Redford-Fonda, due leoni a Venezia: «Non è mai tardi per innamorarsi»

Redford-Fonda, due leoni a Venezia: «Non è mai tardi per innamorarsi»
di Titta Fiore
Sabato 2 Settembre 2017, 09:33 - Ultimo agg. 09:35
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Inviata a Venezia

Innamorarsi ancora una volta. «Volevo fare un altro film con Jane prima di mollare tutto, prima di morire». Innamorarsi come tante volte gli era capitato, sullo schermo. Robert Redford e Jane Fonda, che coppia formidabile. La faccia buona dell'America liberal, belli, bravi e biondi tutti e due, sempre dalla parte giusta della barricata, l'impegno politico prima, ai tempi di Hanoi Jane e del caso Watergate, le battaglie ecologiste poi. E in mezzo il cinema indipendente e il Sundance Festival, il fitness come filosofia di vita, la buona televisione e i film prodotti per lo streaming, come si fa oggi che la sala non attira più. Avere ottant'anni e non sentirli, Jane Fonda e Robert Redford, icone leggendarie della Hollywood degli anni d'oro, straordinari Leoni alla carriera protagonisti sempre, anche in una conferenza stampa affollatissima e adorante, anche lontano dalle luci dei riflettori. Alla Mostra portano il loro ultimo exploit di coppia cinematografica, «Our souls at night», «Le nostre anime di notte», dal bel romanzo di Kent Haruf (NN editore), la storia di un incontro fuori tempo massimo tra due vedovi, vicini di casa a lungo ignari uno dell'altra che a un certo momento decidono di dormire insieme, per farsi compagnia, per sentire una voce nelle stanze vuote del loro cuore. Poi l'amicizia diventa amore, perfino sesso, ma i conti con il passato non sono ancora chiusi.

«Il nostro è un film sulla speranza, ci dice che non è mai troppo tardi, se abbiamo il coraggio di prendere dei rischi e di avventurarci là dove per paura, per ignavia o chissà che, in gioventù non ci eravamo mai spinti», spiega Jane. «E poi Robert bacia ancora benissimo, come quando avevamo vent'anni. Ho fatto dei pensieri su di te, ai tempi, non posso negarlo». «E ti sembra questo il momento di dirlo, davanti a tutti?». Risate, applausi. I due mattatori se la godono, ironici e autoironici. «Hai sentito la domanda?». «Certo, non sono mica sorda». Affettuosi come una vecchia coppia, amorevoli, sanno cosa dare al pubblico, come conquistarlo, e non si risparmiano. «La storia del film è magnifica e rappresenta uno spunto di riflessione interessante per chi fa cinema. Tutti abbiamo bisogno d'amore, chi ha detto che queste cose sullo schermo funzionano solo se si è giovani?». Innamorarsi ancora una volta. L'ultimo desiderio del grande Fellini. Il desiderio di tutti.

Redford & Fonda hanno fatto insieme un tratto di strada importante, ma da amici fraterni, da complici. La passione che strappa i capelli tra loro non è mai scoppiata. Non era mai il momento giusto, né quando girarono «La caccia», nel 65 e sul set c'era quella mina vagante di Marlon Brando, né all'epoca di «A piedi nudi nel parco», e sì che nei panni degli sposini del Greenwich Village erano irresistibili, né più tardi, nel film di Pollack «Il cavaliere elettrico», forse perché lui aveva dei baffi per nulla donanti e lei altri pensieri più battaglieri per la testa. Però ancora se la ricorda, Jane, l'eccitazione delle segretarie della Paramount quando negli studi compariva Redford, biondo e kennedyano come un principe dell'American Dream. A proposito, che ne è di quell'America aperta e democratica, di quella Hollywood capace di unire l'etica all'estetica, l'impegno ai blockbuster? Redford: «Non voglio parlare di politica e di ideologie, oggi m'interessano solo i portatori di speranza, perché in giro ce n'è davvero troppo poca». Fonda: «Oggi dobbiamo preoccuparci di salvare il pianeta dai disastri ambientali, siamo responsabili verso le generazioni future». Sempre d'accordo, sempre all'unisono. «Ammiro profondamente Robert per quello che fa, con il Sundance ha cambiato il cinema americano ed è stato bello incontrarci di nuovo e innamorarmi di nuovo di lui sul set. Abbiamo cominciato insieme e finito insieme». «Tra noi», aggiunge Bob, «non c'è mai stato bisogno di troppe parole». È stato facile. E forse non per caso lui ha deciso che dopo «Our souls at night», che il 29 settembre passerà direttamente su Netflix, non reciterà più, per dedicarsi solo alla regia. «Sono impaziente per natura e non intendo sprecare ancora tempo tra una ripresa e l'altra. Ma sono felice di essere arrivato a questo punto accanto a Jane». 
 
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