'Ndrangheta in Emilia, il procuratore: «È più di un'infiltrazione. È qualcosa che fa paura»

Bolognino Michele con Abdelgawad Ibrahim Ahmed all'interno ristorante "Ariete" a Parma
Bolognino Michele con Abdelgawad Ibrahim Ahmed all'interno ristorante "Ariete" a Parma
di Stefania Piras
Giovedì 16 Luglio 2015, 12:57 - Ultimo agg. 16:46
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Le mani della ‘ndrangheta affondano in Emilia. E non è un’infiltrazione, è un radicamento che fa paura. Lo ribadisce in tutte le salse il procuratore di Bologna Roberto Alfonso che stamattina ha illustrato la seconda parte dell’inchiesta Aemilia.



«Quando due, parlando fra di loro, uno dice all'altro "a Reggio Emilia sono circa 7mila e 3 o 4 mila sono a Parma", io ho ragione di preoccuparmi», così in conferenza stampa Alfonso, citando un'intercettazione in cui due soggetti parlano di persone "disponibili".



Inoltre questa seconda tranche svela come il sistema affaristico fosse rodato nonostante gli arresti dello scorso gennaio. «Abbiamo appurato che fino a qualche giorno fa l'attività continuava. Dal carcere continuavano a gestire affari dando disposizioni all'esterno, facendo sì che l'attività economica delle aziende continuasse in modo fruttuoso. C'era l'esigenza di interrompere anche in questo modo l'attività delittuosa che continuava nonostante le misure cautelari di gennaio» ha riferito Alfonso.



Gli investimenti della ‘ndrangheta però non si limitavano alle discoteche o alle imprese edili tra Parma e Reggio, ci sono anche ambizioni commerciali in altri continenti, come in Africa, e precisamente in Costa d'Avorio. «Un filone particolare dell'indagine che riguarda esclusivamente gli aspetti economici» lo ha definito il procuratore capo.



L’operazione è ancora in corso: tra le perquisizioni dei carabinieri anche tre avvocati non indagati, che hanno seguito gli affari di alcune delle persone indagate dalla Procura di Bologna. Le perquisizioni si sono svolte a Parma, presente il Pm Marco Mescolini, a Reggio Emilia (Pm Beatrice Ronchi) e a Roma, dov'era presente un magistrato della Procura locale.



«Sto per lasciare l'ufficio e faccio il massimo fino all'ultimo giorno. Siamo riusciti a dare un segnale importante. Abbiamo aperto la strada e tracciato un percorso. Spero venga proseguito sempre anche quando non ci sarò». Ha concluso così Alfonso che a breve andrà a Milano a presiedere la Procura generale. «Abbiamo tanti filoni ancora non completamente sviluppati e esauriti - ha aggiunto - Completata la prima parte più importante, l'ufficio si occupa dell'approfondimento di tanti altri filoni». Nei prossimi «mesi assisteremo alla loro definizione con richieste e adozioni di misure cautelari a questo tipo di attività - ha detto - Per molti anni si potrà approfondire il materiale investigativo che abbiamo e trovare ulteriori riscontri all'impianto complessivo che siamo riusciti a dare».



Il primo punto sulla situazione delle infiltrazioni mafiose in Emilia-Romagna, ha poi spiegato, lo «abbiamo fatto con la prima ordinanza del processo Aemilia. Quella di oggi è la riprova di quello che avevamo detto allora. Si tratta di aziende importanti in molti settori nevralgici dell'attività economica, altroché infiltrazione, era piu' di un'infiltrazione...».