Il cane che veglia le macerie del terremoto a Ischia

Il cane che veglia le macerie del terremoto a Ischia
di Antonio Pascale
Martedì 22 Agosto 2017, 23:55 - Ultimo agg. 23 Agosto, 13:35
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Quella che vedete è una foto che spero ricorderemo almeno per qualche tempo: un cane è accucciato accanto alle macerie. Siccome siamo portati a proiettare i nostri sentimenti sugli animali, è naturale pensare che il cane stia vegliando la casa, anche lui affranto per il terremoto e i crolli.

Che lo sia davvero o non lo sia per niente, non ha importanza, perché foto e momenti come questi sono moltiplicatori di empatia. Durante i drammi, se escludiamo quelli che fanno la parte dei razzisti, siamo davvero e profondamente sensibili, tutto ci emoziona: i racconti, i salvataggi, la notte che scende sulle case abbattute, il sole che sorge sulle macerie, i piccoli gesti che diventano significativi. Anche i soccorritori, talvolta, si lasciano andare alla commozione e noi con loro. Insomma, l’emozione è come un’onda delicata e gentile che avvolge ogni cosa, ci trasporta e ci scioglie. E muove molte cose, tanto è vero che le persone partono come volontari senza pensarci due volte, scavano senza provare stanchezza, donano il sangue se ce n’è bisogno. Sì, in drammi come questi mostriamo compassione e attenzione, siamo disposti a sacrificare qualcosa di noi per gli altri, assomigliamo, insomma, un po’ come quel cane, anche noi vicino alla macerie, affranti e sensibili. L’emozione è alla base dei nostri ragionamenti, senza l’emozione la ragione nemmeno si attiva, e dall’altra parte tendiamo a diffidare di quelli che ragionano senza mostrare alcuna emozione.


Quindi fra un po’ di tempo, quando l’attenzione sui fatti di Ischia fisiologicamente sarà scesa, il calore dell’emozione evaporato, potremmo utilizzare ancora questa foto per ricordarci di una cosa: è possibile salvarsi da un terremoto. Si può fare. Non è un’impresa ardua. Decenni e decenni di cultura ingegneristica ci hanno insegnato tante cose e siamo sempre più capaci di costruire case a prova di scossa. Sembra strano, ma è più difficile salvare una famiglia da sotto le macerie che impedire il crollo di una casa. L’importante è pensarci prima, quando, però, non circolano più i racconti di fatti tragici o di salvataggi che hanno del miracoloso e nessun cane si accuccia vicino le macerie, ecco, è allora, a freddo, che bisogna pensarci. A caldo siamo emozionati e talvolta polemici e indignati. Il rischio è credere di essere più sapienti e intelligenti degli altri.


Diventiamo tutti patologi, pronti a commentare il danno visibile sul campo.
E allora: la scossa è stata troppo lieve, non poteva fare tanti danni e quindi se sono crollate le case è perché costruite illegalmente, con materiali spesso scadenti e senza rispettare le norme di sicurezza previste dalla legge. Oppure, come suggeriscono i geologi la responsabilità è da attribuirsi alla conformazione del terreno dell’isola - in alcuni punti sarebbe in grado di amplificare gli effetti delle scosse. Magari o gli uni o gli altri, o tutti, hanno ragione, ma quello che è strano è che più ci indignano, più commentiamo, più facilmente dimentichiamo che c’eravamo emozionati e abbiamo giurato mai più drammi così. Allora, considerato anche l’amore per gli animali, spero che questa foto venga di tanto in tanto tirata fuori e non per ricominciare con lo sguardo patologico e i commenti indignati ma, al contrario, per inaugurare una nuova cultura della fisiologia: sì, perché noi tutti, abbiamo bisogno di emozionarci, ma non solo dopo a danno fatto, ma prima, quando c’è da costruire case a prova di terremoto. Speriamo dunque che questa foto sia il motore di un motto futuro: proprio perché quel giorno ci siamo emozionati, subito dopo abbiamo cercato di porre rimedio ai nostri errori, quelli naturali e specifici.

 
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