Edoardo Bennato: «Porto il mio rock al San Carlo»

Edoardo Bennato al San Carlo
Edoardo Bennato al San Carlo
di Federico Vacalebre
Venerdì 22 Aprile 2016, 12:53
3 Minuti di Lettura
Certo, lui è un rocker, ma nulla di strano che l’Unicef lo abbia scelto per festeggiare stasera, al San Carlo e con l’orchestra del San Carlo, i suoi primi settant’anni. Perché Edoardo Bennato è rocker sì, ma rossiniano oltre che flegreo, abituato sin dagli esordi al languido richiamo degli archi, come sa bene la sovrintendente Rosanna Purchia, che ha scelto lui per l’occasione: «Pronti a salpare con Unicef per i bambini del mondo», dice il titolo della serata di beneficenza, che tiene insieme l’ultimo album del cantautore, appena premiato da Amnesty International, con la festa in programma. Naturalmente è già sold out, probabile diretta streaming sulla radio-tv web del cantautore: http://www.cheyenneradiosound.it/trasmissioni/.
Allora, Edo, pronto?
«Sempre pronto: a salpare, a rockare, a rendere omaggio alla melodia italiana per eccellenza, ad usare l’ironia per dire cose che ritengo serie. Il rock è angloamericano per passaporto e lingua, ma, come mi ricordava Pavarotti ogni volta che ci vedevamo, Verdi e Puccini ci accompagnano nel mondo come una bandiera, la migliore bandiera possibile».
I violini suonavano già nel tuo primo album, «Non farti cadere le braccia», correva l’anno 1973.
«Ero tornato da Londra conquistato dagli arrangiamenti orchestrali che Paul Buckmaster, diplomato a San Pietro a Majella perché aveva una zia napoletana, aveva firmato per un bell’album di Elton John, “Madman across the water”. Così chiesi a Roberto De Simone, un genio, di ispirarsi a quegli archi usati in maniera ritmica per pezzi come “Rinnegato” e “Detto tra noi”. Poi ci ho preso gusto, scrivendo pezzi decisamente rossiniani come “In fila per tre”, “Dotti medici e sapienti”, “Tutti in fila lo denunciamo” e così via sino all’ultimo disco con “Non è bello ciò che è bello” e “La calunnia è un venticello”. Ho suonato con il Solis Quartet, con il Quartetto Flegreo, con orchestre, senza mai mettere da parte le chitarre elettriche, cercando di tenere insieme due facce, due suoni, due culture. Una importata, scoperta nel jukebox. L’altra ereditata, parte del mio e nostro dna».
Amnesty International ha appena premiato «Pronti a salpare».
«Ne sono orgoglioso, ma non bastano i riconoscimenti e le medaglie per ripulire le coscienze di un Occidente, che io chiamo “la famiglia umana adulta”, che vorrebbe scrollarsi di dosso il resto del mondo, “la famiglia umana bambina”. Non servono muri e razzismo, come non serve il buonismo, ma una coscienza critica, una solidarietà intelligente che spinga Lagos e Tunisi ad avvicinarsi sempre più a Helsinki e Seattle, in termini di sviluppo e maturità: se avvenisse il contrario, se la situazione si imbarbarisse come sembra possa succedere, sarebbe tragico».
Renzi scommette su Bagnoli. Ottimista o pessimista?
«Realista: sono nato a Bagnoli ed abito a Bagnoli, mio padre ci ha lavorato per oltre quarant’anni, io e i miei fratelli siamo cresciuti grazie all’Italsider. Sappiamo quante speranze e sogni sono bruciati negli altoforni, quante bugie ci hanno detto, quanti imbrogli sono serviti per tenere in piedi un’industria che non serviva più, invece di scommettere subito sulla riconversione in chiave turistica di un’area bellissima. Dalla terrazza di casa mia si vede la colmata: ne parliamo il giorno che davvero andrà via. Di annunci di premier, in buona e cattiva fede, ne abbiamo sentiti tanti: aspettiamo i fatti».
Intanto il tuo «Peter Pan» da musical ha festeggiato i suoi primi dieci anni.
«Torniamo al problema della lingua: con Jono Manson, un cantautore americano che tra l’altro è cugino dei fratelli Coen, lo stiamo traducendo in inglese. Si intitolerà “Rockin’ with Peter”, chissà se davvero riusciremo a portare in scena a Broadway il musical rock di un menestrello napoletano».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA