Il festival di Baglioni: «Il mio Sanremo sarà un ’68 della canzone»

Il festival di Baglioni: «Il mio Sanremo sarà un ’68 della canzone»
di Federico Vacalebre
Domenica 17 Dicembre 2017, 11:40
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Inviato a Sanremo

Messa in campo la sua squadra, il capitano si appalesò. «Direttore artistico? Sempre meglio che dittatore artistico, come mi ha già detto qualcuno però... Meglio conducente o architetto: mi sono laureato, sia pure in tarda età e, se mi va male quest'avventura, sono a disposizione per modico ingaggio». Baglioni, fiero dell'eco suscitata dai venti big messi in campo più che degli ascolti della serata dedicata ai Giovani (11,4 per cento di share, praticamente un pareggio con il «Sacrificio d'amore» di Canale 5), ci mette finalmente la faccia e inizia a spiegare che Sanremo farà.

Pronto per il Festival, Claudio?
«Ormai non posso più tirarmi indietro, ci ero già venuto due sole volte, sempre da ospite. Visto che non c'è due senza tre stavolta, alla mia maniera, mi metto in gara. Ho di fronte annate con risultati eccellenti, quindi... Farò un'altra cosa, seguendo il mio destino: ho scelto il mestiere della musica perché non volevo essere trasparente al mondo, ora sarò nell'occhio del ciclone come mai. Sanremo è un moloch, è l'unica certezza che in Italia esiste nel mondo della canzone, lo era anche negli anni in cui certa musica, i cantautori, lo snobbavano. Oggi sono i rapper a ignorarlo, se avessi avuto più tempo forse sarei riuscito a convincerne qualcuno di quelli bravi. Magari li avremo come ospiti».

Quando ha accettato l'incarico?
«Mi sono concesso il lusso di dire tre volte no, alzando sempre il prezzo artistico. Poi, però, quando mi hanno concesso tutto quello che chiedevo, ovvero la libertà di non diventare la foglia di fico di qualcuno, ho dovuto accettare, superando la paura che mi divorava».

Libertà totale?
«Finora non ho avuto invasioni di campo, al massimo qualche pressione: da un cardinale, da un ex ministro ma... tutte cose da niente per uno che ha le spalle larghe. L'anno prossimo compio 50 anni di canzone, li festeggio nel tempio della canzone».

A proposito, come ha scelto le canzoni dei Campioni?
«Volevo che i big fossero riconoscibili come tali, avessero una carriera delineata, così ho evitato le star dell'ultimo minuto: ci sono già otto ottimi ragazzi in gara. E, poi, volevo che il primato della canzone, musica e parole, fosse chiaro: quattro minuti di tempo a disposizione, 45 secondi in più del solito, sfidando la dittatura delle radio; attenzione agli interpreti come agli autori; e, soprattutto, addio all'eliminazione. Già mi è costato dire no ai 120 aspiranti Campioni che ho lasciato a casa, figurarsi se, dopo aver faticato per avere un artista in gara mi mettevo a salire sul palco per annunciargli che lo mandavo a casa. Dobbiamo stare attenti a parole come eliminazione, rottamazione, umiliazione...».

Sanremo si baglionizza, insomma.
«No, è Baglioni che si festivalizza chiedendosi quale festival fare: sarà il sessantottesimo, evocando un anno, il 68, che fu l'ultimo in cui sognammo tutti insieme un futuro migliore. Un sogno tradito, ma i sogni non finiscono mai».

Succederà un ’68?
«Diciamo che sarà un Sanremo 0.0, non di tradizione, non di evoluzione. Una maniera per mettere un punto e andare a capo, orgogliosi del proprio passato e del proprio compito».

In concreto cosa cambia? Lei che ruolo avrà all'Ariston dal 6 al 10 febbraio?
«Io ho un passato da chierichetto, vorrei promuovermi sagrestano e accendere le candele e chiudere la chiesa quando tutti se ne vanno».

Difficile crederci: in concreto? Sarà il conduttore? Chi avrà accanto? Canterà?
«Se me lo chiedono qualcosina la canto, così magari prolungo la carriera di un po'. Con la mia commissione, con un direttore musicale come Geoff Westley, stiamo disegnando un meccanismo diverso. Ogni sera daremo la classifica, per non far mancare del tutto la suspence, risultato del televoto, della giuria demoscopica e della sala stampa. E rinunceremo ai divi hollywoodiani che vengono a fare poco o niente».

Raiuno rimanda alla conferenza stampa del 9 gennaio 2018 per confermare o smentire la scelta di Michelle Hunziker come co-conduttrice, per fornire qualche notizia sulla confezione dello spettacolo. E i comici?
«Ce ne sono alcuni che seguono da vicino la musica, li coinvolgeremo nell'orchestrazione generale».

Avitabile che canta le sue radici nel cemento, Moro-Meta che rispondono al terrorismo islamico. Temi importanti.
«Enzo è un grande, sono contento che alla fine con Servillo ha completato il suo progetto. Fabrizio ed Ermal la coppia me l'hanno proposta loro».

Il sassofonista napoletano voleva venire in gara con Gue Pequeno o Luchè, gli era stato proposta Marina Rei poi la voce degli Avion Travel ha messo tutti d'accordo. Trattative simili anche con altri big?
«Bungaro mi aveva proposto un bel pezzo che mi sembrava perfetto per un duetto, così ci è venuto in mente il suo coautore Pacifico, con l'aggiunta della Vanoni il gioco era fatto. Fogli e Facchinetti li ho inseguiti io, quando Canzian si è iscritto in gara mi è piaciuto molto come tre ex Pooh potessero accettare di diventare rivali. Anche Elio e le Storie Tese li ho sollecitati io: avevano annunciato un ultimo concerto: perché non sia una truffa venite a dire addio su un palco a cui dovete molto, gli ho proposto. La Fondazione Dalla mi ha messo a disposizione uno degli ultimi brani scritti e provinati da Lucio: chi poteva cantarlo meglio di Ron?».

Si temono serate kolossal, lunghissime, baglioniane. Quando dureranno?
«Non lo so, fosse per me allungherei il formato a due settimane, come i festival del cinema. In fondo, quello è il mio modello».
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