Morgan dopo il pignoramento della casa: «Ho sempre pagato cifre esorbitanti, poi sgarri e ti massacrano»

Morgan dopo il pignoramento della casa: «Ho sempre pagato cifre esorbitanti, poi sgarri e ti massacrano»
Domenica 31 Dicembre 2017, 13:35 - Ultimo agg. 1 Gennaio, 11:17
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«Mettiamo subito le cose in chiaro: non sono uno particolarmente legato al denaro (la penso come Silvano Agosti cioè quando si ha un tetto, del cibo e dei vestiti, tutto il denaro in più è una sconfitta) perciò non sono mai stato attento al calcolo e al risparmio». Comincia così la lettera aperta scritta da Morgan, in arte Marco Castoldi, dopo il pignoramento della sua casa di Monza per il mancato pagamento degli alimenti alla loro figlia Anna Lou dal 2011.

La lunga e accorata missiva, condivisa con un post su Facebook, racconta tutte le difficoltà che Morgan ha dovuto affrontare nella sua vita. «Da buon artigiano-medio, una cosa ho fatto, e che ho potuto fare perché lavoro da quando ho sedici anni, da quando mio padre mi ha lasciato - unico figlio maschio - costretto a dover portare a casa soldi per continuare a campare, io, mia madre, mia sorella, e intanto studiare al liceo e al conservatorio, perché non volevo permettere che, sia io che mia sorella, non coltivassimo l'interesse per gli studi, per la musica e per la cultura soltanto perché mio padre aveva fallito nella vita e se l'era data a gambe. Già c'era la sofferenza di un lutto così assurdo, ci mancava pure che tutto ciò ci rovinasse la vita».

«Ci siamo rimboccati le maniche: mia madre, insegnante elementare in pensione - prosegue Morgan - si è messa improvvisamente a girare da sola in macchina per tutta Italia improvvisandosi rappresentante di vestiti; mia sorella che aveva un anno più di me e che faceva la quinta ginnasio al liceo classico, ha cominciato a fare la cameriera e la commessa; io uscivo a mezzanotte con il motorino e andavo a fare piano bar per le coppiette innamorate nei locali della Brianza, tornavo alle cinque del mattino e alle otto, in bicicletta, con mia sorella sul manubrio, andavo al liceo. Io son stato bocciato mentre lei si è presa due lauree. Abbiamo pagato la casa, mettendo insieme le forze. Abbiamo continuato a studiare musica, lei il violoncello e io il pianoforte».
 

«Abbiamo continuato a studiare musica, lei il violoncello e io il pianoforte. Non mi sono laureato ma ho fatto il professionista musicista, mi conoscete tutti, non sono una persona superficiale, qualche libro l'ho letto, qualche strumento lo suonicchio. Dicevo, non venero il denaro ma una casa sono riuscito a comprarmela, banalmente, una, l'unica, altro che villa al mare, chalet in montagna, residenza di famiglia in campagna, appartamento in centro…! Ma di cosa stiamo parlando? Una benedetta prima casa, l'unica, per metterci dentro una famiglia, dei figli, un televisore, un pianoforte, e il minimo per una vita tranquilla e dignitosa. Altro che rockstar, altro che figli d’arte: sono una persona comune, per bene. Ma artista. Mi son fatto da solo - prosegue - A diciassette anni ho firmato per una major - la Polygram, e ho inciso il mio primo album. Non c'erano mica i talent show, nemmeno l’ombra. C’erano lo scantinato della casa e un registratore quattro piste a cassette, e mentre i miei coetanei andavano "in compagnia”, io stavo a scrivere le canzoni, e a cercare di realizzare dei demo autoprodotti. Facevamo un centinaio di musicassette con la copertina fabbricata nella tipografia del paese, e al sabato pomeriggio andavamo a Milano in Piazza Duomo per cercare di venderle ai passanti. Non avrei potuto fare altro, era tanto forte il trasporto, la voglia, la determinazione. Così ho trascorso la mia adolescenza: studiando, lavorando, coltivando la passione. Elaborando il lutto. Sono una persona comune, come tanti altri, dotato musicalmente. Ma non è il talento un merito mio: quel che spetta a me è il dovere di onorare il dono del talento con l’impegno quotidiano. Sono un cittadino-artista. Che significa? Che in testa non ho l'ossessione di arricchirmi, ma gli accordi, i ritornelli e gli arrangiamenti. Non so cosa farci».

«Tuttavia del denaro ho rispetto, non badarci non significa disprezzarlo. Inorridisco nel vedere Serge Gainsbourg (che amo) quando brucia la banconota al telegiornale, così come sono fermamente convinto che il pagare le tasse sia un meccanismo essenziale per il funzionamento di uno Stato, e io credo nello Stato, nella grande opportunità che rappresenta attraverso le sue istituzioni, che altro non sono che gli strumenti prodotti dall'uomo per garantire a sé e alla società in generale un’esistenza degna. Altra cosa in cui credo fermamente è che il benessere debba essere distribuito, e se ciò mi riguarda direttamente, dico sempre: "quando ce n'è per me, ce ne è per tutti". Mi piace questo motto, è quello delle persone generose, che condividono, che spartiscono, che mantengono. Io ho due figlie, l'averle messe al mondo è stata una scelta, non un incidente, perciò è logico che non mi sottragga al fatto di mantenerle al massimo delle mie possibilità, e non ho mai battuto ciglio quando i tribunali hanno stabilito gli assegni, nello stupore dei miei avvocati che tentavano di farmi ridimensionare le somme, ai quali rispondevo: “no, è giusto, voglio che sia così, che i miei figli possano avere tutto, tutto quello che non ho avuto io”. Mi rispondevano: “ma guarda che tremila euro sono troppi, un bambino non ha quelle spese”. E io replicavo: “vabbè, non importa, vorrà dire che li metteranno via e glieli daranno poi quando sarà grande”».

«Intanto io, che tra l'altro non ero quello che aveva voluto la separazione, continuavo a lavorare come sempre, e i soldi li facevo gestire di volta in volta a professionisti, i cosiddetti commercialisti, cosa che fanno tutti, non solo chi al denaro non è particolarmente attento. Per farla breve, un giorno sono caduto dal pero, ed è stato non molto tempo fa, quando, dopo un’intera stagione di lavoro televisivo, una stagione campionessa di incassi, con ascolti record, mi trovo senza compenso. Perché? Innanzi tutto perché metà se li è presi Equitalia. E l'altra metà, non mi viene corrisposta semplicemente facendo appello alla mia “indisciplina”. Così, da un giorno all'altro io vengo a sapere che ho un gigantesco debito con l'Agenzia delle Entrate, accumulatosi in dieci anni di tasse mai pagate. Cosa???? Non sapevo nulla perché nessuno me l'aveva detto. Semplice: non te lo puoi inventare, se non te lo dicono. Nessuno nemmeno mi aveva chiesto un parere. Io di certo non ho mai detto a chi gestiva il denaro di non pagare le tasse, anzi, quando chiedevo notizie sul denaro - che mi sembrava sempre un po' meno di quello che mi pareva dovesse essere la quantità - mi veniva detto: "eh, si è vero, ma le tasse sono alte”. E invece non venivano pagate. Quindi dove sta il denaro? Boh. Io mi sono soltanto affidato a dei professionisti. Non voglio entrare in questo argomento ora, ma era solo per dire che se i soldi se li prende tutti completamente lo Stato (perché ho un debito), come faccio a vivere per saldarlo? Come mangio? Con che energia lavoro? Con che entusiasmo faccio gli spettacoli? Con che creatività scrivo? A qualcuno interessa? Poiché è proprio quel che ho fatto e come l'ho fatto ad aver generato il fatturato che ha fatto gola a tutti, madri dei figli, commercialisti, avvocati, manager, tutti con la loro bella parcella, la loro bella percentuale, il loro bel provvedimento del tribunale, tutti a mangiare… assalto alla diligenza! Forza, abbuffatevi, tanto lui non si accorge, tanto a lui non importa, tanto lui non ci pensa, tanto lui non vede! Dai, avanti, tanto che cosa importa a loro? Finché ce n’è per me, ce n’è per tutti, ma finché ce ne è.

Togliamogli tutto, dai, anzi… aspetta che si addormenti un attimo e prendigli anche il cinquanta euro dalla tasca, tanto lui ha il sonno pesante, e poi se si sveglia gli diciamo che si ricorda male, che se lo era inventato! Ho pagato sempre, e i bonifici per gli alimenti sempre in automatico, come prima operazione».

«Per anni, pagato somme esorbitanti, intere rette annuali per scuole private di lusso, che costano più della Bocconi, ma non c'è problema, per la bambina questo e altro, figuriamoci. Per una bambina fantastica, che non ha colpa, semmai la fortuna di essere figlia di un musicista realizzato e di una attrice con un albero genealogico talmente grande che non ci sta neanche nei parchi delle sue ville in Toscana o nei giardini pensili delle sue terrazze romane. Ma il problema non è mica Asia. Sono certo che lei non c'entra nulla con questa faccenda, figuriamoci! Ma secondo voi, che interesse avrebbe nei confronti della mia umile dimora monzese, lei che vive tra Parigi e Los Angeles in case meravigliose, e che lavora con i più grandi registi del mondo? Mica ha bisogno di me per farsi mantenere! Quei tremila euro con cui certe famiglie avrebbero tirato su dodici figli, per lei sono una bazzecola, ci paghi giusto un giorno d'albergo a New York, viaggio escluso. Ma scherziamo? No?! Però appena ho sgarrato una mezza volta, e non per mia volontà, come ho spiegato ampiamente prima, allora ecco che subito arriva la notifica, il pignoramento, la chiamata a rispondere della condotta deplorevole, e per non parlare delle diffamazioni, le sputtanate a mezzo stampa. Ma sì, distruggiamolo quello stronzo, togliamogli tutto, figli, casa, dignità civile, che ci frega, anzi mi diverto. Dai massacriamolo, senza pietà, senza un minimo di rispetto! E non parlo del ricordarsi di aver detto “ti amo”, ma del minimo rispetto di un essere umano. Arriviamo al punto: tutti sono interessati solo ai soldi, fanno le cose per soldi, muovono il culo per soldi, amano e odiano per soldi. Io ai soldi ci penso poco perché privilegio le idee, la ricerca, l'arte, e infatti fino ad ora, o mi hanno fregato, o io mi sono fatto fregare. Ma fatto sta che di famiglie ne ho mantenute parecchie a conti fatti, e senza neanche sapere chi fossero. Non consiglio la mia modalità a chi nella vita corre per far soldi. C'è un vantaggio però, che quando mancano, io sono tranquillo, perché la mia ricchezza è fatta di altro: di sguardi, di parole dolci e di note. L'anima e la mia forza, non me le tolgono, non ci riescono, eppure ci provano continuamente, a volte dispiegano eserciti di addetti ai lavori che subdolamente agiscono un capillare sistematico attacco a tutto quello che mi fortifica, che mi da autonomia, tutti contro uno, per indebolire, per gestire, per disinnescare il potenziale di consenso e ovviamente la disponibilità e la serenità finanziaria. Si chiama tecnicamente 'mobbing'. Ma non ci riescono, e se cado cado in piedi, perché? Perché sono autentico e leale, perché per i bastardi uno come me è molto pericoloso. Faccio il giudice al talent show per anni in modo serio e con successo, gli scopro e gli consegno dei campioni di vendite di dischi, per anni; dò contributi che in televisione son cosa rara, faccio approfondimento e divulgazione musicale laddove non richiesta, e per giunta tutto ciò riscuote successo. E loro come mi ripagano? Mi trattano a pesci in faccia, mi cacciano, non mi pagano. Guardateli adesso, che deriva trash quella trasmissione che era nata nella TV pubblica, con delle eleganti modalità e freschezza. Ora fa pietà e mi fa ridere vedere come si susseguono i miei peggiori imitatori infilando un flop dietro l'altro. Vado alla TV privata: non resistono neanche un minuto, parte il linciaggio, lì non mi cacciano, ma sono io che me ne scappo terrorizzato, cercando di mettermi in salvo. Ma che dire, poveracci, sono ingiudicabili, compulsivi leader dei mercati, ossessionati dai numeri, schiavizzati dai dati, ma totalmente esclusi da qualsiasi realtà culturale, anzi, paladini dello svuotamento di senso. Soldi, solo ed esclusivamente meccanismi economici, giochi di potere, d'acquisto, contrattuale, di vendita. Che palle. Che tristezza. La cosa che mi importa è che mia figlia mi vuole bene e si merita genitori che dialoghino volando alto e non solo di mere faccende pecuniarie. Magari di arte, ogni tanto».

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