Tav, il governo punta sul Sud: ecco le grandi opere da portare a termine

Tav, il governo punta sul Sud: ecco le grandi opere da portare a termine
di Francesco Lo Dico
Domenica 10 Giugno 2018, 08:30 - Ultimo agg. 19:36
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I dossier sono ancora allo studio, ma la diagnosi che arriva da Porta Pia è già abbastanza netta: per provare a guarire la cronica anemia di cui soffrono le infrastrutture meridionali si procederà a una corposa cura del ferro. Dalla Napoli-Bari all'alta velocità Salerno-Reggio Calabria, dal raddoppio dei binari in Puglia (con particolare attenzione alla tratta Bari-Barletta), in Sicilia e al retroporto di Gioia Tauro. L'intenzione del nuovo ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, è ricucire le ferrovie del Sud con il resto del Paese. Certo, si tratterà di valutare gli investimenti uno per uno sulla base di costi e benefici. Di considerare laddove possibile soluzioni alternative, in grado di evitare sprechi e consentire magari di accantonare risorse da reinvestire. Ma al netto del metodo, il merito non cambia. Il no alla Tav Torino-Lione discende da costi, ritenuti troppo alti, e benefici, considerati modesti. Ma alta velocità e raddoppi dei binari, al Sud servono eccome. La terra del sì-Tav ha per Toninelli «priorità assoluta», spiegano dall'entourage del ministro. Che non a caso ha citato «ferrovie regionali, legalità e Sud» come i primi obiettivi della sua mission. Che porrà particolare attenzione alla Basilicata. «Impensabile lasciare Matera, capitale della cultura 2019, isolata. Sono allo studio soluzioni ad hoc», spiegano dal ministero. Ancora il timing non c'è: la ricognizione dei fondi è alle prime battute. Ma una prima certezza al Mit sarebbe emersa: tra fondi nazionali ed europei ci sarebbero risorse a sufficienza.
 
«Ci sono sfide enormi da affrontare», spiegava giorni fa il nuovo ministro delle Infrastrutture. E la prima sfida da vincere è probabilmente quella che viaggia lungo la Napoli-Bari, un progetto che vale 5,8 miliardi di cui 4,4 già finanziati che il Mit considera «prioritario». All'appello manca ancora un miliardo e mezzo, che dovrebbe servire a realizzare la parte più ostica della tratta, il tunnel sotto l'Appennino tra Apice e Orsara. «In questo caso non si può parlare di alta velocità in senso proprio perché parliamo di treni che viaggerebbero a 160 km orari e non oltre i 250», premette Andrea Cioffi, senatore M5s che nella scorsa legislatura era membro della commissione Lavori pubblici. «Ma su questa tratta spiega il parlamentare salernitano in predicato di raggiungere Toninelli al Mit come sottosegretario si potrebbe pensare a una revisione progettuale: realizzare la Variante di Grottaminarda concettualmente avrebbe poco senso. Abolirla consentirebbe invece di far andare la ferrovia dritta, accorciare i tempi di trasporto, risparmiare circa un miliardo e reinvestire il denaro in una stazione in grado di incrociare le linee delle aree interne, Salerno, Avellino e Benevento, con quella dell'alta velocità».

Nessuna chance per il Ponte sullo Stretto. L'obiettivo del ministero dei Trasporti, sarebbe in questo caso quello di confermare i lavori del nuovo collegamento veloce Palermo-Catania-Messina già finanziato con sei miliardi, per rendere più rapidi i trasbordi verso porti e aeroporti. L'attivazione del primo tratto ferroviario veloce è già programmato per il 2020, con la conclusione dei lavori fissata nel 2022. Il raddoppio della linea Palermo-Messina è ritenuta dal Mit priorità assoluta per connettere l'Isola al Corridoio ferroviario europeo Ten-T Scandinavia-Mediterraneo. Ma nelle more del progetto, il ministero potrebbe valutare di mettere in campo nuovi convogli. «Spesso e volentieri di tracce ferroviarie ce ne sono a sufficienza per garantire viaggi frequenti, il vero problema è che abbiamo in campo pochi treni», spiegano dal Movimento.

La linea, parte fondamentale dello ScanMed è a oggi nella fase «da sottoporre a progetto di fattibilità». Ma il ragionamento in corso al Mit è quello di investire sull'alta velocità della tratta, che è la casella chiave del Corridoio scandinavo-mediterraneo. Il prossimo bando europeo Cef, in scadenza a settembre, è un'occasione ghiotta per reperire nuovi fondi. Ma resta ancora da sciogliere un nodo importante: raggiungere Gioia Tauro via Paola o via Catanzaro? Forse nessuna delle due ipotesi. Anche se l'Europa osteggia la variante, l'idea che prende quota in casa Cinque Stelle sarebbe quella di arrivare nel porto tirrenico toccando prima la linea adriatica per poi passare da Taranto, Metaponto e Sibari. Quale destino per il porto di Gioia Tauro? «Le merci dirette in Europa sbarcano a Genova e a Trieste, Gioia Tauro non può essere il punto d'accesso all'Europa, troppi chilometri da fare per portare le merci al confine», spiega il senatore del M5s, Andrea Cioffi. Sul punto occorrerà ragionare, «ma potrebbe essere una buona idea quella di trasformare il retroporto in un gigantesco hub di trasformazione industriale delle materie prime in arrivo: la Zes è in questo senso una grande opportunità», chiosa Cioffi.

«Ma più casi come quelli di Corato (l'incidente avvenuto a luglio del 2016 che costò la vita a 23 persone), mai più ferrovie bloccate per il gelo», è il mantra che si è già imposto al ministero dei Trasporti in questa prima fase di studio. In questo caso, l'obiettivo è quello di implementare gli investimenti destinati alla manutenzione ordinaria dei binari. «La sicurezza sarà al primo posto», è la promessa che arriva da Porta Pia.
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