Il re degli enologi Riccardo Cotarella
Ecco la prima vendemmia africana

Il re degli enologi Riccardo Cotarella Ecco la prima vendemmia africana
di Luciano Pignataro
Giovedì 17 Agosto 2017, 17:32
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Riccardo Cotarella è sempre misurato nelle dichiarazioni, ma stavolta si sbilancia: «A mia memoria è la vendemmia più estrema che ci è mai capitato di fare in Italia. Non era mai accaduto che temperature così alte si associassero a un periodo di siccità così lunga». Dunque nessuna previsione su come sarà l0 l'annata, è davvero presto per avere un quadro complessivo perché dipenderà da zona a zona. Ovviamente in questi frangenti sono favorite quele tradizionalmente più fredde, per esempio in Campania l'Irpinia o la viticoltura dell'arco alpino dal Friuli alla Val d'Aosta passando per Alto Adige e Lombardia. E molto dipende anche dai suoli nei quali sono piantate le viti: quelli argillosi aiutano in caso di siccità.
Il presidente nazionale di Assoenologi dunque è cauto: «Lì dove è consentito irrigare la frutta promette bene, ovviamente i tempi di raccolta sono anticipati. Ma il bilancio vero preferiamo farlo un po' più in là. Aspettiamo a vedere almeno come si rompe l'estate».
Il riferimento è ai temporali che colpiscono regioni a rischio: «Per esempio la settimana scorsa una tromba d'aria e la grandine hanno colpito in Franciacorta proprio mentre sono in corso le operazioni della raccolta delle uve, coinvolgendo un'area fra i 30 e i 50 ettari nei comuni di Rovato, Provaglio e Iseo e sempre a Rovato sono stati sventrati tremila metri quadrati di serre.
A causa dei picchi di caldo torrido, quest'anno la maturazione delle uve e di conseguenza la vendemmia, sono comunque anticipate. Nelle isole la raccolta si è avviata da fine luglio, mentre in molte altre regioni sta iniziando proprio nella prima decade di agosto. Lo sottolinea il Centro studi di Confagricoltura che, in collaborazione con le strutture territoriali dell'organizzazione, sta realizzando un primo monitoraggio sui risultati produttivi e sullo stato di maturazione delle uve nelle diverse regioni italiane. Al momento, Confagricoltura prevede un calo medio delle rese che oscilla tra il 15 e il 20% della produzione, dovuto alle forti escursioni termiche e alle gelate tardive della scorsa primavera che avevano resi necessari i caratteristici falò nei vigneti, per passare poi al notevole e prolungato aumento delle temperature.
Uan cosa comunque è certa, il settore vino vola. Con l'inizio della vendemmia, l'Italia festeggia il record storico delle esportazioni che fanno registrare un aumento del 4,7% rispetto allo scorso anno, quando avevano raggiunto su base annuale i 5,6 miliardi di euro, la prima voce dell'export agroalimentare nazionale. È quanto emerge da un'analisi della Coldiretti su dati Istat relativi al primo quadrimestre 2017. Si tratta di un'ottima premessa alla vendemmia 2017 che interessa 650mila ettari di vigne, dei quali ben 480mila Docg, Doc e Igt e oltre 200mila aziende vitivinicole. In Italia, se non ci saranno sconvolgimenti, si prevede che la produzione made in Italy sarà destinata per oltre il 40% - precisa la Coldiretti - ai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), il 30% ai 118 vini a indicazione geografica tipica.
Comunque gli esperti stanno ragionando sul clima: a partire dalla 2000, si sono seguite stagioni sempre più calde (2003, 2007, 2010, 2011) che impongono riflessioni. Per esempio molti pensando al ritorno della pergola perché negli anni 90 si è riconvertito il vigneto Italia sul modello francese, cioé di zone meno luminose e più fredde. Per fare un paragone, al Sud ci sono le persiane per proteggersi dal troppo sole mentre al Nord quasi non si usano perché c'è bisogno di luce. Così è per le piante. A WineNews le riflessioni del professore Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura ed enologia al mondo e docente all'Università di Milano, che immagina un futuro ben diverso dal presente cui siamo abituati, e parlare di rivoluzione, in questo senso, è tutt'altro che azzardato: «È molto difficile dare una visione unitaria ad un fenomeno molto più articolato e complesso di quello che può apparire. L'Italia è un paese lungo, che attraversa molti gradi di latitudine e con delle condizioni climatiche molto diverse, per cui non è possibile generalizzare. Si continuano a fare dei paragoni, con l'annata 2003 o con la 2013, ma anche se in quelle due annate le temperature erano state molto elevate durante l'estate, le condizioni primaverili furono molto diverse, le piante ebbero a disposizione molta più acqua, svilupparono chiome molto più ampie, e si trovarono a dover contrastare la siccità ed il caldo con una superficie fogliare molto più ampia, molto più difficile da proteggere. Quest'anno in effetti la vegetazione è partita in modo più lento, le piante non si sono sviluppate in modo così vistoso, ed i sintomi della siccità non sono così eclatanti come furono invece nel 2013 o nello stesso 2003. Le piante si sono in un certo senso acclimatate al caldo, e adesso sicuramente soffrono» Secondo Scienza «Quello che è da considerare è il modo nel quale noi, nei prossimi anni, dovremo far fronte a questi fenomeni climatici, che non saranno più, probabilmente, degli eventi straordinari, ma delle costanti abbastanza ripetibili, e allora bisogna che utilizziamo gli strumenti che hanno utilizzato i nostri predecessori, qualche secolo fa, quando non avevano altri mezzi per reagire alle condizioni climatiche, non avevano l'irrigazione, né le conoscenze su come affrontare lo stress idrico, e allora utilizzavano la genetica, la selezione».
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