Ue, arriva il via libera al paracadute per le crisi bancarie

Ue, arriva il via libera al paracadute per le crisi bancarie
di Antonio Pollio Salimbeni
Sabato 30 Giugno 2018, 09:34 - Ultimo agg. 14:00
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BRUXELLES - I sogni della grande riforma dell'unione monetaria sono stati messi per ora nel cassetto. Era atteso, naturalmente, però la sensazione nel momento in cui accade è spiacevole. I leader dell'Eurozona hanno solo ratificato quanto deciso una settimana fa dai ministri finanziari: via libera politico al paracadute finanziario per il Fondo unico di risoluzione delle banche, uno dei pilastri mancanti dell'unione bancaria. E hanno così incassato il plauso del presidente della Bce Mario Draghi.
 
Si tratta dello strumento pubblico che farà capo all'European Stability Mechanism per intervenire nel caso in cui uno Stato membro dell'area euro non dovesse avere le risorse sufficienti per sostenere la liquidazione ordinata di una banca. Dovrebbe essere operativo e al più tardi nel 2024. Sempre sulle banche i 19 leader hanno fatto una micromossa: si tratta del sistema unico di garanzia dei depositi sul quale da mesi sono arenate le trattative che oppongono il solito fronte del Nord capeggiato dalla Germania e il solito fronte del Sud, in primo luogo l'Italia. Il primo ritiene che non siano stati compiuti progressi nella riduzione dei rischi, in sostanza le sofferenze bancarie; il secondo fronte sostiene che certamente lo smaltimento dei non performing loans deve continuare, però l'assenza di una garanzia unica dei depositi creata in modo graduale sulla base degli attuali regimi nazionali, costituisce di per se un fattore di riduzione dei rischi. Non averla espone automaticamente il sistema bancario al dubbio su ciò che potrebbe accadere se uno Stato si trovasse a corto e di fondi e magari in pericolo sistemico. I leader hanno passato la palla ai ministri finanziari: dovranno lavorare «a una tabella di marcia al fine di avviare negoziati politici sul sistema europeo di assicurazione dei depositi». Processo lentissimo e senza scadenze. Troppi sospetti tra i governi. La fiducia sul tema bancario è una merce troppo rara.

Il premier Conte ha contestato la bozza di conclusioni ritenendo che la formulazione contenesse un tracciato prefissato delle discussioni future. I 19 sono stati impegnati per una mezz'ora a dirimere la questione: alla fine è stato concordato che «l'Esm fornirà il sostegno comune al Fondo di risoluzione unico e sarà rafforzato operando sulla base di tutti gli elementi di una riforma» indicati dall'Eurogruppo. Nella versione originaria si affermava che «l'Esm sarà rafforzato, sulla base di tutti gli elementi di una riforma dell'European Stability Mechanism». Non un cambiamento di linguaggio epocale, ma l'episodio conferma che le divergenze sono profonde su questa delicatissima materia. Nel documento franco-tedesco sull'Eurozona, per esempio, si fa riferimento a obiettivi di livello di sofferenze giudicate ottimale: 5% lorde, 2,5% nette. L'Italia ha più del doppio in termini lordi. L'Italia si è sempre opposta sia a target sulle sofferenze sia all'altra idea accarezzata dai tedeschi: un tetto all'esposizione delle banche al debito sovrano nazionale. Quest'ultimo richiederebbe peraltro un accordo a livello del G20 che finora si è rivelato impossibile.

Ma il fronte del Nord continua a premere. E ancora, c'è una divergenza sul ruolo dell'Esm come fornitore di una linea di credito cautelativa per gli Stati che si trovassero in difficoltà a finanziarsi sui mercati ma non necessitano di un salvataggio (come quello della Grecia). Germania, fronte del Nord e Slovacchia vogliono un Esm rafforzato che potrebbe assumere un ruolo più influente nella definizione e nel monitoraggio dei programmi di intervento negli Stati in stretta cooperazione con la Commissione e in collegamento con la Bce, in accordo con le sue competenze. Dovendo occuparsi di stabilità l'Esm (nella versione di una specie di Fondo monetario europeo) dovrebbe acquisire anche un ruolo nella valutazione della situazione economica degli Stati, a rischio di sovrapporsi alla Commissione, che però è la sola ad avere competenza sui bilanci pubblici. Anche su questo il ministro dell'economia Tria ha confermato il no italiano (in continuità con il governo precedente). Roma teme che in tal modo di torni indietro rispetto alla linea di flessibilità sui conti pubblici.
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