Caramì: due sorelle, una linea di intimo e la lotta all’anoressia

Caramì: due sorelle, una linea di intimo e la lotta all’anoressia
di Luca Marfé
Lunedì 5 Febbraio 2018, 18:16 - Ultimo agg. 18:37
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Le difficoltà non sono altro che ostacoli da superare. Questo l’insegnamento di Carlotta e Camilla Castrucci, rispettivamente 23 e 20 anni. Due giovani sorelle fiorentine fondatrici di Caramì, un marchio di intimo tutto italiano. La loro, però, non è soltanto la storia di come tenacia e costanza possano elegantemente incontrare pizzi e velluti.

Caramì è molto di più.

È l’idea nata per salvare Camilla dall’incubo dell’anoressia.

La malattia l’ha risucchiata circa tre anni fa. Il cibo inizia ad essere un nemico e poi, poco a poco, diventa un’ossessione che travolge e annienta.

Nel 2016 la situazione precipita: Camilla viene ricoverata e, a tratti, alimentata con un sondino.

L’inizio del tormento.

«Le anoressiche detestano sentirsi dire ‘sei uno scheletro, se non mangi muori’. Per uscirne hanno bisogno di tenere occupata la testa», racconta Carlotta.

Ed è proprio così che inizia a pensare al modo per far uscire sua sorella da questa sorta di tunnel. La trascina in cucina per sporcarsi le mani di farina e burro insieme. Apre anche un profilo su Instagram (@castruccis), ma nulla cambia.

Camilla continua a non mangiare.

Carlotta è costretta ad abbandonare l’idea che formine, spatole e teglie potessero essere un’ancora di salvataggio e capisce di dover guardare altrove.

Altra idea, stavolta quella giusta: realizzare insieme un vecchio sogno nel cassetto. Una linea di intimo tutta loro.



Inizia subito a studiare i mercati e il mondo della biancheria, in Italia e all’estero.

La strada, però, si fa sùbito in salita: nessuna parola confortante. I professionisti le sconsigliano di intraprendere questo percorso. Lei, di tutta risposta, inizia a lavorare incessantemente.

«Ogni volta dovevo scontrarmi con persone che mi guardavano con aria di sufficienza e mi giudicavano. Mi sono sentita dire che questo progetto sarebbe stato un buco nell’acqua, che non lo avrei mai portato a termine, che sarebbe stato una perdita di tempo e denaro. Quando dovevo andare in banca o incontrare un fornitore, mandavo sempre la mamma a parlare al posto mio: la parola di una ragazza non ha lo stesso valore di quella di una donna. Mia sorella detestava quando la costringevo a rimanere a casa: erano tutti pronti a giudicare me, figuriamoci uno “scheletro” di 30 chili!».



Carlotta, però, non molla. Soprattutto quando inizia a scorgere un guizzo negli occhi di Camilla.

Le viene in mente il nome e poi il logo: le due C spalla a spalla, come il giglio della loro Firenze e come la complicità che le lega fin da bambine.

Carlotta e Camilla, i due nomi che si intrecciano: Caramì è già nata, solo che ancora non lo sanno.

«Scrissi la mia tesi di laurea sulla nostra start-up. Incontrammo le produttrici, due sorelle come noi. Studiammo un packaging di classe, un’etichetta soffice al contatto con la pelle».

La prima collezione è ispirata ai ‘Lace Bras’, i reggiseni in pizzo che hanno conquistato gli States.

«Pensammo che potevamo crearne dei nostri, più belli, che non provocassero fastidi e, soprattutto, Made in Italy».

E con i primi capi, la voglia di realizzare una sessione fotografica tra sorelle. È qui che Camilla si scontra con la realtà: è troppo minuta, il suo corpo è troppo piccolo.

«È stato un duro colpo per me perché fin da quando ero piccola sognavo di fare la modella», racconta.

Proprio allora dentro di lei qualcosa inizia a cambiare.

«Più le cose si facevano difficili, più capivo che ci tenevo tantissimo. Ho trovato così l’energia e il coraggio per farcela».

Oggi Camilla pesa 42 chili e, passo dopo passo, sta tornando forte e piena di vita.



Ed insieme a lei, sta decollando anche il progetto. Intrecci e trasparenze, velluti e pizzi che richiamano il Rinascimento, un tributo alla loro Firenze. Poi, la collezione di activewear e quella per le bellezze curvy.

«Volevamo creare un’immagine in cui tutte le donne potessero riflettersi e immedesimarsi. Donne comuni, ma a loro modo speciali».

Proprio come Camilla.

L’enfatizzazione della magrezza, qui, cede il posto alla valorizzazione della femminilità. Un messaggio importante, specie nel mondo dell’intimo: la bellezza sta nella diversità. E la diversità è sinonimo di forza. Caramì è tutto questo ed è anche la dimostrazione che in fondo al tunnel c’è sempre una luce. E se è vero che venirne fuori è difficile, è altrettanto vero che, tra sogni e amore, si può. Carlotta e Camilla lo sanno bene e lo stanno dimostrando al mondo. Insieme.