Comune di Napoli e Corte dei Conti: il verdetto sul piano debiti

Comune di Napoli e Corte dei Conti: il verdetto sul piano debiti
di Pierluigi Frattasi
Mercoledì 10 Gennaio 2018, 10:30 - Ultimo agg. 13:47
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Giornata decisiva per il destino del Comune di Napoli. È prevista per stamattina l'udienza delle Sezioni riunite della Corte dei Conti sul ricorso presentato da Palazzo San Giacomo contro la bocciatura della rimodulazione del piano di rientro, decretata dalla Sezione di Controllo della Campania con la delibera 240 del 2017. Che cosa dice la sentenza? In sostanza, nei cinque rilievi dei giudici, sono sollevati due ordini di problemi.

Il primo riguarda i gravi inadempimenti rispetto al piano di riequilibrio, come le mancate riscossioni e dismissioni, l'accertamento dei residui, i debiti fuori bilancio. Contestazioni non impugnabili, in quanto non definitive poiché relative al monitoraggio del piano di rientro che ha riscontrato il mancato raggiungimento degli obiettivi di risanamento nei 10 anni previsti e alla proposta di rimodularli su 30 anni. Considerazioni che adesso andranno lette alla luce dell'avvento dello spalmadebiti, che ha consentito ai Comuni in pre-dissesto, come Napoli, di diluire i debiti in 20 anni. Rispetto ai cinque rilievi sollevati dai magistrati contabili campani, dunque, il Comune ha impugnato solo la seconda parte della sentenza, e, in particolare, gli ultimi due punti definitivi, che riguardano l'elusione del patto di stabilità nel 2014 e del saldo di finanza pubblica 2016. Ed è di questi che si discuterà oggi nell'udienza di appello.
 
Ma quali erano nel dettaglio i rilievi dei giudici napoletani?

Nella delibera di ottobre, i giudici hanno accertato in primo luogo «l'inammissibilità della riformulazione e rimodulazione del piano di riequilibrio», approvati dal Consiglio comunale con la delibera 29 del 22 maggio 2016. In pratica, secondo i magistrati, il Comune non avrebbe avuto i requisiti per poter utilizzare la procedura per spalmare i debiti su più anni, concessa agli enti, dopo la riforma della contabilità pubblica nel 2015. Il secondo punto, riguarda, invece, «l'incongruità della rimodulazione-riformulazione effettuata sul piano originario», approvata dal consiglio comunale il 30 settembre 2016, «a causa dell'erroneità del riaccertamento straordinario, per il passaggio della nuova contabilità armonizzata». Terzo punto, quindi, «il grave inadempimento degli obiettivi intermedi fissati nel Piano di riequilibrio originario per le annualità 2015 e 2016». In sostanza, secondo la delibera, il Comune avrebbe recuperato annualmente meno di quanto previsto.

Nella sentenza, la Corte dei Conti aveva concesso 60 giorni al Comune per mettersi in regola con il piano di rientro, disponendo un riaccertamento straordinario dei debiti-crediti e minacciando il dissesto se i mancati obiettivi fossero stati confermati anche nel rendiconto 2017. Il Comune ha adottato subito alcune misure, come il blocco della spesa. Mentre, nel frattempo, è arrivato anche il supporto del governo, che con lo Spalmadebiti ha concesso la possibilità di riformulare i piani di rientro, diluendoli anche in 20 anni. Su questi tre rilievi, il Municipio presenterà le proprie controdeduzioni alla Corte dei Conti campana, alla luce del nuovo dettato normativo, nell'udienza del prossimo 15 febbraio.

Palazzo San Giacomo ha, invece, impugnato alle Sezioni Riunite l'unica parte appellabile della delibera, cioè quella relativa allo sforamento del patto di stabilità 2014 e del saldo di finanza pubblica 2016. Secondo i giudici campani, insomma, i bilanci approvati in quegli anni non sarebbero stati in equilibrio, perché non avrebbero tenuto conto di alcune uscite. Nello specifico, per il 2014 si tratterebbe dell'«illegittimo accertamento di crediti per dividendi della Abc», l'azienda speciale dell'acqua pubblica. E per il 2016 del «ritardato riconoscimento di debiti fuori bilancio e in particolare della sentenza esecutiva del Cr8».

Nel caso dell'Abc si tratta di circa 14 milioni di euro di dividendi che il Comune ha richiesto all'azienda e ha inserito tra le entrate in bilancio. Secondo i magistrati, questi utili non sarebbero stati contabilizzati correttamente, in quanto non potevano essere distribuiti ai soci, ma dovevano essere utilizzati per altre finalità, come per fare investimenti o ripianare deficit, come prevedeva la statuto di Abc. Per questo motivo si sarebbe violato il patto di stabilità 2014.

Per Palazzo San Giacomo, invece, non ci sarebbe stata violazione, perché i dividendi sarebbero relativi ad anni pregressi al 2013 e sarebbero soltanto stati prelevati nel 2014. La distribuzione degli utili quindi sarebbe avvenuta nel rispetto dello Statuto Abc del 2014. Solo nel 2015, con la modifica statutaria, infatti, sarebbe stata introdotta l'impossiblità della proprietà di appropriarsi degli avanzi.

L'altro punto, invece, quello più ostico per Palazzo San Giacomo, riguarda la violazione del saldo di finanza pubblica 2016. Secondo i giudici napoletani, il Comune avrebbe dovuto contabilizzare per competenza nel bilancio di quell'anno i debiti fuori bilancio del Cr8, relativi alla ricostruzione del post-terremoto dell'80, pari a circa 82 milioni, e dell'Uta, per gli oneri di smaltimenti rifiuti non pagati durante l'emergenza degli anni Duemila, di 66 milioni. In quanto proprio nel 2016 sarebbe intervenuta, secondo la Corte, la sentenza definitiva.

Il Comune contesta l'iscrizione dei debiti a bilancio solo nel 2016, in quanto si tratterebbe di residui relativi a fatti antecedenti alla presentazione del piano di riequilibrio, e non previsti in quest'ultimo solo perché emersi dopo. L'Ente contesta la competenza dell'iscizione dei debiti fuori bilancio solo per l'anno 2016, in quanto secondo la ricostruzione del Municipio ci sarebbe stata una sospensiva e la sentenza d'appello sarebbe arrivata nel 2017. Per il Comune, quindi, i debiti andrebbero spalmati almeno in 3 anni, o, in caso di accordo con il fornitore, in 20 anni.

Oggi, le Sezioni Riunite, quindi, dovranno dirimere questi ultimi due punti. Non è la prima volta che i magistrati contabili romani devono intervenire sul piano di risanamento del Comune di Napoli. Il Municipio, infatti, ha approvato il piano di rientro nel 2013. Ma il documento è stato bocciato una prima volta dalla Corte dei Conti della Campania a febbraio 2014. Palazzo San Giacomo allora fece ricorso alle Sezioni Riunite che a maggio del 2014 lo accolsero.
Nel 2016, quindi, la Corte Campana con una nuova delibera ha accertato ulteriori irregolarità contabili nel piano di rientro, rilevando un aumento del disavanzo di circa 370 milioni rispetto a quello certificato nel rendiconto 2013, passando da 700 a un miliardo di euro.

Tra settembre e ottobre 2016, il Comune ha provveduto a rimodulare il piano, chiedendo di riassorbire il disavanzo in 30 anni. Ma anche questa volta è arrivato lo stop della Corte dei Conti campana, con la delibera dello scorso ottobre.

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