Pd contro Grasso: Renzi teme l'asse Mdp-M5S

Pd contro Grasso: Renzi teme l'asse Mdp-M5S
di Nino Bertoloni Meli
Sabato 11 Novembre 2017, 09:53 - Ultimo agg. 12 Novembre, 10:51
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Tra Grasso e Pd è scontro frontale. «Il presidente del Senato resti super partes invece di intervenire a gamba tesa nella contesa politica», gli rinfacciato gli esponenti di primo piano del Pd (Rosato, Delrio, Marcucci). Di quello stesso partito, in sostanza, che Pietro Grasso ha definito ormai «non esistere più», dal momento che «il vero Pd era solo quello di Bersani». Parole suonate offensive, di più, di vera e propria sfida, visto che quando Pierluigi Bersani assurse alla guida del Pd si disse che il partito aveva preso tutt'altra strada, aveva abbandonato l'impostazione originaria veltroniana (vocazione maggioritaria) per ridiventare la Ditta, una variante del Pds-Ds con appendice cattolica centrista. Ma tant'è.

Del resto, in fatto di divisioni il Pd è in buona compagnia perchè anche gli alleati di governo di Ap sono sull'orlo di scissione. Oggi, a Roma, c'è la conferenza programmatica del partito, il primo appuntamento dopo il tracollo in Sicilia. Tira aria di scissione, perchè l'ala lombarda non gradisce l'alleanza elettorale con il Pd. Il senatore Gabriele Albertini ha già fatto sapere che non ci sarà. «Il Rosatellum permette di andare in coalizione ma anche da soli con coraggio e schiena dritta», ha detto il coordinatore nazionale Maurizio Lupi.
 
Matteo Renzi ha evitato la polemica, «ringrazio il presidente Grasso, a polemica rispondo con un ringraziamento». Non è solo una questione di toni. Ai piani alti del Nazareno valutano che gli obiettivi di Grasso, tramite Mdp e tramite altri settori vicini a parti della magistratura, siano quelli di giocare un ruolo attivo nella prossima legislatura, un tramite con il M5S per costruire eventuali maggioranze, un soccorso rosso per garantire i numeri, in esclusiva funzione anti-Pd. E Grasso sarebbe lo snodo («È una personalità interessante, con lui si potrà intavolare un discorso», le confidenze di alcuni grillini dei giorni scorsi).

La fase pre-elettorale è ancora lunga, gli appelli all'unità continuano e non sono caduti del tutto. «Dobbiamo bloccare i populismi di Grillo e Salvini, gli avversari sono loro, fermiamoci, ragioniamo», dice Dario Franceschini, il primo a sollevare il problema preso atto della nuova legge elettorale. La quale legge non prevede né desistenze, né apparentamenti (del tipo, dove ti candidi tu Mdp non mi candido io Pd, e viceversa), ma solo possibilità di decidere insieme i candidati nei collegi, correndo poi ognuno liberamente nel proporzionale. Una sorta di accordo tecnico, non politico, volto soltanto a fronteggiare la destra. Si farà? Il Pd ci guadagnerebbe alcuni collegi in bilico, la lista di sinistra, a sua volta, avrebbe alcuni collegi per sé, mentre andando da soli non ne conquisterebbe.

In vista della direzione del Pd di lunedì, la minoranza interna di Orlando e Cuperlo ha preparato un documento molto centrato sulle questioni sociali: si dice chiaramente che ripristinare l'articolo 18 è «improponibile», ma per il resto si chiedono varie correzioni sui temi sociali, dal super ticket sanitario, al lavoro, all'occupazione. Una critica non proprio dirompente ai provvedimenti del governo Renzi, volta più al dialogo con gli ex compagni di Mdp che alla rottura. La ricaduta prossima ventura sarà sulla manovra in discussione al Senato, dove già si intravedono alcuni possibili spiragli: un emendamento sulla web tax a firma Mucchetti (che non è uscito dal Pd ma non è certo allineato all'attuale gestione), concordato anche con Boccia alla Camera, verrebbe avallato e sostenuto dal gruppo dem.

La direzione del Pd si annuncia distesa, pre-elettorale. Renzi ha sentito più o meno tutti: Franceschini in treno con lui, Orlando al telefono, i socialisti, i radicali, «sul centrosinistra largo, il più largo possibile, siamo tutti d'accordo», la sua sintesi. E per favorire la presenza di Gentiloni, appuntamento spostato dalle 18 alle 15.