A
di Andrea Cheniér. È il titolo protagonista. L’opera è di Umberto Giordano rappresentata per la prima volta il 28 marzo 1896 su libretto di Luigi Illica (reduce dalla Bohème), che si prese gli applausi di Strauss e Mahler. Ritorna dopo trentadue anni riportando così in Scala il verismo. Unico precedente? Nel ’63, con L’Amico Fritz e Cavalleria Rusticana nel centenario di Mascagni.
B
è il Baritono Luca Salsi, al suo debutto scaligero. Tra i più attesi. Qui darà voce a Carlo Gérard, il giovane domestico che disprezza i nobili e compiange le sorti degli umili.
C
come cinematografico. Parola chiave di una regia firmata Mario Martone. Esperto in affreschi storici, non un neofita di Giordano. Nel 2016, sempre alla Scala e sempre con la Palli, La Cena delle Beffe. Promette una regia aderente all’opera, a quattro mani con la direzione musicale e nel pieno rispetto dei tempi.
D
come la direzione del maestro Riccardo Chailly che festeggerà 40anni di attività scaligera, il suo debutto in Scala nel ’78 con I Masnadieri di Verdi. Alla sua terza di Chénier: le altre due nel 1983 e 1985 con Carreras, e a inciderla con Pavarotti e Caballé. A lui va il merito di avere tanto voluto l’opera, inclusa l'arditezza con cui attiva il metronomo giordaniano.
E
è il tenore Yusif Eyvazov al suo debutto scaligero. Sarà Andrea Chénier, cantando insieme alla sua Netrebko, compagna nella vita. E per un’opera che si intitola Andrea Chénier e che ha per protagonista un poeta, il problema è proprio il tenore. Quindi non a caso riflettori, critica e loggionisti, sono concentrati su di lui.
F
come i fischi. Anche se la direzione è perfetta, la regia applaudita e le scenografie ammalianti. I fischi alla Scala sono sempre dietro l’angolo. E molto temuti.
G
come Umberto Menotti Maria Giordano che con Chénier espleta tutta la sua melodrammaturgia e mette fine al suo apprendistato negativo di Mala vita (all’Argentina di Roma, il 2 febbraio 1892) e dal fiasco al San Carlo di Napoli.
H
com hasthag che sicuramente correrà attraverso i canali social. #TeatroallaScala #AndreaChenier #Prima. E tutto quello che si inventeranno naviganti esperti e non.
I
come immancabili. Dalla politica, all’economia, al mondo della moda e dello spettacolo. Alla borghesia milanese. Ai sovrintendenti artistici dei teatri italiani ed europei. La lista è lunga. Come immancabile l’Inno di Mameli a inizio opera e il cronometraggio degli applausi al termine.
L
come “loggionisti” da giorni sotto i portici del Teatro. Quelli temuti in sala. Quelli che potrebbero applaudire, ma anche fischiare. Quelli che vogliono un teatro non ingessato e vivo, e che si dichiarano di arrivare senza preconcetti.
M
è mondanità. Da un red carpet con tanto di abiti più o meno estrosi all’Albero di Natale nel foyer disegnato da Dolce e Gabbana, alla Cena di Gala alla Società del Giardino con la sala allestita dalla Palli e col menu firmato Filippo La Mantia. Senza dimenticare biglietti, che arrivano fino a 3000 euro, e i cachet da capogiro ai cantanti (mantenuti segreti).
N
come Netrebko, di casa oramai al Piermarini e regina indiscussa dell’opera. Sarà lei Maddalena di Coigny, Torna sotto la bacchetta di Chailly dopo Giovanna d’Arco del 2015 e La Traviata diretta da Nello Santi.
O
come l’Orchestra del Teatro alla Scala che qui diventa “verista”. Insieme al Coro diretto da Bruno Casoni e al corpo di ballo dell’Accademia scaligera.
P
è il Palco Reale. Se Pietro Grasso ha dato all’ultimo forfait, ci saranno i ministri Franceschini, De Vincenti e Padoan. Il sottosegretario Boschi, il sindaco Sala e il segretario Maroni.
Q
di Quadri dell’opera. Sono quattro che si muoveranno senza alcuna divisione, eccetto i 35 minuti di intervallo. Dal castello della signoria dei conti di Coigny a Parigi all’epoca del Terrore al Tribunale rivoluzionario fino al cortile delle prigioni di San Lazzaro con la chiusura tragica dell’opera.
R
è Rai1 e Radio3. Dopo gli ascolti record di Madama Butterfly di Puccini della passata inaugurazione, si bissa la diretta tv: a partire dalle 17.45 la Prima andrà in onda su Rai1, con Milly Carlucci e Antonio Di Bella dal foyer prima dell’inizio e durante l’intervallo, per un totale di quasi tre ore di trasmissione.
S
Scenografia all’insegna della “rivoluzione francese” firmata da Margherita Palli. Costumi di Ursula Patzak e luci di Pasquale Mari, mentre Daniela Schiavone cura la coreografia.
T
come Teatro alla Scala. Il luogo dove è concentrata l’attenzione italiana. E non solo. Dentro per l’opera e fuori per le manifestazioni che sono consuete. Disposte speciali misure di sicurezza dalla Questura.
U
come unico. Perché, che piaccia o no, la Prima della Scala resta uno dei più interessanti della cultura mondiale, per il cast di voci eccezionale, per la direzione, per le scene e tutto il resto. Comprese le vetrine dei negozi del Quadrilatero della moda agghindate a tema e la Prima Diffusa con uno Chénier per le strade milanesi.
V
come Victor de Sabata, cui è dedicata la Prima di Chénier nel suo cinquantesimo dalla scomparsa. Era stato lui che nel 1951 anticipò la Prima al 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio. In teatro, la figlia Eliana.
Z
come Zero applausi, vietati in sala tra un quadro e un altro.