Onde gravitazionali, siamo figli delle stelle: scoperta la culla cosmica della materia

Onde gravitazionali, siamo figli delle stelle: scoperta la culla cosmica della materia
di Chiara Graziani
Martedì 17 Ottobre 2017, 16:23
4 Minuti di Lettura
Lovely Rita ha il cuore d'oro. La fusione di due stelle di neutroni era il secondo santo Graal dell'incredibile mondo della fisica, non appagato dalla storica scoperta del primo, nel 2015, le onde gravitazionali teorizzate da Einstein. Fusione di stelle danzanti prevista e mai vista. Crogiolo e laboratorio di formazione della materia, anello di congiunzione fra un Universo primordiale fatto solo di elio ed idrogeno e quello in cui viviamo, fatto di elementi pesanti la cui origine era un'ipotesi, intrigante ma senza riscontro.

Mancava l'anello di congiunzione fra quel paesaggio gassoso e inanimato ed il cosmo di elementi pesanti nel quale la vita ha attecchito, plasmata dalla forza di gravità come da un grande vasaio. Forza di gravità, si verifica oggi, che viaggia alla velocità della luce.

L'anello di congiunzione ora l'abbiamo: è stato annunciato ieri in contemporanea mondiale fra Washington, Roma, Pisa e Napoli. Lo stiamo studiando con i telescopi di mezzo pianeta. Molti segreti ha ancora in serbo. È Lovely Rita della quale il Mattino vi ha già parlato ad agosto. Nome d'affezione (che mai sarà ufficiale) di gw170817, la stellina kilonova da venti chilometri di diametro avvistata a luglio in contemporanea dagli interferometri Virgo (Italia) e Ligo (Stati Uniti) che l'hanno indicata ai telescopi, ha un cuore densissimo e letteralmente d'oro. Come da Washington ha spiegato la ricercatrice italiana Marica Branchesi, università di Urbino, è nata a 130 milioni di anni luce (o anni gravità-luce) dalla Terra, ed è il frutto della fusione di due stelle di neutroni verso la costellazione dell'Idra. Fra un milionesimo di secondo prima della fusione e qualche secondo dopo, hanno iniziato a formarsi i metalli pesanti della stellina. Oro e platino. Ma anche il più modesto piombo. Tutti rilevati dagli strumenti tradizionali indirizzati sull'obiettivo dagli interferometri e da un lampo di raggi gamma.

Un crogiolo, come quello dei miti alchemici. Non una miniera che è un luogo morto da sfruttare e svuotare. La stellina che starebbe comodamente nella baia di San Francisco ma che è densa duecento volte il Sole, è il laboratorio dell'oro del piombo, del platino che poi seminerà generosamente nell'Universo senza attendere alcun sfruttatore. Dave Reitze, della collaborazione Ligo-Virgo alza l'orologio da tasca d'oro del nonno e dice: «Questo orologio è frutto della nascita di una stella di neutroni, 200milioni di anni fa».

Gli americani sono maestri nei colpi ad effetto: la cipolla da tasca di Reitze Sr. che viene dalle profondità della gravità-luce a ciondolare davanti agli occhi dei giornalisti è degno del fresco premio Nobel Kip Thorne, che ha scritto il film Interstellar ed è stato premiato a Stoccolma (non per questo).

Ma gli italiani hanno una marcia in più descrittivamente. Giovanni La Rana, direttore dell'Istituto nazionale di fisica nucleare di Napoli, dove l'evento è stato annunciato ieri dal dipartimento di fisica con il professor Leonardo Merola e dall'Infn, lo dice con quattro parole che ripercorrono ere intere: «Siamo figli delle stelle». Perchè il mistero che la stella di neutroni, ultradensa e seminatrice sta iniziando a svelarci, è quello della natura della materia, della sua distribuzione, del formarsi di quegli elementi dai quali è scaturita la prima cellula che si è evoluta fino a noi che prevediamo le onde gravitazionali e poi le intercettiamo per tornare con loro indietro negli abissi dell'inizio. Figli delle stelle. Fatti della stessa materia, prima inerte, poi viva. L'orologio di Reitze, visto così, sembra un fuoco d'artificio davanti ad un'eruzione.

Ieri le conferenze stampa si rincorrevano fra Roma, al Miur, Washington, la sede di Virgo a Pisa e Napoli. La storia ha la testa dura, e quella di questa impresa - la scoperta delle onde gravitazionali e quella della culla cosmica dei metalli pesanti - rende giustizia a Napoli nel nome di molti dei presenti e degli evocati. Leopoldo Milano, che ha fondato il gruppo Virgo all'Infn di Napoli - attuale group leader Enrco Calloni della Federico II - ricorda quando andarono all'assalto dello scetticismo generale per strappare i fondi. «C'eravamo io, Adalberto Giazotto dell'Infn di Pisa (ndr per moltissimi, fra cui chi scrive, ingiustamente estromesso dal Nobel) il professor Fabrizio Barone, Luciano Di Fiore, oltre ai francesi Alain Brillet e Philippe Tourrence. Altri due napoletani Marco Napolitano, vice presidente dell'Infn e Paolo Strolin, presidente della seconda commissione Infn, si batterono per un progetto a cui nessuno credeva». La battuta migliore è di Di Fiore al quale si deve tanto nella stabilità degli specchi di Virgo che hanno consentito la rilevazione: «Neppure Einstein ci credeva. Ed è l'unica previsione che abbia sbagliato». Approva il professor Fausto Acernese, università di Salerno, associato all'Infn di Napoli.

Einstein aveva torto su qualcosa, per fortuna. Qualcosa che in realtà è una delle svolte più grandi di questa storia. La spiega Rosario De Rosa, in Virgo dal 2000, docente della Federico II: «La collaborazione di una comunità è stata la chiave di tutto. Nessuno, Stato o ricercatore, possiede risorse o tutte le conoscenze di frontiera necessarie. La scienza o si fa comunità e collaborazione o non è. E parlo anche di collaborazione interdisciplinare ad esempio con la biologia e la genetica. È la gravità, in fondo, che ha guidato l'evoluzione». Dalla materia delle stelle, a quella dell'uomo che le indaga.
© RIPRODUZIONE RISERVATA