Incendi, la prevenzione zero e le lacrime del giorno dopo

Incendi, la prevenzione zero e le lacrime del giorno dopo
di Antonio Pascale
Sabato 19 Agosto 2017, 00:02 - Ultimo agg. 08:52
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Cosa sappiamo degli incendi che ancora oggi stanno bruciando boschi, parchi, fianchi di colline e sterpaglie? Forse conosciamo abbastanza fatti per poter riflettere e tirare le somme, ma prima meglio fornire qualche dato. Il primo è il più elementare, anzi purtroppo più che un dato derivante da analisi è una amara costatazione: dopo l’indignazione generale per i fatti del Vesuvio, le vesti stracciate, le promesse di prevenzione, gli incendi, a nemmeno un mese di distanza, sono già ripresi. Più in generale sappiamo che in data odierna gli incendi hanno distrutto una quantità di foresta pari a quella distrutta nell’intero 2016 (secondo i dati di Legambiente), e cioè 26 mila ettari. Si spera a questo punto nel clima, se il mese di agosto terminasse con le piogge o con maggior umidità, allora la quantità di terreno distrutto potrebbe essere meno elevata. Sappiamo, inoltre, che per fortuna siamo molto lontani dall’anno dei record, nel 2007 furono distrutti circa 100 mila.
 
 


Chi sono i responsabili? Sono da escludere le cause naturali (si contano sulle dita di una mano). Dunque gli incendi sono cose umane, troppo umane. I piromani, certo, sono i primi indagati. Non è ben chiaro quanti sono e perché spesso paiono concentrarsi più a Sud che a Nord. Vanno considerate le cause accidentali: scintille causate dai freni di un treno, una marmitta surriscaldata parcheggiata sull’erba secca, la ripulitura dei campi che sfugge dal controllo. Se avvengono in montagna, i principali sospettati sono i pastori: brucerebbero i boschi per il pascolo – in effetti è una millenaria tecnica agricola.

Si può pensare che qualcuno abbia interesse a lucrare sui terreni colpiti da incendio, e tuttavia va segnalata la legge 353 del 2000. Nella sostanza la legge quadro in materia di incendi impone limiti alle attività che si possono compiere su un terreno colpito da incendio e tuttavia va detto che dopo l’incendio spetta a comuni ed enti locali assicurarsi che i vincoli vengano rispettati. La legge vieta anche per cinque anni le attività di rimboschimento, per evitare di creare un incentivo: si brucia una foresta con lo scopo di piantarne un’altra.

Anche qui, Ministero dell’Ambiente e regioni, però, possono derogare a questa regola, tanto è vero che per quanto riguarda gli incendi sul Vesuvio questo giornale ha focalizzato l’attenzione su alcune categorie di lavoratori stagionali su cui potrebbero appuntarsi i sospetti: oggi accendono le fiamme, domani ripuliscono e bonificano e piantano nuove essenze. Poi a sentire le accuse delle procure ci sarebbero interessi delinquenziali e legati alla criminalità organizzata. Questo è quello che sappiamo e forse gli incendi hanno più cause ma ce n’è abbastanza per tirare le somme: dopo tanta retorica sullo zero (Km 0, 0 chimica, tolleranza 0, ecc...), non si capisce perché gli incendi non rientrano nel programma zero. È necessario anno dopo anno ridurre notevolmente la superficie distrutta da incendi. Perché sembra strano che di fronte alle stesse lamentele, agli stessi articoli, davanti agli scenari che di volta in volta le procure delineano dobbiamo, anno dopo anno, occuparci ancora degli incendi e con le stesse preoccupazioni e le blande soluzioni.

Le domande restano: si può porre rimedio alla carenza cronica dei mezzi di soccorso? Sette regioni- ed è bene elencarle, Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Puglia, Sicilia e Umbria, non dispongono né di aerei né di elicotteri per combattere gli incendi. Altre regioni affittano i mezzi, e inoltre, cosa seria, la Protezione Civile che, sì gestisce una flotta aerea di Canadair ed elicotteri di discrete dimensioni, si trova in difficoltà a far fronte alle tantissime richieste di intervento aereo (430 e passa pervenute dal 15 giugno ad oggi). Le foreste, i boschi, anche i rovi e le sterpaglie sono in aumento in Italia. Si coltiva meno terra e con più produzione, tutto questo è un bene, e tuttavia le suddette aree vanno gestite con una ordinaria manutenzione, altrimenti non diventano un serbatoio di biodiversità che allieta i cuori di tutti, ma terreno fertile per la distruzione, e il fumo - si sa - annerisce il cuore di tutti.

 
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