorta a dire dove sono finiti i soldi che - secondo l'accusa - ha truffato allo Stato. L'ex leader ha sostenuto che i milioni ci sono senza però dire dove. Affermazioni, sottolinea la Cassazione, «allo stato del tutto prive della benché minima specificità».

La discrasia tra i 40 milioni per i quali è stato chiesto e già attuato il sequestro dei beni di Bossi - si tratta di un quinto della pensione da europarlamentare, e di terreni e immobili a Gemonio - e i 49 milioni di euro per i quali la Cassazione tre giorni fa ha dato il via libera al sequestro delle somme in futura disponibilità della Lega, è dovuto al fatto - secondo alcune fonti - che a Bossi e agli altri coimputati condannati con lui in primo grado sono state scalate le somme già messe sotto sequestro. Si tratta di circa due milioni trovati sul conto suo e su quello dell'ex tesoriere Francesco Belsito, degli altri beni sequestrati, e di quasi due milioni di euro bloccati alla Lega.

Nel ricorso in Cassazione, Bossi ha cercato di ottenere il dissequestro dei suoi beni, convalidato dal Tribunale del
riesame di Genova lo scorso dicembre, sostenendo che il disco verde alla richiesta del pm, di sequestrare alla Lega «somme di denaro eventualmente disponibili in futuro», farebbe venire meno l'esigenza del sequestro disposto sui suoi averi. Gli ermellini hanno invece bollato la tesi come «manifestamente infondata, costituendo dato allo stato meramente ipotetico ed assertivo che il sequestro in danno della Lega conseguente all'accoglimento del ricorso del pm possa portare all'apprensione» di tutti i 49mln. In ogni caso, prosegue il verdetto, se mai «tale evenienza dovesse effettivamente concretizzarsi», Bossi potrà «far valere il sopravvenuto carattere indebito» del sequestro dei suoi beni aggredibili non oltre la cifra di 40mln.

Ad avviso della Cassazione, «è legittimo, ed anzi doveroso aggredire anche, per equivalente, i beni personali dell'imputato sul presupposto della sua intervenuta condanna, pur allo stato non esecutiva». Al padre del Carroccio, inoltre, la Suprema Corte dice che «sarebbe suo onere indicare al pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rivenuti in disponibilità della Lega Nord ma, secondo il ricorrente, esistenti. Sul punto - rileva infine il verdetto - le affermazioni di Bossi appaiono, peraltro, del tutto prive della benché priva specificità».

«Sono d'accordo con il ministro Bonafede, ma credo che tutti siamo d'accordo qui. Non ho alcun imbarazzo verso questa vicenda, perché riguarda le questioni dei diamanti e lauree in Albania di Bossi. Me le ricordo bene. Sono quelle che hanno portato la Lega a scendere all'1-2%». Così il vicepremier Luigi Di Maio, ospite di La7, risponde a proposito delle affermazioni del ministro della Giustizia sulla sentenza sul sequestro di 49 milioni alla Lega. «Le sentenze vanno rispettate, senza evocare scenari che sembrano appartenere più alla Seconda Repubblica», aveva detto Bonafede, che però aveva anche poi aggiunto: «Onestamente con tutte le cose importanti a cui sto lavorando, questa è quella che mi interessa di meno». 

«Condivido il pensiero del ministro di Grazia e Giustizia. Le sentenze vanno rispettate e questa è una sentenza definitiva che va rispettata. Tutto qui», ha tagliato corto il grillino Roberto Fico, presidente della Camera. 

Oltre al gelo con il Colle, la questione dei 49 milioni di euro al centro dell'inchiesta di Genova tiene dunque banco nel dibattito interno alla maggioranza . E provoca freddezza tra la Lega e i Cinque Stelle.

«Si sta giocando a mettere continuamente me contro Salvini o il M5s contro la Lega». Invece questo governo «è nato con un atto di sincerità» e «nell'ambito del percorso sul contratto di governo sto trovando persone leali nell'altra forza politica», ha proseguito Di Maio. Tornando al contratto di governo, Di Maio ha sottolineato che «noi abbiamo fatto il decreto dignità che, nonostante qualche giornale tifi per annacquarlo, loro sostengono. La Lega sta facendo la politica sull'immigrazione, noi la sosteniamo».

Salvini nei giorni scorsi aveva pressato il Quirinale per poter incontrare il capo dello Stato dal quale la Lega cercherebbe sostegno sull'intricata vicenda dei fondi del partito su cui indaga la Procura di Genova. Il Carroccio fa trapelare l'indiscrezione che ci sono in corso contatti con il Quirinale e che al rientro di Sergio Mattarella dalla missione nei paesi baltici ci sarà la possibilità di individuare una data per l'incontro. Ma poco dopo era arrivata la secca smentita del Colle: «Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è all'estero ed è all'oscuro di qualunque contatto», ha affermato una fonte della delegazione al seguito del capo dello Stato interpellata sull'incontro chiesto dalla Lega. Una gelata a fronte di un certo ottimismo mostrato dal vicepremier, appena arrivato alla festa alla residenza dell'ambasciatore Usa per l'Independence day: «Io sono qua. E sarei felice di incontrare Mattarella. So che è impegnato all'estero ma so che già in passato seguì la vicenda ed è sensibile al fatto che ci sia diritto di parola e di espressione in Italia».

 

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