Maggioranza, il Sud è cruciale:
la sfida è M5S-centrodestra

Maggioranza, il Sud è cruciale: la sfida è M5S-centrodestra
di Paolo Mainiero
Mercoledì 14 Febbraio 2018, 11:14 - Ultimo agg. 15 Febbraio, 10:37
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Matteo Salvini si è azzardato in un pronostico impegnativo. «Il nostro obiettivo è di raggiungere al Sud il 10 per cento», ripete il leader della Lega che oggi sarà a Palermo, prima tappa di un tour nell'isola. Non è un caso che Salvini abbia deciso di scendere fin giù in Sicilia: da un lato, dopo aver tolto l'ingombrante Nord dal simbolo, deve dimostrare che il Carroccio ha davvero cambiato pelle e politica nei confronti del Mezzogiorno; dall'altro sa che la vittoria del centrodestra passa dal Sud. In particolare da Sicilia e Campania, che da sole eleggono 166 parlamentari. Queste regioni, le più popolose, assegnano anche il maggior numero di seggi con i collegi uninominali: 28 in Sicilia e 33 in Campania.

È evidente, dunque, come ormai tutti gli osservatori rivelano, che le elezioni del 4 marzo si giocano nel Mezzogiorno. Se è vero, come i sondaggi rivelano, che il centrodestra è nettamente in vantaggio, ebbene, uno schiacciante successo della coalizione nel Sud potrebbe regalare a Berlusconi, Salvini e Meloni la maggioranza assoluta. Non è scontato, non è facile, non è semplice. Ma se Salvini da oggi è in Sicilia è per provare ad afferrare la mela. Sud crocevia, quindi, Sud decisivo. Certo, l'epoca di quando il centrodestra faceva cappotto in Sicilia conquistando (nel 2011) sessantuno collegi su sessantuno è lontanissima e irripetibile: a distanza di diciassette anni, il quadro è diverso non tanto perché il centrodestra abbia perso la forza di allora, quanto per la irruzione del M5s che ha reso tripolare il sistema politico.

I cinque stelle hanno la loro roccaforte al Sud, dove intercettano il voto di protesta. Un Sud che, rispetto al passato, non vota più a scatola chiusa il partito di governo ma differenzia il proprio consenso. I sondaggi accreditano al movimento percentuali importanti: il 34-36 in Sardegna; il 30-32 in Puglia; il 3335 in Sicilia; il 32-34 in Campania. Insomma, sono i grillini l'avversario del centrodestra, a discapito di un centrosinistra che arranca e che nel Mezzogiorno è al di sotto della media nazionale. Si profila quindi nei collegi una sfida a due tra cinque stelle e centrodestra con il paradosso che il Pd debba ritrovarsi a tifare il M5s per evitare che la coalizione Fi-Lega-Fdi, destinata a stravincere al Nord, si prenda anche il Sud e si porti a casa la maggioranza assoluta. Nei collegi il testa a testa è serrato e nella gran parte il centrosinistra è solo la terza forza. A pesare, a spostare gli equilibri, sarà l'ampia fetta di indecisi, una percentuale che, ha ricordato Antonio Noto, direttore di Ipr-Marketing, a ilSussidiario.net, al Sud oscilla intorno al 32-33%, una percentuale più alta rispetto al Nord, dove i valori si attestano sul 27-28%. «Dal momento che i sondaggi rilevano solo le scelte chi ha già deciso, alla fine il peso degli indecisi sarà determinante e potrebbe sovvertire alcune previsioni», sottolinea Noto.

Ecco il motivo per cui Salvini scende in Sicilia, dove Di Maio è stato la scorsa settimana e dove i collegi sono ritenuti tutti contendibili. E lo stesso vale per la Campania dove la sfida è aperta e dove il centrodestra deve vedersela con la forte presenza dei cinque stelle. Le incognite, attendibilità dei sondaggi a parte, sono varie. Una di queste si annida nel sistema elettorale. Il Rosatellum non prevede il voto disgiunto per cui gli elettori che votano un candidato dei collegi votano automaticamente anche la lista collegata. E viceversa. Cosa succederà? Inciderà e quanto questa regola? A sentire il politologo Roberto D'Alimonte, si tratta di un punto chiave. «Questa domanda - ha spiegato al Sole 24Ore - riguarda soprattutto gli elettori del M5s al Sud». Secondo D'Alimonte, se i cinque stelle voteranno la lista indipendentemente dai candidati nell'uninominale potranno non solo incrementare i seggi nel proporzionale ma soprattutto vincere in molti collegi. «Se andrà così - ha osservato il professore - il centrodestra non arriverà alla maggioranza assoluta. Cosa che invece potrebbe succedere se gli elettori del M5s fossero attirati da candidati di altri partiti, facendo perdere al movimento sia seggi proporzionali, a causa dei mancati voti alla lista, che seggi uninominali». Il rischio, in sostanza, è che i candidati grillini nei collegi siano poco conosciuti, poco radicati e quindi perdenti nelle sfide a due. Da qui l'appello di Luigi Di Maio alla sua gente, l'altro giorno a Napoli: «Se ci portate al consenso che abbiamo raggiunto in Sicilia tre mesi fa, che è stato il 35% nelle peggiori condizioni politiche, noi saremo a pochi seggi dalla maggioranza assoluta».

 

In questo quadro il centrosinistra è tagliato fuori? I sondaggi direbbero di sì, ma ovviamente al Nazareno la pensano diversamente. Intanto perché Renzi e il Pd confidano in quel 30 per cento di elettori, tra i 12 e i 15 milioni, che sono ancora indecisi e che potrebbero modificare le previsioni. C'è poi la convinzione che nei collegi i nomi possano fare la differenza e invertire il trend. In questo senso rientrano i continui richiami al voto utile, con evidente riferimento a Liberi e uguali. Ma basterà per realizzare una storica remuntada?
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