Mafia, confisca da 25 milioni a prestanome del superboss Messina Denaro

Mafia, confisca da 25 milioni a prestanome del superboss Messina Denaro
di Mario Meliadò
Venerdì 19 Gennaio 2018, 14:09 - Ultimo agg. 19:34
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Dopo il sequestro, risalente al novembre del 2015, all’alba di oggi è arrivata la confisca di beni per 25 milioni di euro da parte della Direzione investigativa antimafia di Trapani ai danni del 57enne imprenditore Andrea Moceri “Rucchiteddhu”, figlio di agricoltore diventato il “re delle auto di lusso” da trent’anni a questa parte, considerato dagli investigatori tra i principali prestanome del 55enne “re” dei superlatitanti Matteo Messina Denaro.
 
In relazione più che altro alla sua ritenuta «pericolosità sociale», a “Rucchiteddhu” (che con l’occasione è stato sottoposto per un biennio a sorveglianza speciale) ai suoi familiari sono stati definitivamente sottratti su decisione della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani – su proposta del direttore della Dia di concerto con la Procura distrettuale di Palermo – 35 immobili tra negozi, box auto e appartamenti ubicati nella “sua” Campobello di Mazara e a Castelvetrano, sempre in provincia di Trapani, 35 terreni, 5 compendi aziendali e poi vari rapporti bancari e assicurativi e quote azionarie. Il tutto, a suggellare complesse ricostruzioni finanziarie e di tipo investigativo durate oltre un biennio.
 
Nel corso dei decenni l’imprenditore campobellese specializzato in compravendita di Toyota nuove e usate (ma anche di vetture di marche differenti) avrebbe anche prestato denaro “a strozzo” e si sarebbe appropriato di merci e d’ingentissime somme di denaro senza averne titolo, assumendo in nero molti lavoratori e costringendo inoltre molti altri addetti dietro gravissime minacce ad accettare salari assolutamente inferiori rispetto a quelli teoricamente corrisposti, a guardare le buste-paga. E d’altro canto la sua attività di strozzinaggio l’ha visto pure condannare a quattro anni e mezzo di carcere. Sul punto, comunque, gli esiti giudiziari son risultati controversi: nel 2014 Moceri – per il quale l’accusa aveva chiesto 15 anni di reclusione – finì completamente prosciolto, al termine del processo “Campus Belli” (in riferimento proprio alla cittadina di Campobello di Mazara).  

I legami tra i Moceri e i Messina Denaro, poi, sono storici: sia per un terreno donato da suo padre alla sorella di Matteo Messina Denaro, Patrizia (poi finita in manette il 13 dicembre del 2013 nell’operazione “Eden”), sia per aver lo stesso Andrea Moceri intrattenuto rapporti di questo tipo con Ciro Carava e prestato alla moglie di uno dei più stretti collaboratori del superboss, Francesco Luppino (anche lui poi arrestato per associazione mafiosa), il denaro necessario per la gestione dell’oleificio “Fontane d’oro”: non riuscendo i Luppino a rimborsarlo del tutto, Moceri aveva addirittura tramato per impossessarsi dell’oleificio (cui in seguito vennero invece apposti i sigilli: in atto, è in amministrazione giudiziaria). Insomma, il classico «bravo ragazzo», come alcuni attendibili collaboratori di giustizia ebbero a definire in passato l’imprenditore Andrea Moceri. 

 
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