Francesca Spada, il romanzo nel cassetto per 50 anni

Francesca Spada, il romanzo nel cassetto per 50 anni
di Massimo Novelli
Mercoledì 11 Aprile 2018, 10:15
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Per oltre mezzo secolo è rimasto dimenticato in uno scatolone di vecchie carte, tenuto in vita solo dai ricordi di Ermanno Rea, che ne aveva parlato in “Mistero napoletano”. Era il romanzo scomparso di Francesca Nobili, nota nella Napoli degli anni Cinquanta con lo pseudonimo di Francesca Spada e protagonista del libro di Rea. Donna colta e bellissima, di grande talento e fascino, giornalista nella redazione napoletana de L’Unità all’Angiporto Galleria e moglie di un altro redattore, Renzo Lapiccirella, fu una comunista non ortodossa, vista perciò con sospetto dai dirigenti del Pci di allora. 

Francesca si tolse la vita il 31 marzo del 1961. Tre giorni prima, il 28 marzo, aveva finito di scrivere il romanzo.

Ritrovato nel dicembre del 2013 dalla figlia Viola Lapiccirella dopo la morte della seconda moglie del padre Renzo Lapiccirella (deceduto nel 1994), peraltro avvolto in una pagina de Il Mattino, adesso il testo di Francesca ha finito di essere un dattiloscritto perduto. E sul «mistero napoletano» della sua vita, sulla ferita aperta della morte, su cui indagò Rea, si fa ancora un po' di luce. Perché il romanzo, dopo la necessaria gestazione, viene pubblicato dall'editore torinese Silvio Zamorani. Uscirà tra qualche settimana, con il titolo Nell'acquario di Angiporto Galleria. Ad aiutare il lettore concorrono le introduzioni dello stesso Zamorani e di Viola Lapiccirella, che ha curato la trascrizione dell'originale, così come alcune lettere che Rea, dopo avere preso visione del romanzo, aveva inviato alla figlia di Francesca.

Il titolo, Nell'acquario di Angiporto Galleria, riassume bene e simbolizza la storia autobiografica che Francesca Nobili Spada, nata nel 1916, cominciò a scrivere nel 1957. Lì, in quel classico luogo della città di Napoli, c'era infatti la sede de L'Unità; e lì convogliarono, tra incontri e scontri, speranze e disincanti, amori e disamori, un gruppo di giovani intellettuali e militanti comunisti nel tempo della guerra fredda. Giovani come Francesca, come il marito Renzo, come Rea, Gerardo Marotta, Guido Piegari; uomini e donne, insomma, che volevano generosamente cambiare il mondo, ma che furono spesso costretti dai casi della vita, e soprattutto dai burocrati del Pci stalinista, a sacrificare i sogni alla ragione di Stato del Partito e di Mosca. Furono sacrifici che ebbero qualche tragico epilogo: la morte di Francesca, quella del matematico Renato Caciopppoli, che si uccise nel 1959. Nel romanzo, la Nobili Spada raccontò se stessa, gli amici e i nemici, tutta gente vera, reale, comunque, e riconoscibile: dagli eretici come loro a Giorgo Amendola, Giorgio Napolitano, Salvatore Cacciapuoti, Maurizio Valenzi. Lo fece però «dopo avere mescolato i frammenti», come aveva detto a Rea, di se stessa e degli altri. Uno dei personaggi del romanzo, a un certo punto, si suicida. Ma è una morte che sembra davvero preannunciare quella dell'autrice. «Fu allora», scrive Francesca nelle pagine conclusive, «che Giovanni si uccise. La notizia ci colse dopo una giornata incerta trascorsa fra movimenti irreali, e apparve subito a ognuno di noi come la logica conclusione d'un discorso che ben conoscevamo. Giovanni pagava la sua scommessa perduta. Non pensammo nemmeno ad andare nella sua casa a visitare il suo cadavere che ormai apparteneva ai suoi familiari. Ma il nostro amico era forse attorno a noi, e qui lo cercavamo nell'aria della notte vuota, sapendo che quel Nulla era la radice disperatamente cercata negli anni del nostro vagabondare intellettuale».
 
In quel «Nulla», nell'Acquario di Angiporto Galleria, ricorda Viola Lapiccirella nell'introduzione, scrive, vive, ama e lotta una donna: sua madre.«Dunque una donna», afferma Vola, «testimone/protagonista (talvolta i due ruoli coincidono) del secondo dopoguerra napoletano visto e vissuto dai comunisti di allora, si muove, si interroga, si incontra e si scontra con altri compagni (di fede e malafede), in una sorta di acquario tutti osservano e sono osservati, senza mai sapere a quale categoria si appartenga».

Quegli incontri, quegli scontri, avvengono quasi sempre in un'atmosfera pesante, dove il Partito, la Politica, la Fedeltà alla Linea di Togliatti e di Stalin, e quindi dei successori del «Piccolo Padre», schiacciano le persone, le soffocano in tanti piccoli incubi da Cortina di Ferro in versione italiana e napoletana. Narra Francesca in un passo del libro: «F, una specie di segretario di P, la pregava di scendere un momento dovendo chiederle un'indicazione su una certa persona che egli sapeva in rapporto con lei. (...) Mentre camminavano, F le chiedeva se costui incontrava spesso Massimo, se si vedevano mai a casa sua, se lo conosceva anche Piero, e chi altro. Le domande, in se stesse banali, erano fatte con un tono così volutamente indifferente, che il carattere poliziesco dell'inchiesta risultava evidente, Laura si sentiva imbarazzata, turbata, e si confondeva nelle risposte, dando al suo interlocutore la certezza della sua malafede».

Proposto alla Feltrinelli da Rea nel 2014, il romanzo perduto e ritrovato di Francesca, testimonianza umanissima di un brandello di storia italiana, fu rifiutato. Scrisse Rea a Viola Lapiccirella: «Carissima Viola, ti prego innanzitutto di scusarmi per il prolungato silenzio: ho atteso pazientemente dalla Feltrinelli un parere sul libro di Francesca evitando, finché è stato possibile, di sollecitarlo. Alla fine mi hanno detto che, se la situazione economica non fosse stata quella che è, l'avrebbero pubblicato, magari sottoponendolo a qualche intervento redazionale, ma con la crisi in corso preferivano non farne niente». Poi è arrivato Zamorani.
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