Napoli, la rivolta degli intellettuali: «No al villaggio degli atleti, devasterà la Mostra d'Oltremare»

Napoli, la rivolta degli intellettuali: «No al villaggio degli atleti, devasterà la Mostra d'Oltremare»
di Maria Chiara Aulisio
Mercoledì 23 Maggio 2018, 10:28
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Una lettera inviata al presidente della Repubblica, a quelli di Camera e Senato e al ministro per i Beni e le attività culturali. In calce le firma di Francesco Casavola, Gianfranco Amendola, Piero Craveri, Alessandro Dal Piaz, Aldo De Chiara, Luigi De Falco, Francesco De Notaris, Raffaella Di Leo, Guido Donatone, Marta Herling, Carlo Iannello, Luigi Labruna, Sergio Marotta, Aldo Masullo, Gerardo Mazziotti, Tomaso Montanari, Giulio Pane, Edo Ronchi, Italia Nostra (sezione di Napoli), Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia e Comitato Centro Storico Unesco. Una lettera per denunciare che «la Mostra d'Oltremare, sito vincolato per opera del compianto architetto Mario De Cunzo - in quanto esempio unico di sintesi tra patrimonio arboreo, artistico, storico, architettonico e archeologico - è in pericolo». Il rischio starebbe nella possibilità che in quell'area venga installato il villaggio delle Universiadi. L'ipotesi più plausibile (e anche molto concreta) sarebbe quella di montare decine di unità abitative all'interno della Mostra per accogliere oltre settemila giovani sportivi. Delle vere e proprie casette in grado di ospitare due atleti ciascuna e che, vista la posizione centrale della fiera, potrebbero essere molto utili per risolvere anche i problemi di mobilità degli atleti. A due passi dal San Paolo o dalla Scandone e vicina alla tangenziale, la Mostra potrebbe essere la soluzione migliore. Costo dell'operazione: 40 milioni di euro per costruire un totale di circa 2.500 unità abitative. Da qui la rivolta degli intellettuali che hanno deciso di mettere nero su bianco le loro ragioni: «È sconcertante - scrivono - che non si comprenda come occupare con 2500 case prefabbricate il parco urbano della Mostra pregiudicherebbe in modo irreparabile il suo patrimonio culturale e ambientale (parco ed architetture rappresentano infatti un'unità inscindibile, così come i giardini e la Reggia di Capodimonte), fra i più importanti esempi di architettura italiana del Novecento».
 
Ma c'è dell'altro. La proposta - secondo i firmatari - non solo contrasterebbe «con la tutela del bene culturale e con le destinazioni previste dal Piano Regolatore, ma anche con il più elementare buon senso, perché ne impedirebbe per anni la fruizione collettiva privando una città in grave deficit di attrezzature pubbliche di uno dei rari spazi destinati a verde con grave danno, inoltre, per le stesse attività istituzionali della Mostra». Poi l'esempio: «A nessun cittadino di New York verrebbe in mente di destinare lo spettacolare Central Park a un uso diverso da quello della quotidiana fruizione della collettività per cui è stato ideato». Quindi l'appello «alle istituzioni locali e agli organi commissariali, alle più alte cariche dello Stato e al ministro perché intervengano per scongiurare un gravissimo attentato, dalle conseguenze irreversibili, contro un bene culturale di inestimabile valore, appartenente all'intera umanità».

Gli intellettuali napoletani non sono gli unici a protestare contro il villaggio Universiadi nella Mostra d'Oltremare. L'avvocato Gaetano Brancaccio, per nome e per conto delle oltre cento associazioni che aderiscono alla rete Insieme per Napoli, ha scritto invece una lettera aperta al soprintendente Luciano Garella per denunciare la grande preoccupazione della rete rispetto a un progetto che definisce «folle» in grado di provocare la rovina della Mostra d'Oltremare che verrebbe inevitabilmente «devastata nel suo già precario equilibrio, architettonico, archeologico e faunistico».

«Non sfugge a nessun cittadino, - si legge nella lettera aperta di Brancaccio - l'impatto di una tale abnorme struttura all'interno della Mostra, le conseguenze dell'enorme numero di atleti delegazioni e macchina organizzativa da ospitare per varie settimane, le necessità di quella che diverrebbe una piccola città da costruire: le case, le cucine, le mense, i necessari servizi, elettrici, idrici, fognari, distruggerebbero e altererebbero la Mostra d'Oltremare che a lei e al suo ufficio spetta di tutelare». Nella stessa lettera si ricorda inoltre la storia della Mostra d'Oltremare «chiusa più volte per l'uso improprio delle sue strutture» insieme con il «lungo e inesorabile processo di spoliazione e decadimento, caratterizzato dall'uso parziale e improprio dell'area, dall'incuria delle zone a verde e, in particolare, dai danni provocati dall'occupazione dei suoli su cui vennero arbitrariamente insediati gli sfollati del terremoto del 1980».

Una operazione - si legge ancora - messa a segno «senza alcun rispetto per l'opera, all'insegna di una diffusa condizione di degrado». Ragione per cui le associazioni «consigliano al ministero e alla soprintendenza che ne hanno in carico la complessa tutela, una grande attenzione e prudenza». Infine, lo sdegno: «In un periodo in cui il patrimonio culturale del nostro paese sta letteralmente cadendo a pezzi, - conclude Brancaccio - constatare che si sprechino decine e decine di milioni di euro per rovinare l'ente fieristico in un progetto che può essere localizzato facilmente altrove, ci indigna».
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