Fondazione BancoNapoli: a marzo la resa dei conti

Fondazione BancoNapoli: a marzo la resa dei conti
di Nando Santonastaso
Mercoledì 7 Febbraio 2018, 10:40
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Sarà il prossimo consiglio generale, che dovrebbe essere convocato per fine mese, a ratificare la nomina del professore Francesco Fimmanò nell'organismo di indirizzo della Fondazione Banco di Napoli. L'atto appare scontato alla luce della decisione cautelare del tribunale civile di Napoli che ha accolto il ricorso dello stesso Fimmanò, disponendo la sospensione della delibera del 27 aprile 2017 con la quale la nomina era stata respinta per motivi di incompatibilità (conflitto di interesse) ritenuti, evidentemente, insussistenti. Il debutto del docente di Diritto commerciale all'università del Molise nel Consiglio dovrebbe avvenire nella seduta successiva, una delle ultime prima del rinnovo del cda della Fondazione presieduto dal professor Daniele Marrama previsto in primavera (la data dovrebbe cadere tra aprile e maggio).

Marrama non commenta la decisione del tribunale, si limita a dichiarare che «darà naturalmente seguito alla stessa». Ma l'intervento della magistratura chiude solo uno dei tanti capitoli che ormai da mesi hanno scandito anche sul piano giudiziario le vicende della Fondazione. A cominciare proprio dallo scontro Fimmanò-Marrama, tra esposti e querele di cui l'opinione pubblica è da tempo al corrente. «Mi auguro che questa volta non ci siano più ostacoli visto tra l'altro che la mia designazione da parte della giunta regionale della Campania, che non aveva e non ha alcun colore politico, risale al marzo del 2016», dice Fimmanò. Che si è visto però respingere dal tribunale la contestuale richiesta di decadenza dell'attuale presidente (una volontà del genere, si legge nell'ordinanza, può essere espressa solo dal Consiglio di indirizzo e a maggioranza qualificata).
 
Sul tappeto, in un clima di tensioni, restano infatti i nodi che hanno portato non solo allo scontro tra i due principali protagonisti di questa vicenda ma anche alle forti fibrillazioni di una parte dei consiglieri nei confronti dell'attuale leadership della Fondazione. «La mia vera battaglia di principio - dice Fimmanò resta quella di sempre, ovvero il risarcimento del danno inflitto alla Fondazione, la più antica nella storia non solo del Mezzogiorno ma di tutto il Paese, per la vicenda Sga-Banco di Napoli. Nel 1992 le furono sottratti risorse importanti per andare a coprire il buco di un altro istituto di credito, peraltro estraneo al territorio meridionale. Oggi abbiamo il dovere di batterci perché quei soldi vengano restituiti al Banco e alla Fondazione».

Ma è proprio sulla strategia da seguire per raggiungere l'obiettivo che si è innescato il primo fronte di polemiche e contrasti. Nel consiglio generale del marzo 2016 che congelò la ratifica di Fimmanò, la Fondazione votò infatti all'unanimità la richiesta di un indennizzo da parte del Tesoro, preso atto del forte utile realizzato dalla Sga nel recupero dei crediti incagliati del Banco d Napoli. Alla base di questa posizione l'esistenza di una norma, all'interno della legge che 23 anni prima aveva affossato il Banco di Napoli, in base alla quale ogni utile derivante dal recupero di quei crediti, detratta una parte delle iniziali perdite della Sga, sarebbe dovuto ritornare agli azionisti del Banco e quindi, in larga parte, alla Fondazione che di esso era il principale azionista. Norma, sottolineò Marrama, ancora in vigore.

La questione è tornata a galla in occasione del piano del governo con il quale attraverso il fondo Atlante si è varata l'operazione di salvataggio delle banche fallite del centro Italia e del Veneto: fu allora, come si ricorderà, che emersero gli ottimi risultati ottenuti dalla Sga e il loro utilizzo per il sostegno agli istituti falliti. Quei soldi, fu detto, dovevano rientrare invece alla base, ai legittimi proprietari (non solo il Banco di Napoli ma anche altri imprenditori soci di quella stagione). In realtà lo scontro tra risarcimento e indennizzo ha fatto schizzare soprattutto la temperatura all'interno (e all'esterno) del Consiglio di indirizzo della Fondazione ma di fatto non ha ancora prodotto alcun risultato concreto: i legali della Fondazione hanno ritenuto improcedibile la strada del risarcimento, in quanto sarebbero scaduti i termini per farlo valere nei confronti del Mef che, tra l'altro, contesta l'esistenza di un tesoretto da distribuire ai vecchi azionisti del Banco, ritenendo le spese sostenute per tenere in vita la Sga superiori a quelle recuperate dalla stessa società.

Di sicuro le somme in discussione, secondo alcune stime, rappresenterebbero più del doppio dell'attale bilancio della Fondazione, certificato al 31 dicembre 2016 in poco meno di 130 milioni, con una liquidità per erogazioni però ridotta a poco più di un milione di euro. Facile intuire insomma anche ai non addetti lavori che significato avrebbe per il futuro della Fondazione una ben più cospicua dotazione di risorse.

Ma, come detto, sono anche altre le tensioni di via dei Tribunali che avrebbero persino determinato alcune delle non poche dimissioni intervenute in questi mesi nel Consiglio. Non è un caso che nell'appuntamento di fine mese all'ordine del giorno sarà inserita anche la ratifica delle nomine dei rappresentanti di vari enti, dall'Università del Molise al Comune di Napoli, da Unioncamere Calabria all'Università di Bari che al momento sono scoperte. Ma che il tema di fondo sia la nuova governance della Fondazione è decisamente scontato (Ma a me non interessa fare il presidente dice Fimmanò mentre Marrama avrebbe già annunciato la decisione di ricandidarsi). Lo dimostra lo scontro sulla decisione della maggioranza di appoggiare il piano di Marrama per l'acquisizione di Banca regionale di sviluppo con un costo di circa 8milioni di euro: troppi, obietta il fronte contrario nel quale spicca l'amministrativista Orazio Abbamonte, preoccupato delle ripercussioni sulla tenuta patrimoniale della Fondazione. Nient'affatto, replica il fronte vicino a Marrama: e per dimostrare che l'operazione è andata a buon fine si citano i risultati dell'ultimo bilancio della banca, con le perdite azzerate e una gestione ben più competitiva del passato.

Nel frattempo, si attende l'esito dell'ispezione alla Fondazione disposta dall'ufficio di vigilanza sulle fondazioni bancarie del ministero dell'Economia, sollecitata da una serie di esposti dei consiglieri e anche sia pure indirettamente dalle vicende giudiziarie che hanno riguardato - ma per motivi solo in parte riconducibili alla Fondazione - i suoi vertici. Sarà un altro passaggio importante in una vicenda che qualcuno paragona ad una telenovela ma nella quale in realtà sembrano essere riassunti molti dei motivi più caratteristici delle lacerazioni del Mezzogiorno e della sua antica capitale.
 
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