Lucariello con i detenuti di Airola: «Canto la vita che ho scansato»

Lucariello con i detenuti di Airola: «Canto la vita che ho scansato»
di Luca Caiazzo*
Lunedì 16 Ottobre 2017, 12:26
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«Questo sono io che canto le storie degli altri, forse canto la vita che mi sono scansato». Così recita una strofa che ho scritto qualche anno fa. Mi chiamo Luca, Ho 40 anni, sono un rapper. Da sempre canto dell’Italia dal punto di vista della strada, forse per questo mi hanno commissionato la sigla della serie Gomorra.

La musica mi offre l’opportunità di avere un contatto privilegiato con i ragazzi, è questa una delle ragioni per cui è nato Le ali dei leali , un laboratorio sui mestieri della musica che ho realizzato tra giugno e settembre nell’istituto penitenziario per minorenni di Airola con e grazie alla onlus CO2 e a una donna instancabile e innamorata di Napoli, Giulia Minoli, con la quale ho iniziato a collaborare diversi anni fa con il progetto Veleno Fertile.

Laboratori sui “ mestieri " perché non è mai stata nostra intenzione realizzare un ennesimo talent per creare false aspettative. Ho cercato di raccontare ai ragazzi il valore di chi sta dietro le quinte, che dietro un artista c’è sempre un gruppo di professionisti che non si vedono, che non appaiono ma che hanno un ruolo fondamentale. Questi lavori danno anche la possibilità concreta di occupazione e di un rientro economico. Al primo incontro erano presenti circa 30 ragazzi, molti di loro sono lì per reati terribili e alcuni probabilmente passeranno metà della loro vita tra le sbarre. La prima fase è stata la scelta dei candidati. In un gruppo così ampio è difficile aprirsi ed esprimere le proprie riflessioni intime, la logica del branco fagocita qualsiasi apertura poetica etichettandola come debolezza. Ne ho scelti quattro e li ho scelti dallo sguardo, erano quelli che parlavano meno ma avevano evidentemente più cose da dire. Abbiamo lavorato intensamente in squadra e si è creato un rapporto di reciproca fiducia e lealtà. Siamo partiti con la formazione per tecnici del suono lavorando su mixer e cablaggi di impianti audio per poi passare alla scrittura del testo di una canzone. Gli autori della parte letteraria delle canzoni sono fondamentali, danno attraverso le parole un senso alla musica. I ragazzi si sono subito appassionati e hanno immediatamente appreso i trucchi del mestiere ricercando rime e frasi ad effetto, a guardarli sembravano un team già rodato da anni, e avendo molto tempo “libero” a disposizione mi hanno consegnato moltissimo materiale. La condizione di detenuti inoltre li porta a vedere il mondo da una prospettiva assolutamente inusuale.

Abbiamo parlato molto delle loro storie, della difficile condizione del carcere, dell’amore a distanza, del complicato rapporto con la figura paterna, dell’abbandono, della speranza. E’ nata Puortame là fore, che abbiamo interpretato io e Raiz sulla base della Beatmaker parigina Sarah Star-T-Uffo e un videoclip girato da Johnny Dama nell’istituto che potete trovare su YouTube.

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I detenuti sono autori del testo regolarmente iscritti alla SIAE (che è uno dei sostenitori del progetto madre Il Palcoscenico della Legalità, il quale a sua volta annovera tra i suoi partner la Fondazione Polis) e riceveranno i proventi del diritto d’autore. Ascoltatela bene, accoglietela senza pregiudizi. Salvatore ha già una figlia e una condanna di trent’anni, a volte, osservandolo, penso che se non avessi avuto la preziosa educazione dei miei genitori forse mi sarei trovato al suo posto. Mi chiedo come sia possibile che ragazzi così piccoli possano maneggiare armi come se fossero in un videogioco. Mi chiedo perché non intervenire quando sono ancora bambini nei contesti familiari e, soprattutto, perché rinchiuderli insieme in un carcere con pochissimi progetti di recupero e reinserimento. Le istituzioni penitenziarie sono sempre in affanno. Rinchiudere e abbandonare un adolescente è come rinchiudere ed abbandonare il nostro futuro.

*Interprete di Puortame là fore
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