Il racconto dei migranti «schiavi» nei Centri di accoglienza: «Sfruttati per 1,80 all'ora. Calci a chi si fermava per riposare»

Un momento della conferenza stampa tenutasi a Cosenza
Un momento della conferenza stampa tenutasi a Cosenza
di Serafina Morelli
Venerdì 5 Maggio 2017, 17:25 - Ultimo agg. 18:19
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COSENZA - «Luciano (Morrone ndr) trattava male mediante minacce e a volte percosse (tirando calci) chi tra i miei compagni magari si fermava un attimo per riposare, considerata la durezza del lavoro e il lungo orario continuativo». Un nigeriano sbarcato a Reggio Calabria e trasferito nel Centro di accoglienza “Villa Letizia” a Camigliatello Silano, in provincia di Cosenza, ha avuto il coraggio di denunciare ai carabinieri tutto quello che accadeva dentro e fuori il Cas. Da qui sono partite le indagini della Procura di Cosenza che hanno portato all’esecuzione di 14 misure cautelari (due le persone finite in carcere, quattro agli arresti domiciliari e otto sottoposte a obbligo di dimora).

I Centri di accoglienza erano stati trasformati in agenzie di caporalato. Il presidente e due responsabili della gestione del Cas “Santa Lucia” di Spezzano Piccolo, intascavano dallo Stato i 35 euro a persona come rimborso per le spese di mantenimento dei migranti, ma in realtà avevano il compito di «cedere» i migranti alle aziende agricole che li sfruttavano per la raccolta di patate, zucchine, fragole o come pastori per badare agli animali da pascolo. Lavoravano per undici ore al giorno per una paga di 15-20 euro: una retribuzione oraria pari a 0,90/1,81 euro, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori. In alcune intercettazioni «emerge quasi una tratta degli schiavi». Chi aveva il contatto diretto della manodopera, Vittorio Imbrogno, indicava quelli più validi da “selezionare” a un agricoltore della zona: «Quando sei là mi devi chiamare, te lo dico io chi ti devi prendere, perché altrimenti salgono in macchina e poi ti prendi persone che non valgono, ti dico io chi deve salire in macchina».

IL RACCONTO - «Il 29 settembre 2016, alle ore 6.00, io e altri cinque miei amici - denuncia il migrante - ospitati insieme a me a Villa Letizia, ci siamo portati in piazza a Camigliatello dove Vittorio con la sua Fiat di colore nero e Luciano con il suo fuoristrada Land Rover chiaro, ci hanno fatto salire a bordo e ci hanno accompagnati in un campo per la raccolta di patate. Abbiamo lavorato fino alle 17 del pomeriggio, quindi Luciano ha pagato tutti 20 euro. Quando è arrivato il mio turno mi ha pagato con 10 euro. Ho chiesto spiegazioni ma lui prima mi ha dato uno schiaffo e poi mi ha spinto dicendo che sono un vagabondo e di andare a fanculo». Non riusciva più a sopportare la situazione in cui si trovava: così E.Y ha deciso di raccontare tutto quello che accadeva. Spesso gli veniva «intimato di lavorare “velocemente”, pena la perdita di ulteriori opportunità lavorative». Anche altri richiedenti asilo - ragazzi nigeriani, somali, senegalesi, scappati da guerre e carestia - hanno confermato l’esistenza di un “sistema” consolidato attuato dagli indagati per reclutare e sfruttare il lavoro dei migranti ospitati nelle strutture di accoglienza. «Quando pioveva andavamo più tardi a lavorare e finivamo prima, ma la paga in quel caso era di dieci euro. Il denaro ricevuto per il lavoro prestato è il solo che ho recepito in questi mesi - racconta il migrante I.P. che insieme ad altri amici lavorava e viveva all’interno di un’azienda agricola di San Giovanni in Fiore -. Durante la permanenza nella fattoria ricordo che ci venivano portati degli alimenti e noi li cucinavamo. Quando è arrivato l’inverno abbiamo sofferto il freddo perché i riscaldamenti non funzionavano». C’era chi si occupava della raccolta delle fragole, chi del taglio della legna, della mungitura degli animali e della pulizia delle stalle, ma «a volte i soldi non ci venivano dati, perché ci veniva detto che nell’arco della giornata non lavoravamo bene, quindi per riparare alle nostre mancanze ci costringevano a lavorare giornate intere senza percepire denaro». Ma «nessuno dei miei amici ha denunciato perché tutti noi necessitiamo di guadagnare qualcosa», nonostante le pessime condizioni di vita: «dormivano in una piccola casa all’interno della fattoria tutti insieme – racconta un ragazzo – non abbiamo ricevuto prodotti per l’igiene, le lenzuola non sono mai state cambiate».

L’INCHIESTA - «Questa è la prima indagine che applica la nuova legge sul caporalato», ha detto il procuratore di Cosenza, Mario Spagnuolo, nel corso della conferenza stampa relativa all'operazione “Accoglienza”. «Funzionava così - ha detto il magistrato - una telefonata, mi servono tre persone per domani e il caporale le metteva sul camioncino e gliele portava. Le persone erano migranti che andavano a lavorare, sfruttati, dormendo e mangiando in condizioni disagiate - ha aggiunto il procuratore - e il responsabile del centro i 35 euro che prendeva per ognuno se li metteva tutti in tasca. Il dato è che c’è un sistema di controlli che consente a chi gestisce questi centri di accoglienza di fare ciò che vogliono mentre viene messa sotto i piedi la dignità delle persone, l’uguaglianza e il principio di solidarietà». È stato anche un ex collaboratore del Cas “Santa Lucia” a raccontare lo sfruttamento dei migranti: «lamentavano di non ricevere il pocket money e di trovarsi in in precarie condizioni igienico/alloggiative (non gli viene dato abbigliamento, sapone per igiene personale e domestica, non vi è la presenza del mediatore culturale e non vengono assistiti sanitariamente). Mi riferiscono inoltre che vorrebbero riferire quanto accade loro a voi Carabinieri ma che i responsabili della struttura esercitano pressioni per impedirgli di farlo».
Oltre al reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, gli indagati dovranno rispondere di abuso di ufficio e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Le indagini hanno portato alla luce anche come avveniva, grazie all’ausilio del consulente informatico, la manipolazione dei dati attestanti il numero dei migranti all’interno dei Cas, al fine di ottenere gli indebiti rimborsi da parte della Prefettura di Cosenza.

IL MINISTRO - «Per la prima volta è stato contestato ai responsabili il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro». È quanto ha sottolineato in una nota il ministro dell'Interno Marco Minniti. «È nostro interesse garantire la massima trasparenza nella gestione dei centri per i migranti e per questo ho disposto l'insediamento al Viminale - ha aggiunto il ministro - di un Osservatorio permanente per il monitoraggio delle strutture di accoglienza su tutto il territorio nazionale che, avvalendosi di personale altamente specializzato e formato per lo specifico obiettivo, riferirà al ministro dell'Interno degli esiti e delle verifiche effettuate. Pertanto, già nei prossimi giorni - ha annunciato Minniti -, partirà un piano di ispezioni presso tutte le strutture che prevede un programma di 2.130 controlli ai centri di accoglienza, compresi quelli attivati in via d'urgenza».
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