Napoli, quartieri spagnoli: killer identificato. Tra i vicoli è caccia all'uomo

Napoli, quartieri spagnoli: killer identificato. Tra i vicoli è caccia all'uomo
di Leandro Del Gaudio
Domenica 19 Novembre 2017, 13:30
4 Minuti di Lettura
Sanno chi è, hanno le idee chiare sul killer di piazzetta Trinità degli Spagnoli, lo stanno cercando. Quanto al movente, poco spazio alla fantasia: Gennaro Verrano è stato ucciso a freddo, come vendetta dopo una lite ingaggiata per la gestione di piccoli traffici criminali nella zona in cui abitava.

Ha incontrato sul suo cammino uno più veloce di lui, che non ha esitato a chiudere i conti sparando almeno cinque colpi. Gliel'aveva giurato il killer, secondo quanto raccolto da voci rigorosamente anonime sul territorio. Parole del tipo «mo vengo e ti uccido», condite da bestemmie, imprecazioni, avevano chiuso la lite tra due soggetti che parlavano la stessa lingua.

Fatto sta che ora ai Quartieri Spagnoli è caccia all'uomo. A uccidere il pregiudicato 38enne due giorni fa è stato un soggetto dedito a piccoli spacci di droga, attivo anche sul piano dell'usura, attività che fanno gola sempre e comunque, specie in una zona che ha fatto registrare in questi anni un evidente vuoto di potere camorristico.
Ore frenetiche, carabinieri in azione anche la notte scorsa, il killer non è tornato a casa, di fronte all'esigenza di cancellare tracce di polvere da sparo, di fronte a una probabile prova dello stube. Un'assenza che pesa, che alimenta sospetti, nel corso di una inchiesta condotta sul campo dai carabinieri del reparto operativo di Napoli.
Scenario complesso, segnato dalla scarsa collaborazione nei confronti delle forze dell'ordine, anche se gli elementi raccolti subito dopo l'omicidio sono stati a senso unico. In tanti, poche ore prima, avevano assistito al litigio tra Gennaro Verrano e il suo rivale, in tanti avevano ascoltati parole minacciose e c'era stato anche chi aveva provato a sedare la lite.

Pregiudicato con precedenti per rapina, Verrano era stato raggiunto da un mandato di cattura europeo per una rapina consumata in Belgio, ma era riuscito a tornare libero. Era stato scarcerato, dimostrando totale incapacità di stare a giudizio. Problemi di natura mentale, era stato giudicato inadatto a reggere il ruolo di imputato, ed era in attesa di una nuova valutazione da parte di una equipe medica.

Probabile che avesse deciso di abbandonare le rapine in trasferta, provando a diversificare le proprie attività. Lui, specialista rapinarolex, un vero incubo a giudicare dalla testimonianza delle vittime raccolte in questi anni, aveva provato a reggere un piccolo commercio di droga, in un territorio rimasto privo di boss di spessore.

Fatto sta che nella zona in cui abitava, lì nel cuore dei Quartieri Spagnoli, lo conoscevano in tanti. Era un personaggio noto anche per le forze dell'ordine, specie per quanto avvenuto due anni fa, con il battesimo del fuoco del figlio, a sua volta ritenuto responsabile di agguati, stese e finanche di un omicidio. Padre e figlio, un uomo ucciso al termine di una lite, un ragazzo che uccide da minorenne dopo aver avuto la peggio in un litigio con un uomo adulto. Un pendolo di sangue e vendetta, rabbia e castigo.

 


Una sorta di saga familiare segnata dalla violenza. È così che a maggio di due anni fa, Francesco Verrano, figlio di Gennaro e noto con il nomignolo di «checco lecco», decise di uccidere Mario Mazzanti, per punirlo di una lavata di testa ricevuta poche ore prima. Erano i mesi delle stese e dei raid organizzati dalle paranze dei bimbi, quelle di Forcella legate ai fratelli Sibillo, i giorni delle sventagliate di colpi di pistola contro balconi o portoni, in alcuni casi riprese - a mo' di trofeo - da cellulari di ultima generazione. Una stagione criminale nella quale il figlio del 38enne ucciso ha giocato un ruolo da protagonista: condannato a dieci anni per un duplice tentato omicidio (nel corso del quale venne ferito un cittadino estraneo alla camorra, colpito mentre buttava la spazzatura la sera), per poi essere rinviato a giudizio in attesa del verdetto di primo grado per l'omicidio Mazzanti.
Storie criminali, che ora fanno i conti con lo scenario attuale, quello che ruota attorno alla «piazzetta» a ridosso del teatro Augusteo, a pochi metri da via Toledo, parliamo di un crocevia strategico per il controllo di piccoli e grandi traffici malavitosi della zona. Uno spaccato di vicoli che cade sotto l'egida dei Saltalamacchia, una famiglia emersa con una certa evidenza negli anni del disfacimento del clan Mariano, in una realtà sempre e comunque priva di un vertice criminale.
È in questa polveriera che si muoveva Gennaro Verrano, provando ad assumere il controllo di droga e usura.
Ed è in questo scenario che si muovono gli inquirenti, puntando dritto alla cattura dell'assassino. Conoscono il suo nome, hanno ricostruito il movente, sono a caccia di prove in grado di reggere a giudizio. Non bastano notizie anonime a chiudere in cella un assassino, non bastano i racconti (rigorosamente impersonali) a far scattare un ordine di arresto, mentre il tam tam tra i vicoli è sempre più serrato: «Gliel'aveva giurato, gliel'aveva detto che l'avrebbe ammazzato...», ripetono da una bancarella all'altra, tra via Nardones e piazzetta Trinità agli Spagnoli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA