Etruria, resta la tensione nel Pd: il partito diviso sulla candidatura della Boschi

Etruria, resta la tensione nel Pd: il partito diviso sulla candidatura della Boschi
di Marco Conti
Mercoledì 20 Dicembre 2017, 10:20 - Ultimo agg. 11:21
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«Un premier ha il dovere di informarsi». Due enews in un giorno confermano quanto pesante sia la situazione in casa Pd. La via crucis della commissione d'inchiesta sulle banche prevede per oggi l'ultima importante stazione: l'audizione dell'ex numero uno di Unicredit. Federico Ghizzoni dovrebbe raccontare se ha subito pressioni dalla sottosegretaria Boschi in merito all'acquisto di Banca Etruria. Con oggi si chiude un'altra, e forse ultima, settimana complicata. La speranza che si coltiva al Nazareno è quella di poter parlare, dopo Natale, di programmi elettorali e di ciò che di buono hanno fatto i tre governi del Pd di questa legislatura.

Ieri il governatore di Bankitalia ha negato pressioni, ma al tempo stesso - parlando in Commissione - si è levato un sassolino nei confronti dell'ex premier raccontando di un pranzo a Bankitalia tra Renzi, Delrio, Padoan e l'intero direttorio di via Nazionale durante il quale - racconta Visco - l'allora premier chiese «perché non ci parla delle banche in difficoltà e io dissi che di banche in difficoltà parlavo solo col ministro dell'economia».

Malgrado il segretario del Pd abbia espresso apprezzamenti per le parole di Visco sulla inesistenza di pressioni da parte della sottosegretaria Boschi, la replica non si fa attendere: «A chi critica me per aver affrontato le crisi aziendali, anche bancarie - scrive il segretario del Pd - rivendico con forza il fatto che davanti a qualsiasi crisi aziendale, il Presidente del Consiglio debba informarsi, agire, aiutare».
 
Poi una precisazione anche su quanto detto il giorno prima dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan - in relazione all'attivismo dell'allora ministro Boschi in materia di banche - e finito «al centro di un vortice mediatico per aver detto una cosa banale: che il ministro dell'Economia non autorizza mai alcun ministro. Per forza: nessuno deve autorizzare un collega pari grado». Dal vortice mediatico Renzi vorrebbe uscire ma non sarà facile e mentre il Pd resta nella bufera i pentastellati salgono nei sondaggi con Di Maio che ieri, nel salone delle feste del Quirinale dove avvengono anche i giuramenti dei governi, sembrava prendere le misure. «Se risulteremo essere il primo partito tocca a noi», ripete il vicepresidente della Camera forte di un sondaggio inglese che dà il M5S al 33 per cento. Non è tanto il calo del Pd, che sarebbe ora al 25 per cento, quanto la crescita grillina e la sostanziale tenuta leghista ad allarmare il Nazareno.

Il segretario del Pd, che ieri al ricevimento del Quirinale, non è andato per impegni di famiglia, osserva il «ballo sul Titanic» di coloro che «fingono» di non temere una possibile vittoria elettorale del M5S e sta al gioco scrivendo in mattinata - mentre l'audizione era ancora in corso - una nota con la quale ringrazia molto Visco «per le parole di apprezzamento che ha rivolto al mio Governo nella sua audizione». «Confermo che abbiamo sempre avuto la massima collaborazione istituzionale, anche quando non eravamo d'accordo su tutto nel merito. Mi fa piacere che egli finalmente fughi ogni dubbio sul comportamento dei ministri».

Se si tratta dell'annuncio di una sorta di tregua tra via Nazionale e il Nazareno, è presto per dirlo. Anche se l'interesse potrebbe essere reciproco visto che il lavoro della Commissione volge al termine con il voto su una o più relazione. Malgrado le polemiche il segretario del Pd si mostra tranquillo anche se nel Pd la tensione è forte, ma nessuno ha coraggio e forza di mettere in discussione la leadership renziana. Nel frullatore resta la Boschi con una parte dell'opposizione interna che auspica - a bassa voce - un passo indietro rinunciando alla candidatura.
 

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