L'impero dei Casalesi: Inquieto
e il rebus estradizione dalla Romania

L'impero dei Casalesi: Inquieto e il rebus estradizione dalla Romania
di Mary Liguori
Sabato 14 Aprile 2018, 09:48
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«'O chiattone». A guardarlo, oggi, anche il solo riconoscimento attraverso la stazza indicata dal soprannome col quale di lui parlava Carmine Zagaria, fratello del boss Michele, sarebbe impossibile. Perché Nicola Inquieto, nelle immagini dell'operazione «Transilvania» arrivate dalla Romania, è in forma smagliante. È dimagrito, e tanto, da quando ha sposato la terza moglie, rumena come le prime due, bruna e bellissima, e soprattutto appena 25enne, è anche ringiovanito. Del presunto alter ego del boss Michele Zagaria parlano più pentiti. Lo chiamano, per l'appunto, «'O chiattone», perché fino a qualche anno fa pesava più di cento chili, E lo descrivono come uno che, appena fu sfiorato dalle attenzioni delle forze dell'ordine, il boss «mandò in Romania». Con lo scopo di tenerlo lontano dalle indagini. Gli Inquieto - Vincenzo, Nicola e Giuseppe - dicono i pentiti Massimiliano Caterino, Generoso Restina e Michele Barone, «dovevano rimanere puliti» perché da un lato nascondevano il capo dei capi, occupandosi dei bunker in cui si è nascosto per quasi diciassette anni, dall'altro occultavano il suo patrimonio all'estero, quello che, in parte, la Dia ha sequestrato due giorni fa a Pitesti.

E Nicola Inquieto, per ora, resta proprio nella cittadina rumena. Subito dopo l'arresto, la Procura della Dda di Napoli ha iniziato a formalizzare le pratiche necessarie per l'estradizione. Ma potrebbero volerci delle settimane. Al momento, l'unico interrogatorio fissato è infatti quello di suo fratello, Giuseppe, che verrà sentito dal gip Federica Colucci lunedì mattina.

Nicola Inquieto per ora resta in Romania. La corte dovrà pronunciarsi sulla istanza che la Procura della Dda di Napoli sta confezionando in questi giorni. Potrebbero esserci motivi ostativi, le pratiche di questo tipo non hanno quasi mai un esito scontato, nonostante i trattati esistenti tra i Paesi dell'Unione Europea persistono dei nodi che Strasburgo non è ancora riuscita a sciogliere. D'altronde, i Paesi dell'Est fanno parte di quelli che David Ellero, ufficiale dei carabinieri responsabile degli investigatori dell'Europol che si occupano di contrasto alle organizzazioni criminali, definisce «buchi neri» dove ci sono difficoltà oggettive a ricostruire il modo in cui operano le mafie italiane, anche se «sicuramente ci sono investimenti».

E a Pitesti, secondo quanto emerso dall'operazione «Transilvania», c'è l'investimento di Zagaria. Che è stato un boss imprenditore in Italia. E che ora sarebbe un ergastolano al 41bis con proiezioni imprenditoriali in Romania, attraverso i fratelli Inquieto.

 
Il riciclaggio messo in atto dalle mafie, che inquina l'economia legale, è uno dei pericoli che l'Europol ha affrontato in questi anni, tuttavia non hanno avuto seguito i tentativi di ottenere l'estensione del reato di associazione mafiosa, finora previsto solo in Italia con l'articolo 416 bis del codice penale, e la possibilità di confiscare beni alla criminalità organizzata anche in assenza di una condanna definitiva. Sia l'Eurojust ed Europol hanno preso parte alle operazioni della Dia di Napoli che hanno portato al sequestro dell'impero di Nicola Inquieto a Pitesti e al suo arresto. E le autorità rumene hanno collaborato al blitz, ora resta da sciogliere il nodo dell'estradizione che, come detto, potrebbe richiedere anche alcune settimane, forse un mese. Al momento non si ha notizia di sviluppi immediati, tuttavia in Italia si lavora per obiettivi e lungo termine. Se quello individuato a Pitesti risulterà anche dai successivi passaggi giudiziari «il patrimonio occulto» di Michele Zagaria, il procedimento per ottenerne la confisca potrebbe rivelarsi quantomeno ostico.
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