Antonio Pace, presidente Avpn
"No alla biga e alla farina integrale"

Antonio Pace, presidente Avpn "No alla biga e alla farina integrale"
di Santa Di Salvo
Lunedì 15 Gennaio 2018, 08:09
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Dopo sette anni di negoziati internazionali, l’arte del pizzaiuolo napoletano è diventata patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco. Rendiamo grazie a Sant’Antuono, protettore del fuoco e quindi anche di chi ci lavora accanto. E chiariamo subito che per essere pizzaiuolo napoletano non bisogna per forza essere nati a Napoli. «Puoi nascere giapponese, ma se segui il disciplinare Stg sei più partenopeo di quelli, napoletanissimi, che fanno pizze bastarde». Non ha dubbi Antonio Pace, depositario del Sacro Testo elaborato dall’associazione Avpn. «Le scuole sono tante, i metodi e i programmi diversi. L’importante è il rispetto delle regole essenziali, quelle che abbiamo elaborato con l’aiuto dell’università». 
E adesso è il momento di stabilire anche che la data del 17 gennaio sarà per sempre la Giornata del pizzaiolo.
«Dobbiamo essere davvero orgogliosi di aver fatto conoscere al mondo un mestiere piccolo e umile, considerato marginale nella ristorazione, un mestiere che oggi condivide invece fama e riconoscimenti con quello dello chef. Adesso però non montiamoci la testa e andiamo avanti. C’è ancora molta strada da fare».
Dai vicoli dei quartieri popolari all’eccellenza internazionale il passo non è stato breve…
«Soprattutto perché, io credo, abbiamo dovuto rompere il luogo comune che considera poveri i piatti fatti con materie prime semplici, essenziali. Abbiamo capovolto lo schema. Che cosa c’è di più gourmet di una pizza margherita? Prodotti elementari, basici, per piatti di alta gastronomia. Che vanno pagati il giusto, senza giocare al ribasso».
In questo orizzonte sempre più vasto, lievitazioni e impasti nuovi si fanno avanti con prepotenza…
 «Ma certo, nessuno vuole mantenere posizioni anacronistiche. Quando trent’anni fa nacque il primo disciplinare le farine erano altre, otto/dodici ore di lievitazione ci parevano sufficienti. Oggi il ricco mercato delle farine offre soluzioni diverse, le miscele possibili sono tante, i tempi si sono allungati e vanno dosati anche rispetto alle esigenze aziendali». 
Insomma, il disciplinare andrebbe riscritto adattandolo ai nuovi tempi… 
«Ripeto, dei cambiamenti andranno fatti per venire incontro ai nuovi prodotti e ai diversi impasti. Però non bisogna esagerare. Ormai non c’è pizzaiolo che non s’inventi qualcosa per emergere. Mi sembra proprio che stiamo esagerando…».
In questa nuova apertura sono comprese anche le farine integrali?
«Non ci sono guerre da fare ma, lo dico con il massimo rispetto, la pizza integrale è un’altra cosa. Gustosa quanto si vuole, ma non è pizza napoletana. La nostra classica va fatta con la farina 00, o anche 0. Io dico sempre: mangiate una buona pizza di tradizione, poi per le fibre prendete una pillola!».
Perché è importante questa Giornata del pizzaiolo? 
«Sulle pareti delle vecchie pizzerie l’immagine di Sant’Antonio Abate non mancava mai. E’ una devozione antica al Santo che ha spinto tutte le antiche famiglie del settore a scegliere il 17 gennaio come data ideale per questa festa». 
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