Negli scatti di Irlanda gli invisibili
Da Kikana la mostra «Compresenze»

Negli scatti di Irlanda gli invisibili Da Kikana la mostra «Compresenze»
di Rossella Grasso
Mercoledì 14 Febbraio 2018, 16:50
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Se non sono al centro di polemiche o di fatti di cronaca i migranti sono invisibili. Rischiano di essere fantasmi che popolano le nostre città ma di cui si sa poco o nulla, confinati ai margini, coperti dal velo dell'oblio. È così che li ritrae Gianfranco Irlanda nella sua mostra fotografica dal titolo «Compresenze», visitabile dal 15 al 28 Febbrario da Kikana, il ristorante multietnico a Napoli in via del Parco Margherita 12. La location non è casuale. Kikana è infatti il primo ristorante nato dall'idea imprenditoriale e dalla passione per la cucina di un gruppo di migranti che hanno messo su una startup. In cucina c'è Bouyagui Konate’, del Mali e al suo fianco persone provenienti dalle parti più disparate del mondo, tutti rifugiati e richiedenti asilo. Kikana è un luogo dove si possono conoscere tante culture attraverso il cibo e la gentilezza dello staff. In questo contesto Iralanda espone le sue opere, racconta una storia che è già in parte la storia di Kikana e dei suoi ideatori.
 
 


«Nonostante conosca altri aspetti dell'immigrazione - dice Gianfranco Irlanda -  e i lavori fotografici originari, a cui gli scatti in mostra si ispirano, in qualche modo richiamino questa mia esperienza, un'esperienza positiva di integrazione e di coesistenza, cercavo di mostrare come agli occhi dei più questo fenomeno sia percepito come etereo e appartenente a un mondo altro, a una dimensione diversa da sé. Immagini di individui e di luoghi, quindi. Un connubio banale che si tinge di inquietudine nel momento in cui le due presenze si sovrappongono senza appartenersi. Così come spesso accade per le persone, in un contesto con cui si interfacciano senza riuscire a penetrarvi, un continuo sfuggirsi e sfiorarsi che spesso non sfocia in altro che un'impressione fugace, erronea, distorta».

Gli scatti risalgono a qualche anno fa, quando il fotografo ha collaborato a un progetto di integrazione con l'associazione LESS Onlus, che offre servizi ai migranti a Napoli. Il risultato della produzione sono stati stati questi scatti che cercano di sensibilizzare chi le osserva sul delicato tema dell'emarginazione dei migranti attraverso una particolare tecnica fotografica che sovrappone persone e luoghi, trasparenze e chiaroscuri. «L'immigrazione non vista, non compresa - dice il fotografo - Intuita, magari. Molte, troppe volte rimossa. Relegata alla bassa manovalanza in quelle campagne una volta estremamente floride che oramai foraggiano situazioni di illegalità e di sfruttamento, un continuo tritacarne da cui è difficile salvarsi. La genesi delle immagini in mostra ha seguito questo percorso, riproponendo un discorso analogo: due dimensioni tecniche e due mezzi che solo attraverso dei compromessi riescono a dialogare. La pellicola tradizionale e lo scatto puramente digitale, forzati insieme dal montaggio eseguito seguendo stilemi della fotografia del secolo scorso - avevo in mente la foto più famosa di Wanda Wulz, in cui due negativi distinti si fondono grazie alla stampa». La presenza umana è vista come un di più, in un paesaggio urbano spettrale, una successione di fantasmi che hanno più corpo della realtà che li attraversa senza sfiorarli.
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