Il post del cantante di Scampia:
«Un proiettile sul mio balcone»

Il post del cantante di Scampia: «Un proiettile sul mio balcone»
di Mariagiovanna Capone
Mercoledì 3 Gennaio 2018, 09:38
3 Minuti di Lettura
«'A camorra song'io» cantava Daniele Sanzone degli A67 tredici anni fa, quando la faida inondava le strade di sangue e proiettili. Sebbene da allora sia cambiato molto a Scampia, sembra non essere cambiato nulla. Sul balcone di casa che si affaccia davanti la caserma dei carabinieri, il cantautore e scrittore ha trovato il proiettile di una calibro 9. Una pistola nuova da provare la notte di Capodanno, forse. O un caricatore da svuotare per noia, arroganza, stupidità. Sanzone mostra l'ogiva lucente nel palmo della mano e pubblica la foto sui social, aggiungendo ironicamente emoticon con cuoricini: «Trovato fuori il balcone della mia stanza a Scampia. Buon Anno».



Sanzone, quel proiettile non è stato proprio un augurio di buon anno...
«Con il post ho provato a sdrammatizzare l'imbecillità di certa gente. Quando cresci in un quartiere come il mio ne vedi tante e alla fine devi continuare ad andare avanti».

Sicuro non fosse un atto volontario? La sua attività anticamorra è notoria.
«Non credo che quel proiettile fosse indirizzato a me. Se avessero voluto zittirmi, ci avrebbero provato dieci anni fa. Certo, il fatto è brutto anche se ripetiamo che sono cose che succedono spesso, e non solo a Scampia perché dipende dalle persone fuori di testa, non dai luoghi».

Però è successo a Scampia, dove la camorra è stata indebolita. Forse si sta riorganizzando?
«Questo non posso saperlo. Certo, le piazze di spaccio sono state smantellate, anzi meglio dire spostate altrove. Ora sono più a nord, nell'area di Melito e Mugnano. Scampia è liberata ma non libera. Le Vele sono sempre qui, si parla ancora di riscatto, riqualificazione, dell'Università che deve arrivare e poi non arriva mai...».

Scampia come sta, secondo lei?
«Difficile rispondere perché la prima cosa che penso è che sta sempre uguale, sempre rovinata. Perché manca sempre l'elemento principale in grado di mettere a posto tutte le cose: il lavoro. Fin quando manca questo, non cambierà mai qualsiasi posto dove oltre ai palazzoni non si costruisce lavoro, vitalità, cultura».

 
Possibile che non si sia fatto niente?
«No, questo no. Ci sono stati segnali importanti come l'apertura della prima biblioteca di Scampia, il Centro Officina delle culture Gelsomina Verde ideato da Anart e finanziato dalla Siae».
Senza contare il suo progetto Scampia Street Tour.
«Nato per mostrare proprio il cambiamento del quartiere, per smantellare un'idea vecchia di dieci anni che vuole Scampia uguale a Gomorra. Quella è una descrizione lontana dalla realtà, appunto, e mostriamo quella vera a turisti stranieri che hanno visto con i loro occhi la trasformazione, che la camorra non c'è come prima. E agli stessi napoletani, perché ancora oggi ci sono persone che abitano a un chilometro in linea d'aria e non sono mai stati qui e hanno idea di un luogo di terrore».
Cosa manca allora a Scampia?
«Il cambiamento vero ci sarà solo dopo l'abbattimento delle Vele e l'arrivo dell'Università. Solo così potranno nascere posti di lavoro. Saranno giorni difficili perché due mondi diversi si incontreranno, ma l'unica soluzione per Scampia è questa. Altrimenti si tornerà al passato».
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