Eduardo, spunta un manoscritto inedito o un falso?

Eduardo, spunta un manoscritto inedito o un falso?
di Luciano Giannini
Sabato 26 Agosto 2017, 10:55
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Siamo di fronte a un inedito di Eduardo De Filippo? Chi ha scoperto il copione, manoscritto, ma non nella sua calligrafia, non vuole crederci. E fa bene. «Stiamo verificando, attraverso studiosi, critici, archivi, Internet, ma finora non abbiamo riscontro del titolo, Dduie paciune!». A parlare è uno storico attore napoletano di tradizione, Giulio Adinolfi, che da oltre un anno sta ordinando e catalogando l'eredità di libri, copioni, lettere, biglietti, cartoline lasciate da Enzo Cannavale, aiutato dalla vedova Barbara e dai figli Alessandro, Andrea e Maria Gabriella. «Qualche mese fa racconta Adinolfi mi sono imbattuto in questo testo rilegato alla vecchia maniera. Il frontespizio reca: Dduie paciune!, commedia brillante in un atto di Eduardo De Filippo. Più sotto un'altra scritta: Proprietà di Giuseppe De Cesare, che era un attore abbastanza attivo all'epoca e anche capocomico con una propria compagnia». Di che anni stiamo parlando? «In piccolo, molto in piccolo, la prima pagina riporta una data, 24 marzo 193... l'ultima cifra non è molto leggibile, ma pare che sia 1». Il copione contiene 18 pagine. La trama è molto esile e farsesca.

Racconta Adinolfi: «Michele Tranquillo ha una moglie che si chiama Luisa e una figlia, Giulietta. Un bel giorno riceve il biglietto da visita di un giovane che sostiene di essere serio, onesto e bello e la chiede in moglie. Il suo nome è Giovannino Pace. Il cast è completato da un Cameriere, che è il tipico carattere comico degli sketch d'epoca. Ovviamente, sia Tranquillo sia Pace rinnegano in pieno i loro cognomi. Finiscono per litigare di continuo, finché le due donne trovano un espediente per calmarli. Ciascuna si mette dietro il proprio uomo e quando egli perde le staffe, esce allo scoperto e si mostra placando magicamente la sua ira. Come si vede, è un gioco comico, nello stile della Compagnia Teatro Umoristico I De Filippo».

«Sia il titolo sia la trama mi sono ignoti», commenta Paola Quarenghi, massima studiosa di Eduardo assieme a Nicola De Blasi, con cui ha curato l'edizione completa delle sue opere pubblicata nei Meridiani Mondadori. «Se la data del testo è effettivamente quella del 24 marzo 31, siamo qualche mese prima del debutto della Compagnia di Eduardo, Peppino e Titina, che risale al 25 dicembre di quell'anno con Natale in casa Cupiello. Dduie... paciune! potrebbe essere un esperimento preliminare; o potrebbe essere stato scritto per la compagnia Molinari, in cui Eduardo lavorava; ma senza studiare il testo, senza sapere se c'è o no un visto di censura, non si può essere precisi, ma fare solo delle supposizioni. Potrebbe anche trattarsi dello sketch scritto per una rivista».

Desta perplessità anche la calligrafia, che non è quella di Eduardo, ma allora, di frequente, ci si serviva dell'opera di copisti. «Certo, sembra strano che Eduardo, sempre molto geloso di quel che scriveva, abbia composto un atto unico senza registrarlo», nota Gianfelice Imparato, molto vicino a suo figlio Luca De Filippo, che ha anche sostituito in scena dopo la morte. Anch'egli, comunque, non ha mai sentito parlare di quel titolo. E se la farsa non l'avesse scritta Eduardo e qualcuno gliel'avesse attribuita? «E perché mai avrebbe dovuto farlo?», si chiede Alessandro, il figlio di Enzo Cannavale, che affianca Giulio Adinolfi nel certosino lavoro di ordinare la biblioteca del padre. «Poco alla volta, - continua - stiamo trasportando tutti gli oggetti, a cominciare dagli oltre diecimila volumi, in una nuova sede, al Parco Margherita, in quella che è diventata La libreria del cinema e del teatro, a disposizione degli appassionati e degli studiosi. Con il tempo vorremmo farne un museo vivo, ricco anche di copioni e sceneggiature di autori contemporanei, oltre che di macchine da presa e altri cimeli».

Resta il mistero di «Dduie... paciune!». Per saperne di più, Alessandro ieri ha anche pubblicato alcune foto del copione su Facebook, appellandosi a chi sapesse qualcosa, perché si faccia avanti.