Francesco a Loppiano abbraccia i monaci buddisti, ma nel 2014 rifiutò udienza al Dalai lama

Francesco a Loppiano abbraccia i monaci buddisti, ma nel 2014 rifiutò udienza al Dalai lama
di Franca Giansoldati
Giovedì 10 Maggio 2018, 13:17
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Loppiano (Firenze) - Papa Francesco prima di riprendere l'elicottero e ritornare a Roma dopo la visita in Toscana alle comunità di Nomadelfia e Loppiano, ha salutato un gruppo di monaci buddisti. Ha stretto loro le mani, fatto grandi sorrisi, in un clima di festa al termine dell'incontro con i focolarini al centro Mariapoli. L'immagine del Papa con i monaci buddisti, probabilmente provenienti da Pomaia, a qualche decina di chilometri da Loppiano, uno dei centri buddisti più importanti d'Europa, fa affiorare alla mente lo sgarbo che Francesco fece al Dalai Lama, il leader tibetano in esilio, per non averlo voluto incontrare quattro anni fa quando venne a Roma per un incontro con diversi Premi Nobel.

Il Papa in quella occasione ha inviato a tutti un messaggio, facendo anche sapere che nutre sentimenti di «stima» nei confronti del leader buddhista tibetano, ma che rifiutava qualsiasi udienza. Né per lui né per gli altri premi Nobel. Papa Wojtyla, invece, il Dalai Lama lo aveva incontrato ugualmente nonostante l'udienza rischiasse di trasformarsi in una ulteriore tempesta con la Cina. Quattro anni fa, quando fu chiesto al Dalai Lama il motivo della mancata udienza con Francesco, spiegò ai giornalisti che si sarebbero creati degli inconvenienti. Faceva, ovviamente, riferimento ai contraccolpi nelle relazioni tra la Santa Sede e il governo di Pechino in un momento in cui Bergoglio iniziava a tessere rapporti con la Cina per avere maggiori aperture e trovare una composizione al nodo delle nomine episcopali.

Il Dalai Lama vive in esilio dal 1959, quando la rivolta fu soffocata nel sangue dalle forze armate cinesi, costando la vita a 65.000 persone. Tenzin Gyatso, 14esimo Dalai Lama, è il capo temporale e spirituale del popolo tibetano in esilio in India dove si è stabilita anche la sua delegazione. Tenzin Gyatso ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1989 per la resistenza pacifica contro la Cina.

Nel 1963 ha promulgato la Costituzione democratica per un futuro Tibet libero. Da allora ha intrapreso 46 viaggi diplomatici per parlare del problema con capi di Stato e leader del mondo, tra cui anche Giovanni Paolo II. Ha redatto il Piano di Pace per il Tibet e dopo dieci anni di assenza di contatto tra Cina e Governo in Esilio, tra il 2002 e il 2003 due delegazioni di Lhasa hanno visitato Cina e Tibet.

Per la Cina il Tibet continua ad essere una spina nel fianco. Qualsiasi riferimento al Dalai Lama – che è considerato un pericoloso separatista – solleva forti reazioni a Pechino. Qualche mese fa la Mercedes ha dovuto chiedere formalmente scusa alle autorità cinesi per avere utilizzato in uno spot pubblicitario una frase del Dalai Lama. Tanto è bastato. Il Tibet, occupato negli anni Cinquanta, resta una regione cruciale e strategica per via della più grande riserva idrica del mondo sotto forma di ghiacciai. 
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