Startup, si fa presto
a uscire dal mercato

Startup, si fa presto a uscire dal mercato
di Diletta Capissi
Sabato 30 Giugno 2018, 14:00
3 Minuti di Lettura
«Delle startup campane sono poche quelle che crescono ed hanno superato il milione di euro: Buzzoole, Vini Export, Domec, Sophìa Tech. Il fenomeno va analizzato con attenzione, a partire dalle start up che hanno un modello innovativo di business, tecnologia e infrastruttura proprietaria, o quelle che pur avendo know how fanno però fatica a scalare il mercato». Esordisce così Giovanni De Caro, già innovation manager di Intesa San Paolo, e oggi gestore del portafoglio strategico degli investimenti di Digital Health di Salerno nonché Ceo della neonata Favilla World, un comparatore di piattaforma di Equity in crowdfunding. «Questa differenza è sostanziale per crescere e fare fatturato», spiega De Caro. Come nel caso di Buzzoole, la migliore start up europea in termini di crescita ed innovazione, fondata nel 2013 dal vulcanico Fabrizio Perrone nel campo dell'influencer marketing che viaggia intorno ai 10 milioni, e Vini Export intorno ai 3 milioni: «Se ci metti benzina dentro sale e possono scalare in maniera verticale e vertiginosa - continua De Caro - mentre Sophìa Tech che opera in un settore ad elevato contenuto tecnologico, ha un fatturato in crescita intorno agli 1,2 milioni, come anche Spin Vector di Benevento che si attesta sui 500 mila euro, lavorano per commessa». È moderata invece la crescita per chi fa affidamento soltanto sui mezzi propri mentre molte start up restano al palo, nonostante il business e il posizionamento del mercato sia corretto. Perché? «Un elemento importante - dice De Caro - è la carenza di funding, di capitali. Non c'è una catena del valore dell'investimento in start up che parte dal concepimento dell'idea fino alla scalata».

Di sicuro, rispetto alle altre società di capitali, le start up innovative sono tendenzialmente più giovani: gli under-35 occupano posti in quasi un'azienda su due (44,4%), contro il 34,5% delle altre neo-imprese.In Campania, prima regione del Sud per numero di start up innovative, la vivacità rimane. A due passi dalla Reggia di Caserta, ad esempio, c'è 012 Factory, fondata oltre quattro anni fa, che da incubatore di startup innovative sta diventando un Innovation Hub. Selframes, sempre a Caserta, ha realizzato un sistema modulare basato su strutture reticolari spaziali in acciaio che creano infinite combinazioni di arredo. E poi ancora Sentetic che offre tecnologie basate su algoritmi predittivi dei guasti dei macchinari che ha vinto una importante fornitura ad Anas (per monitoraggio dei viadotti). Ma c'è anche la start up Toonado, piattaforma con un sistema di prenotazione per lo sport più adatto, on line da gennaio, che acquisisce in media oltre 50 clienti mese. Il mercato italiano però non può essere l'unico di riferimento. Ne ha fatto tesoro la start up Biancamore di cosmetica naturale prodotta con latte di bufala dop, fondata nel 2014, di Capaccio), che cresce in media del 20% negli ultimi due anni con il 30% di export garantito dall'e-commerce: «Vince la nostra visione globale», spiega Pasquale Senatore. Ma secondo l'esperienza di Sebastian Caputo, Ceo di 012Factory, succede spesso che «nella fase di costituzione della compagine sociale, si crea il dilemma classico: vale più il ruolo del commerciale o di chi si occupa della produzione. Sono convinto che le persone siano più importanti della bontà di qualsiasi progetto». Crescono dunque le aziende che hanno una proiezione internazionale, ma soprattutto ribadisce De Caro «quelle che hanno un round venture capital e in questo momento in Campania non ci sono».
© RIPRODUZIONE RISERVATA