Song ’e New York, la favola di Ciro Iovine: lo scugnizzo di Napoli è diventato grande

Song ’e New York, la favola di Ciro Iovine: lo scugnizzo di Napoli è diventato grande
di Luca Marfé
Sabato 26 Maggio 2018, 12:58 - Ultimo agg. 13 Giugno, 15:13
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NEW YORK - Un sognatore, uno scugnizzo che ce l’ha fatta. Ciro Iovine ha appena compiuto 36 anni, ma negli occhi ha un guizzo ancora più giovane. Ride sempre, parla che quasi strilla, abbraccia tutti. E tutti gli vogliono bene. Song’ E Napule, il suo covo azzurro posizionato lungo la linea di confine tra Greenwich e SoHo, è divenuto nel tempo un punto di riferimento per gli italiani, per le persone del quartiere, ma anche per i turisti di mezzo mondo. E, soprattutto, è ad un passo dall’ampliare e di parecchio i suoi orizzonti. È pronto, insomma, per diventare grande. Proprio come lo scugnizzo.
 

«Da Fuorigrotta a New York, con tante e tante fermate nel mezzo. Un mucchio di cose in pochissimi anni. Come comincia questo viaggio? Dove finisce?»
«Comincia molto tempo fa. E no, non finisce. Devo tutto alle mie radici, umili, ma solide. Dalla famiglia agli amici, che poi sempre famiglia sono. Devo tutto a Napoli, fonte di sentimento, di orgoglio, di ispirazione, di energia, di forza. Una città in grado di rimanerti dentro, ovunque, per sempre. Davvero come nessun’altra. Ecco, Napoli è il mio passato, ma al tempo stesso è una sorta di faro sul mio futuro. Mi sto allontanando nella geografia, ma mai nel cuore. E un giorno tornerò, tornerò a casa mia».

«Allontando? Perché? Che altro c’è oltre New York?»
«Ci sono talmente tanti progetti in ballo che quasi faccio fatica a fare ordine. Ci sono di mezzo nuovi nomi e un team assai più vasto. Il “contenitore” si chiama Napoletana Hospitality Group: un gruppo, appunto, che vuole essere espressione dell’arte culinaria napoletana. Il fondatore è il giovanissimo Raffaele Tramma, 29 anni. E poi c’è il partner e mio grande amico Ciro Adamo nel ruolo di brand ambassador. Io vesto i panni di quello che loro chiamano master pizzaiolo. Ma ci pensi, io? Nu guaglion’ di Fuorigrotta?», si lascia andare proprio così, al suono meraviglioso di un dialetto che sa tanto di nostalgia della sua terra. E sorride quasi incredulo.

«E cosa farà questa hospitality? Dove e come si muoverà?»
«Premessa fondamentale: da Song’ E Napule non esistono clienti. Soltanto amici che condividono la passione per tutto ciò che è Napoli. E questa stessa filosofia verrà abbracciata da altri due marchi che sono Gold of Naples e Da Mammà. Il primo, “l’oro di Napoli”, è un fast food di cose veloci e da asporto. Il secondo è invece la classica pizzeria-friggitoria napoletana. E insomma, si parte da Miami, in Florida. In arrivo un Song’ E Napule e un Gold of Naples per metà luglio. La zona è quella di Wynwood, il quartiere degli artisti. Una scena vivace, coloratissima e ci auguriamo di enorme successo. Poi tra virgolette “si torna” a New York, dove aprono un altro Gold of Naples e, soprattutto quello che sarà il terzo Song’ E Napule. Peraltro proprio fianco a fianco, nel cuore pulsante di Hell’s Kitchen. Stanno succedendo una marea di cose e l’America è il posto giusto per sognare in grande». Fa una pausa, gli brillano gli occhi. Poi riprende. «Non solo America, però. Perché Da Mammà ci riavvicina un po’ all’Europa e sbarca a Barcellona a metà agosto».

«Più emozionato o più spaventato? Non pensi che esista il rischio che troppo business possa fare bene alle tue casse, ma al tempo stesso rischi di danneggiare l’autenticità tua e dei tuoi locali?»
«È un’osservazione giusta, ci ho pensato a lungo anch’io e ad essere sincero non ci ho dormito la notte. Ma finché resto nelle mie quattro mura piccole piccole, certe cose non le posso e non si possono fare. Penso a classi, eventi, appuntamenti a metà tra cucina e cultura. Penso a progetti di beneficienza, alla possibilità di accogliere personalità importanti che a loro volta possano fare il bene di Napoli. È tempo di crescere, è giunto il momento di diventare grande».

Il timbro della voce pare diverso e il suo sguardo si fa di colpo più maturo. Sguardo che resterà per sempre, però, quello di un sognatore di Fuorigrotta. Quello di uno scugnizzo che ce l’ha fatta.



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