Così scattò Bellavista: la «Napoli mia» di De Crescenzo è uno stato d'animo

Così scattò Bellavista: la «Napoli mia» di De Crescenzo è uno stato d'animo
di Luciano De Crescenzo
Martedì 31 Ottobre 2017, 10:28
5 Minuti di Lettura

Ebbene, per quel che ricordo, sin dall’infanzia ottobre è per me il mese dell’ordine. In parole povere, mentre la maggior parte delle persone scrive la lista dei buoni propositi a inizio anno, io da sempre lo faccio a ottobre. Abitudine che mi ha trasmesso mia madre, che conservava ogni cosa; solo che io, al posto dei lacci di varia misura, accumulo fotografie, articoli inediti e lettere. 
 

 

Negli ultimi anni, però, i miei buoni propositi si sono notevolmente ridotti, fino a quando lo scorso ottobre ho deciso di riprendere questa abitudine e riordinare tutto ciò che si era accumulato. Anzi, vi dirò di più, non contento ho addirittura pensato di dare una rinfrescata alle pareti dell’appartamento. 
Non l’avessi mai fatto!  Avete mai pensato di far ritinteggiare casa? Se state riflettendo sulla possibilità di farlo, sentite a me, desistete.  Lo so, capita a tutti quel momento in cui, alzando gli occhi al soffitto, viene da pensare: “Però, una passata di pittura non sarebbe male”. Ed è lì che dovete distrarvi. 

Prendete un libro e concentratevi nella lettura. Anzi, se è una bella giornata, il libro andate a leggerlo in un parco, all’aria aperta. Se proprio non avete voglia di uscire, accendete la tv e guardate un film. Insomma, fate qualsiasi cosa, ma distogliete lo sguardo da quella piccola macchia che sta minando la vostra tranquillità interiore perché, credete a me, ritinteggiare casa è un’idea pessima. 

Ora, le idee pessime non vengono mai da sole, e quando ho deciso di ritinteggiare casa mi sono detto: “Vabbè, a questo punto, una rinfrescata diamola anche alle pareti dell’ufficio”. Ovviamente, in quel momento non mi sono accorto che stavo per commettere l’errore. Ebbene, quando decidete di cedere a un’idea pessima, ricordate sempre di lasciarvi una via di fuga, un’oasi di pace lontana da stucco, teli di plastica impolverati e scatole accatastate dove avete racchiuso buona parte degli oggetti della vostra vita per preservarli da un qualsiasi tipo di danno. 

A essere onesto, l’opera di inscatolamento non è toccata a me. Del resto, dovrà esserci pure qualche lato positivo nell’essere anziano. A darmi una mano è stata mia figlia Paola, soprattutto quando è arrivato il momento di riaprire le scatole e rimettere al proprio posto ogni cosa. Risistemare casa non è stata un’operazione semplice. Il gene dell’accumulo di mia madre è riaffiorato. Souvenir provenienti da ogni parte del mondo, biglietti del cinema, locandine di spettacoli teatrali, fotografie, faldoni di articoli e racconti di cui non sono stato mai del tutto convinto, e che sono rimasti per lo più inediti. Per non parlare delle mie piccole collezioni: macchinine, scatole di latta, vecchio materiale da cancelleria. Insomma, tutte le piccole passioni della mia vita. 

«Ti rendi conto di quante cose hai accumulato?» ha esordito mia figlia. 
«Paoletta, gli anni passano, gli oggetti aumentano. È la vita.» 
«Papà, qui abbiamo due possibilità: o cataloghiamo gli oggetti chiusi da anni nei ripostigli, valutando se è possibile riutilizzarli, o regaliamo qualcosa. È l’unico modo per dare un senso a tutto questo caos! Conservare in questo modo non serve a nulla. Scommetto che non ricordavi nemmeno di averla, questa lampada.» 
«Bell’ ’e papà, e che ti devo dire… cataloghiamo, riutilizziamo e regaliamo.»
«Appunto! Diamo una sistemata, però insieme… c’è troppa roba, mi devi aiutare! Guarda questo tavolo, sembra un negozio di antiquariato! Anzi, assomiglia più alla bancarella di un saponaro. Questo orologio qui, ad esempio, dove lo mettiamo?»
«Dove è sempre stato.» 
«Sul tavolino accanto al divano?» 
«Esatto.» 
«E se lo mettessimo sulla mensola accanto al juke-box?»
«Ma non è mai stato su quella mensola.»
«Appunto, così cambiamo un po’.»
«E che ti devo dire, se ci tieni tanto, mettilo lì, ma io preferirei lasciarlo al suo posto. Ho capito che aggio passato ’nu guaio!»
«D’accordo, lo rimetto sul tavolino.»
Ebbene, questa tarantella è durata ore, fino a quando, tra le tante scatole, ne ho ritrovata una che avevo messo da parte un po’ di tempo fa, e in cui avevo conservato vecchie fotografie.
«Paola, vieni a vedere come sono belle queste foto! Ma chi l’ha fatte?»
«Ho capito, oggi hai deciso di prendermi in giro. Chi può averle fatte se non tu!»
«Ora che mi ci fai pensare, forse fanno parte di quella serie di foto su Napoli che ho scattato negli anni Sessanta.»
«Io ero ancora una bambina, e tu di tanto in tanto mi portavi con te in giro per i vicoli a fare foto. Ricordo ancora con stupore l’ospitalità degli abitanti dei bassi. Ogni occasione era buona per invitarci a entrare in casa. Ah, quanti caffè per te e quante caramelle per me! Bei ricordi…»
«Davvero?»
«Dài papà, smettila di fare lo ’nzallanuto! Non ricordi nemmeno che a fine giornata mi portavi in camera oscura per svilupparle? Eri capace di trascorrere ore sulla stampa di una foto. Una noia mortale!»
«Certo che lo ricordo. E chi potrebbe dimenticare le tue lagne! Dài, fermati un attimo, e vieni qui vicino a me. Lo vedi com’era bella la nostra città? Paolé, sient’ a me, ogni luogo del mondo avrebbe bisogno di un po’ di Napoli, perché Napoli non è una semplice città, ma uno stato d’animo!»
«Sono assolutamente d’accordo con te! Anzi, sai cosa ti dico, visto che ho capito che ti vuoi intalliare, senti a me: goditi le foto mentre io metto a posto questa montagna di “stati d’animo” che è sul tavolo, che se aspetto a te… facciamo notte!»

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