Voto il 4 marzo, al via la campagna elettorale: il Colle e la carta Gentiloni per garantire la stabilità

Voto il 4 marzo, al via la campagna elettorale: il Colle e la carta Gentiloni per garantire la stabilità
di Marco Conti
Venerdì 29 Dicembre 2017, 09:12 - Ultimo agg. 30 Dicembre, 09:47
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Non siamo alla sfiducia costruttiva, perché le Camere sono state sciolte, ma il concetto espresso ieri mattina più volte da Paolo Gentiloni sul «governo che governerà» sino a quando non ce ne sarà un altro, è esattamente la linea che il Quirinale ha costruito in quest'ultimo anno di legislatura e che ieri Paolo Gentiloni ha nuovamente condiviso con Sergio Mattarella quando è salito al Quirinale per la controfirma del decreto di scioglimento.
 


Con la convocazione delle elezioni per il 4 marzo la campagna elettorale può dirsi avviata, ma basta dare un'occhiata ai sondaggi per rendersi conto che gli scenari del dopo voto sono ancora da brivido. Il rischio dello stallo è fortissimo, anche se mancano ancora due mesi al voto e tantissimi sono ancora gli indecisi. Evitare a tutti i costi - anche sacrificando le già scarse speranze di approvare lo ius soli - rischiosi voti di fiducia ha permesso ieri al Quirinale di sciogliere le Camere mantenendo intatta l'arma di riserva: il governo di Paolo Gentiloni. «Quello delle elezioni non è mai un passaggio drammatico», ha confidato all'Ansa ieri sera lo stesso Mattarella al termine di una giornata che ha consumato nel solo pomeriggio tutti i passaggi costituzionali.
 
Con un governo che garantisce la stabilità sino all'arrivo del prossimo, il possibile dramma di un risultato elettorale alla tedesca rientra nella fisiologia istituzionale e il tempo che - dopo il 4 marzo - servirà per mettere su una maggioranza e un governo non scorrerà senza un esecutivo in grado di guidare il Paese e i rappresentarlo nei vertici internazionali. Gentiloni ieri in conferenza stampa ha sottolineato un altro concetto caro a Mattarella. Ovvero che la legge elettorale non indica un candidato premier. In un sistema parlamentare come il nostro significa che l'incarico per formare un governo non è detto lo abbia chi arriva primo, ma chi ha più chance di costruire una maggioranza in Parlamento. Il sentiero che Mattarella e Gentiloni hanno costruito nell'anno di governo e dopo la brutta sconfitta referendaria punta a salvaguardare l'unica possibilità di riserva che può avere il Paese in caso di tempi lunghi o di stallo.

Un percorso che lascia l'attuale esecutivo nel pieno esercizio delle sue funzioni anche dopo l'insediamento delle Camere il 23 marzo. Basta osservare che, per strane coincidenze da calendario, proprio il 23 marzo a Bruxelles si riunisce il Consiglio europeo per discutere un tema non da poco come il piano franco-tedesco di rilancio dell'Europa. Gli appuntamenti europei, come l'emergenza sbarchi o la missione in Niger o la preparazione del Def che va fatta dopo una forte interlocuzione con Bruxelles, sono solo alcuni dei motivi che hanno spinto il Quirinale a preservare il più possibile l'attuale governo. In questo modo si stempera la preoccupazione per il dopo voto, dovuta alla crisi dei partiti tradizionali e al sorgere di forze populiste. D'altra parte si tratta dell'esperienza che per lungi mesi ha fatto la Spagna e che ora sta facendo la Germania. Esempi che ieri mattina non a caso Gentiloni ha citato sottolineando con ironia «l'italianizzazione» che hanno subito questi paesi in fatto di instabilità «senza però avere i politici italiani». Dopo il voto non si tratta quindi di mettere su un governo del presidente, ma un governo politico che abbia una solida maggioranza per andare avanti o, in caso di stallo, un governo in grado di risolvere il problema della governabilità. E Gentiloni, che non si considera una riserva della Repubblica, sembra avere non poche chance nella seconda ipotesi.
 

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