Festa a Vico promossa dallo chef Gennaro Esposito, appuntamento dal 3 al 5 giugno

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di Antonino Siniscalchi
Lunedì 14 Maggio 2018, 22:59
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VICO EQUENSE - Dietro l'angolo la 16esima edizione di Festa a Vico. La kermesse culinaria voluta dallo chef stellato Gennaro Esposito è diventata negli anni un appuntamento fisso, oltre che imperdibile, degli amanti della buona tavola da intendersi in questo caso non solo come alta cucina e produzione d’eccellenza ma anche a sfondo benefico. Festa a Vico 2018 conferma la sua anima charity, andando a sostenere 6 progetti.

Come sempre ricchissimo il programma di Festa a Vico, che inaugurerà quest’anno domenica 3 giugno con la Repubblica del Cibo. Chef provenienti da tutta Italia realizzano i loro piatti all'interno e all'esterno delle botteghe del paese animando strade, giardini e palazzi del centro cittadino. Sempre domenica alla Pizza a Metro “I professori all’Università”. Circa 50 chef stellati, divisi in brigate, cucinano le loro prelibatezze per quasi 300 ospiti per festeggiare il mezzo secolo dello storico locale vicano. Lunedì 4 giugno sarà il momento della Cena di beneficenza alla Pizza a Metro riservata a 200 commensali che avranno l’onore di intraprendere un percorso gustativo senza precedenti studiato da oltre 20 chef stellati. Martedì 5 giugno, infine, una serata ospitata nello splendido scenario della Marina di Seiano, in cui deliziarsi con lo street food da parte di alcuni tra gli chef più intraprendenti del nostro panorama in una location mozzafiato come quella della Marina.

Manima è il tema che farà da fil rouge a questa edizione di Festa a Vico 2018. «L’abbiamo raccontata in mille modi - spiega Gennaro Esposito -. Abbiamo messo assieme i cuochi e i contadini del vino francese. Abbiamo dipinto la nostra costa e il mare con i colori più vivaci. Ci siamo indignati e ribellati quando l’immagine della nostra regione è stata soltanto rifiuti nelle strade della città e discariche tossiche, come se tutto il resto non esistesse e non meritasse valore di testimonianza. Abbiamo convinto chef famosi a cucinare i piatti dei loro territori e anche quelli della loro memoria di famiglia. Abbiamo visto file di persone davanti ad una scodella di passatelli in brodo o ad una pappa al pomodoro. Abbiamo chiamato allevatori notissimi a cuocere sulla sabbia il loro maialino o le bianchissime uova di galline nutrite a latte di capra. Ci siamo commossi quando l’illustre professore del più grande ospedale pediatrico del sud ci ha descritto le attrezzature comprate con i soldi della beneficenza per salvare le vite di minuscole creature.

Per un giorno all’anno abbiamo cambiato la faccia di Vico Equense, riempita di profumi e sapori in ogni angolo e di migliaia di persone disposte a mangiare piatti non sempre conosciuti. Ci siamo anche divertiti tanto, come quando abbiamo sentito un cuoco altoatesino, che masticava maluccio l’italiano, cantare a squarciagola “O Sole Mio”, e la voce era anche bella, oppure quando una nostra amica matrona di una fantastica trattoria a pochi chilometri a sud di Roma ha avuto bisogno di tre giovanotti per scavalcare un cancello. E mentre noi raccontavamo la Festa, il nostro mondo cambiava, noi cambiavamo, il nostro lavoro si modificava, come, peraltro, aveva profetizzato dieci anni fa un monumentale nostro amico che si augurava un sistema Italia che rilanciasse in ogni angolo della terra i nostri prodotti e la nostra identità. E allora oggi molti di noi sono a Parigi, Londra, New York, Ibiza, Hong Kong, Mosca, Dubai, Shangai, a testimoniare la crescita della cucina italiana. Quest’anno, però, vogliamo girare la testa indietro, guardare dove tutto è cominciato, parlare di campi, di pascoli, di erbe, di agli, di cipolle, di ortaggi, di formaggi, di salumi, insomma di tutti quei prodotti nascosti o dimenticati, che portano sulle nostre tavole anche l’anima di chi li ha fatti nascere e crescere. Manima appunto. Spirito e materia, come siamo fatti tutti noi. Il programma l’avete letto o lo leggerete e quindi, per una volta, scegliete non dove vi porterà il cuore, ma la pancia».
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