90° Minuto, l'epopea scomparsa del calcio in tv

90° Minuto, l'epopea scomparsa del calcio in tv
di Piero Mei
Martedì 13 Marzo 2018, 09:35 - Ultimo agg. 09:51
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Il più grande spettacolo del weekend si svolge già altrove. E arriva, a tempo e reti scadute, il rigore. Erano lì, tanto tempo fa, ancora in bianco e nero, gli amici della domenica: ti rimbombava sempre in testa «scusa Ciotti» e «scusa Ameri» detti al transistor, ed eccoli, negli Anni Settanta (la prima trasmissione fu proprio nel 1970, dopo l'Italia-Germania 4-3 che non ci fece dormire e ricucì insieme il bianco, il rosso e il verde) i volti e le voci che ce ne facevano sognare di tutti i colori, esaltandoci o deprimendoci per il resto della serata. Tonino Carino da Ascoli, l'Ascoli di Costantino Rozzi! Strippoli da Bari o da Lecce, con quel riporto antelitteram, che non sapeva che avrebbe fatto scuola, e che scuola.

Le cravatte corte di Castellotti, Luigi Necco che negli stadi della Campania (ora Napoli, ora Avellino) era capace di fare prosa e poesia e di tenere a bada quei Paolini da stadio che non vedevano l'ora di farsi vedere, giacché fin da allora la televisione ha avuto questa stregoneria dell'apparire per la quale oggi si farebbe, e si fa, di tutto, perfino un omicidio. Era un altro calcio, certo, perché era un altro mondo: le partite cominciavano e finivano tutte insieme, e quindi il Novantesimo minuto veniva fischiato in contemporanea su tutti i campi della serie A.

Le immagini per la trasmissione cult che fu inventata da Maurizio Barendson e Paolo Valenti venivano immortalate su pellicola e alla fine del primo tempo venivano portate nel modo più celere alla sede Rai più vicina, lavorate e poi mandate in onda da quelle sedi regionali dove s'annidava il federalismo telecronistico e tifoso.

Ma l'ironia di Beppe Viola e la sua cultura, che splendori che erano, le sue battute che sembrava una sera al Derby, il cabaret di Milano dove crescevano i cervelli della satira intelligente, mai becera.E, più tardi Giorgio Tosatti che ci spiegava. Fu anche, Novantesimo minuto, il primo a utilizzare l'Rvm, la registrazione elettronica. Erano quelle le prime immagini che si lasciavano vedere del calcio della domenica, sempre condotte da qualcuno che di pallone si intendeva, sempre commentate con una qualche inflessione dialettale che ti svelava subito il mistero del tifo. Ah, Giogio Bubba, Marcello Giannini! Attualmente il Novantesimo minuto, come il primo, non sai quando è, perché può essere di venerdì o di lunedì sera, coprendo tutto l'arco delle ore.

E i venti milioni di ascoltatori che ai tempi d'oro raggiungeva Novantesimo minuto quando era il primo a dare le immagini dell'italica e generalizzata passione sono soltanto una curiosità statistica. Tra paytv e pai-per-view, on demand e hd, digitale e analogico, voce soft e voce tifosa, tecnici che commentano e commentatori che tecnicano, il Novantesimo minuto è sparito dall'orologio del calcio e sta per sparire dal palinsesto. Che ti può raccontare più delle immagini dagli spogliatoi del prepartita, dal dentro la partita condito di banale intervista nell'intervallo? Il pullman regia è da qualche parte, le telecamere sono dappertutto e raccontano il particolare, perfino il sussurro in diretta. Hanno svuotato gli stadi, svuotano anche l'auditel del dopo. E l'ultimo Novantesimo minuto lo sta per fischiare il signor Tagli, di Bilancio. Sarà il rigore: ma c'è sempre un cucchiaio.

(Articolo del 29 novembre 2011)
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